Tecniche antiguerriglia contro l'Anonima sarda di Vincenzo Tessandori

I para: batteremo tutta la Barbagia I para: batteremo tutta la Barbagia Tecniche antiguerriglia contro l'Anonima sarda Replica al giudice: «Nessun fallimento e non metteremo taglie sui rapitori» NUORO DAL NOSTRO INVIATO Quattro sequestri tutti insieme e c'è chi dice che la Sardegna sia diventata zona di guerra. Come la Somalia, come la Bosnia. Davvero maggiore? «Noi operiamo con la tecnica della contro-guerriglia: circoscriviamo un'area e ci lavoriamo dentro per tre o quattro giorni. Come si fa in guerra per individuare i guastatori nemici». E il primo giorno di «guerra» i cento carabinieri del battaglione Tuscania l'hanno trascorso nel salone del Motel Agip di Nuoro, davanti alla tivù che trasmetteva un'orgia di pallone. Ma da oggi saranno boschi, rupi, sassi, polvere, sudore, tensione. Perché andar a cercare quattro ostaggi non è una cosa da poco. Quando furono fatte battute, in passato, accadde pure che qualche militare si perdesse fra le gole e gli anfratti. Ora il rischio è escluso: le pattuglie si muoveranno seguendo le tecniche di volo dei satelliti: applicato alla terraferma, beninteso. Il maggiore Sebastiano Comitini è biondo, i lineamenti del volto quasi delicati, i modi gentili. Non sembra un duro. Eppure, fra il 1988 e il '92 ha comandato la compagnia di Bitti e doveva occuparsi anche di Orane e Lula: insomma, quella che chiamano la «Barbagia ferox». «Una zona non tranquillissima», conferma lui. Comanda i cento carabinieri del battaglione Tuscania, quelli col basco rosso e la tuta L'ultimo rapitomimetica, quelli che non hanno timidezze nell'usare le armi e han fatto esperienza nella ex Jugoslavia ma, soprattutto, in Somalia. «Abbiamo un armamento standard», precisa l'ufficiale. Il che significa pistole con cannocchiali e fucili di precisione. E, precisa l'ufficiale, anche «fucili a pallettoni, nell'eventualità che servisse aprire qualche porta». I cento del Tuscania non opereranno tutti insieme ma in quelle che chiamano «pattuglie polverizzate», il che significa che faranno parte di gruppi misti con i Cacciatori di Sardegna e quelli di Calabria e con i carabinieri delle caserme sparse nel nuorese: 1400 uomini, un piccolo esercito, in questo momento, dei quali 1200 sono stanziali. A questi si aggiungono anche cinquanta agenti di polizia rastrellati in mezza Italia e arrivati con i traghetti, l'altra notte. Le premesse non sono incoraggianti, il timore è che la caccia possa risolversi in qualche episodio cruento. Vedremo. Del resto l'apparente impassibilità Checchi dello Stato ha fatto venire il sangue agli occhi agli industriali e agli albergatori che temono un disastro turistico. I sardi sono stufi di esser in qualche modo identificati con i sequestri. Ieri, a San Siro, partita Inter-Cagliari i fans rossoblu hanno steso questo striscione: «La Sardegna: un popolo di uomini liberi. Basta sequestri». I carabinieri paiono decisi ad andare a fondo, stavolta. In fondo anch'essi sono stati colpiti dal «diretto al mento» sferrato dal procuratore distrettuale antimafia Mario Marchetti. Risponde il tenente colonnello Francesco Angius: «Se fossi un tennista, rimanderei la palla dall'altra parte. Comunque non voglio fare polemiche: noi lavoriamo». E parla del suo lavoro, ma in maniera generica, perché «non vogliamo dare ai banditi alcun vantaggio e così i compiti non li riveliamo». Parla piuttosto dei responsabili presunti: i latitanti. «Quelli pericolosi sono 7 o 8, non trenta come dice qualcuno. Il fatto è, però, che non sono pericolosi soltanto loro, c'è una nuova forma di criminalità sviluppatasi da '92, formata da giovani criminali cresciuti all'ombra dei grandi banditi girando per l'Italia appresso ad alcuni insediamenti di sardi. Così hanno Wk acquisito le caratteristiche della grande criminalità organizzata, affinata un si po' dalle rapine e M altre operazioni illegali. E ora soli no pronti ai seH questri». Ma chi §1 è il cervello del§§ l'Anonima? «Non ' abbiamo _ elementi per collegarne uno all'altro. Il sequestro, rispetto alle rapine o ad altri atti criminali può anche rendere meno per le grandi difficoltà di gestione». E allora? «Li fanno, secondo me perché è una dimostrazione di forza verso se stessi, una prova di balentia». Ma non sarà facile individuare i «baienti». Al di la delle dimostrazioni di solidarietà, dichiarazioni d'intenti e lenzuola alle finestre, c'è poco di concreto. Riconosce il colonnello Angius: «L'azione preventiva da scarsi risultati perché qui la cultura del pentitismo non esiste. Insomma, ci sono stati solo due pentiti, uno di Osilo l'altro di Sassari. Insomma, è una cosa che non rientra in questa cultura». E le taglie, sottolinea l'ufficiale, sono pericolose più che efficaci. «C'è il rischio di veder invase le campagne dai bounty killer». E allora, colonnello? «La gente vuole risultati più concreti e noi ci impegniamo moltissimo». Vincenzo Tessandori WsMlH§§ L'ultimo rapito, Checchi

Persone citate: Angius, Checchi, Francesco Angius, Mario Marchetti, Sebastiano Comitini