La vivacità d'una «città morta»

La vivacità d'una «città morta» LETTERE AL GIORNALE: IL LUNEDI' DI 0.d.B. La vivacità d'una «città morta» Autobiografia di Torino Da quando, tempo fa, ho pubblicato la lettera di un visitatore proveniente da Venturina che si dichiarava deluso da Torino, mi sono arrivate varie lettere in proposito. Non mi permetto di commentarle né, tanto meno, di pronunciare giudizi, non essendo torinese, ma ritengo utile pubblicarle come espressioni della città, rispettando le date d'arrivo. [o.d.b.] Chi può fugge Torino città morta? Così su La Stam[>a del 5 marzo in questa rubrica. Un tempo Torino era caratterizzata per lo spirito d'iniziativa e la vivacità della sua gente: tant'è che fu artefice del Risorgimento e la prima Capitale d'Italia. E in essa nacquero tutti gli Enti (Enel, Stet, Rai Tv, Snia Viscosa, Fiat, Corpi ministeriali e militari ecc.) che fecero grande il Paese. Ma oggi Torino appare in continuo declino, le stesse Amministrazioni che hanno guidato la città dal 1970 sono state deboli di fronte all'arroganza delle Autorità centrali e impari al compito loro assegnato, oltre che rinunciatarie. Basti pensare al «nuovo» piano regolatore in gestazione dal 1984 e sempre sottoposto a nuovi controlli e al metrò fantasma! Torino come si presenta oggi è una città inerte e dall'oscuro avvenire anche per il crescente isolamento geografico: strade insufficienti, ferrovie scalcinate da Terzo Mondo, linee aeree senza inserimento diretto alla rete intercontinentale anche per l'ignobile opposizione quarantennale dell'Alitalia, e cosi via. A proposito, che fine ha fatto il collegamento aereo Torino-New York previsto dalla Twa e autorizzato dal ministero dei Trasporti? Non per niente chi può fugge da Torino. E la giunta attuale, composta da professori verbosi, nemici dell'auto, pare più dedicata a creare ostacoli che ad aiutare chi abbia qualche iniziativa: e per il turismo in arrivo regna il menefreghismo più integrale. C'è da chiedersi: quo vadis, Torino? Adalberto Leganis, Torino / / marzo Se non dai la mancia Alcuni torinesi al sabato si recavano a Porta Palazzo, dove potevano incontrare amici e talvolta acquistavano qualcosa di usato. Si provi a farlo ora. Appena s'imbocca via Borgo Dora per il Balun vieni accolto da una marea di gente internazionale. Così ti trovi davanti i mori vestiti con i loro barracani variopinti che t'invitano a comprare le loro cianfrusaglie e le loro donne che pure vogliono vendere. Poi incroci altre persone, tra cui molti cinesi e ancora altri negri. Prima del fiume Dora stazionano gli zingari con i loro figli e la loro mercanzia. Oltre la vendita accattonano l'elemosina. Dopo il ponte senti parlare francese e slavo. Siamo giunti al reparto utensileria leggera da officina. Personalmente, ho visto vendere pochino, da far pensare a una copertura, e credo che qui partita Iva, licenze o scontrini fiscali siano sconosciuti. Più avanti, verso la ferrovia Ciriè-Lanzo, c'è un giardino recintato. Qui sosta la gioventù! Tipi strani con scarponi, rapati in testa o pettinati alla maniera dei pellirosse, a cresta, e taluni con capelli color verde. Chiediamoci come si presentino a un eventuale datore di lavoro, così conciati, oppure, se saranno accettati, come si esporranno al pubblico. Naturalmente, qui qualche spintone lo prendi, forse qualche portafoglio vola e così qualche spintone bisogna pur ricambiarlo. Su tutto aleggia un tanfo, un odore denso di fumo dolciastro, tanta sporcizia, il rumore dei tam tam sui tamburi dei negri e il richiamo per venderti aromi illeciti, di cui non esiste scadenza. Naturalmente, il giorno che ci sono andato, totale l'assenza delle Forze dell'Ordine, ma sarebbe anche stato impossibile eseguire un controllo tra quella folta vociante che ho stimato in 20.000 persone circa. Una moltitudine che ha i suoi bisogni oltre a mangiare, dormire, vivere. Concludendo: se non dai la mancia ai lavavetri, ti rigano la macchina con un chiodo, per non dir di peggio. Se non dai la buonamano al parcheggio è meglio essere in due e che uno stia sulla vettura. Poi a Porta Nuova lato Sud è proibito avventurarsi, a Porta Palazzo è meglio soprassedere e, se va avanti così, la caterva ti caccerà rivoluzionando il sistema, tanto nessuno interviene. I benpensanti potrebbero scatenarsi, gridando al «razzismo». Anziché pontificare o stare alla finestra, inviterei a leggere qualche pagina di geografia economica, elementare. Cioè dove si nota che da Marocco a Tunisia e in altre parti sono più ricchi di noi come materie prime (minerali, uranio, allevamento, agricoltura, fosfati, foreste e petrolio). Anche la Nigeria, maggiore esportatrice di quelle buone figlie sfruttate che a Torino chiamano «Pellerine», produce cacao, prodotti agricoli e minerali ed estrae 86.538.000 tonnellate di petrolio. Però noi italiani siamo grandiosi e grazie a chi riceve gli extracomunitari, facciamo «chiaro» a tutti, finché a emigrare non saremo di nuovo noi. Pertanto, a casa! Carlo Amerio, Torino I" moggio La solita solfa Mi permetta di riaffermare che « repetita juvant». Più volte le ho scritto che il campanilismo esasperato (quasi ai limiti del più becero razzismo) si nasconde ovunque. Mi riferisco alla lettera della signora Bellusti che, tra l'altro, le rinfaccia che lei non avrebbe numeri sufficienti per parlare di Torino. Afferma anche che Torino è una gran bella città, e ciò è verissimo, con i suoi numerosi e larghi corsi, con la sua Mole, il suo fiume, i suoi Musei che potrebbero darle il diritto di stabilire un parallelismo con Parigi. Ma poi la signora non sa resistere, purtroppo, dal cadere nella solita solfa: «Di torinesi? ma ve ne saranno sì e no non più di 200.000». Scontato che il degrado di cui soffre la città è cagionato dalla gran massa di immigrati, quelli italiani compresi. Mi dica, signor Del Buono: affermando che a fi onte di una mi¬ noranza di eletti non superanti i 200.000 debbono annoverarsi circa 800.000 elementi impuri, si superano o no i limiti tra campanilismo e razzismo? lo, al posto della signora Bellusti, mi vergognerei a scrivere così e a demonizzare, Indiscriminatamente, la maggioranza degli «impuri»: «Oh, la Torino di 100 anni fa! come vi si viveva bene!». Se è per questo si potrebbero rimpiangere i borghi medioevali che certo non erano carichi dei problemi di una metropoli d'oggi. Torino ha tanti pregi e sarebbe una città ancor più bella e vivibile se non fossero troppi a ragionare come questa signora. Grazie per l'attenzione. Pippo Portoghese, Torino I" maggio L'autobiografia di Torino continuerà appena possibile. Questioni di spazio e di lunghezza delle lettere. Ne ho qui ad esempio una in data 8 maggio di Lorenzo Valle, «torinese Doc», che consta di quattro pagine fittissime di carta a protocollo e supera ogni limite. La dovrei pubblicare a puntate' (o.d.b.1

Persone citate: Adalberto Leganis, Carlo Amerio, Del Buono, Lorenzo Valle, Pippo Portoghese, Stam