Macché tv, la vera guerra è quella dei telefoni di Valeria SacchiGiuseppe Guarino

Macché tv, la vera guerra è quella dei telefoni Macché tv, la vera guerra è quella dei telefoni Mentre l'illusione di evitare i referendum televisivi scivola (così sembra) in zona dissolvenza, ecco balzare in piena luce la guerra sull'etere. Strana guerra cominciata in sordina che chiarisce alcuni enigmi, e resuscita un personaggio: Giuseppe Guarino, già ministro dell'Industria del governo guidato da Giuliano Amato, uscito poi dalla comune con il successore Carlo Azeglio Ciampi. Non venne chiamato da Ciampi nel nuovo governo, il buon Guarino, in quanto non era, per così direun appassionato di privatizzazioni, se poteva le bloccava. E questova detto a suo merito, nell'ottica di una fedeltà all'universo delle Partecipazioni Statali, cui aveva per anni prestato cure materne come consulente legale. Ma a volte la fe- Giuseppe Guarino Paolo Savona deità non paga, venne sostituito all'Industria da Paolo Savona. Oggi Guarino torna alla ribalta come mediatore «tecnico» per la faccenda referendum, ma le gazzette riferiscono di cene tra intimi alla Banca di Roma. Ecco allora che quell'alleanza che il piano telecomunicazioni allo studio presso il ministero delle Poste lascia intravedere - tra la Fininvest di Silvio Berlusconi, la Stet di Ernesto Pascale e lo stesso ministro Agostino Gambino - si arricchisce di due protagonisti preziosi: la Banca di Roma di Cesare Geronzi e lo stesso Guarino. La compagnia è importante, non si può negare sia potente, con tutte le carte in regola per andare lontano. Finora due sole voci sono sorte a discuterne apertamente le mos¬ se: quella del presidente dell'Antitrust, Giuliano Amato, e quella del senatore Franco Debenedetti, che ha definito il progetto Gambino sulle reti «un'autentica rapina». Sarebbe interessante conoscere che ne pensa un altro esperto di etere, tele, nonché comunicazioni, Walter Veltroni. Poiché, anche alla luce del responso della Corte Costituzionale, la questione dei referendum appare un bruscolino, paragonata alla trave di un'Italia monopolisticamente cablata. Senza contare che c'è di mezzo un business da leccarsi i baffi: 40.000 miliardi di investimenti, da qui al Duemila. Per i quali l'amministratore delegato di Telecom Italia, Francesco Chirichigno, sostiene di avere comunque i soldi pronti. Toh, chi si rivede, lo Ernesto Pascale SpreQmostntecChtedgcstlecrsnvqdMvsp Francesco Chirichigno me. E' prorio tempo di esurrezioni. Questa volta il miracolo è pera di uno traniero, il eo presidene della Frania, Jacques hirac. Non a fatto in empo a seersi alla scrivania che fu già del enerale Charles de Gaulle, ed ecolo partire lancia in resta per retituire competitività alla moneta, eggi all'industria francese. Una rociata che dovrà passare per un ecupero della lira o per una semivalutazione del franco. Il tutto obilitato dalla ricostituzione del ecchio Serpente. Un disegno da qualche tempo consigliato anche dal commissario italiano alla Cee, Mario Monti. E non impossibile, isto che dopo l'intesa sulle penioni la lira sembra essersi, di colo, rinvispita. Nella serie resurrezioni, seppure iMlllpLriMbdszlbngdèagGcBsntaf in ambiti più locali, vediamo Luigi Mazzoni riaffiorare dalle siderali lontananze della direzione generale del Crediop, e materializzarsi alla vicepresidenza del Banco di Napoli. E arrivare alla presidenza di Locat Aldo Polinetti, ex commissario Consob, a sostituire Natale Monzeglio. E infine riproporsi di bel nuovo, come già in passato, il dibattito sull'opportunità che, causa il rinvio a giudizio, Franco Viezzoli mantenga la presidenza dell'Enel, altro ente inserito da Lamberto Dini nella Usta delle imminenti privatizzazioni. Sulle privatizzazioni, e sui singolari «stop» da esse subiti, è intervenuto ad un convegno Francesco Giavazzi, docente alla Bocconi e consigliere dell'Ina, una passata esperienza al Tesoro a Jacques fianco del di- Chirac rettore generale Mario Draghi, quando il ministero era retto da Piero Barucci. Sul perché dei ritardi, egli non ha saputo dare una risposta reale, ne ha quindi sottintesa una politica. Ma ha approfittato per consigliare di cedere in fretta l'ente guidato da Franco Bernabò, prima che possa mutare il ciclo positivo della chimica. E per ricordare al presidente dell'Ili, Michele Tedeschi, un'antica massima: spesso il «meglio» è nemico del «bene». Intanto, guarda caso, da quando l'Eni corre verso il privato, voci di dimissioni corrono all'interno del¬ l'ente. Come quella, subito seccamente smentita, che voleva in partenza il presidente dell'Agip Petroli, Angelo Ferrari. Voci vanno e vengono da qualche tempo anche sui rapporti tra Carlo De Benedetti e Corrado Passera, suo uomo in Olivetti. Malumori che nascerebbero da una diversa visione nella gestione della finanza e dei rischi su cambi, che nella prima semestrale del gruppo di Ivrea aveva fatto emergere delle perdite. Gestione che il prudente Passera vorrebbe più prudente. Intanto, un'altra guerra cova sotto le ceneri delle nuove tensioni sui prezzi, quella tra industriali e commercianti. Tra i quali è aperta la caccia a chi sia reo dei rincari. A colpi di cifre. Quelle di Centromarca dicono che le aziende rappresentate nell'associazione presieduta da Manfredo Manfredi mantengono gli aumenti dei listini ben al di sotto dell'inflazione. Valeria Sacchi Corrado Passera J Giuseppe Guarino Paolo Savona Ernesto Pascale Francesco Chirichigno Jacques Chirac Mario Monti Corrado Passera

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