Buscetta ricorda Falcone «Pentito grazie a lui» di Francesco La Licata

Buscetta ricorda Falcone «Pentito grazie a lui» Buscetta ricorda Falcone «Pentito grazie a lui» ANNIVERSARIO DB UNA STRAGE PALERMO DAL NOSTRO INVIATO L'austera «Sala gialla» di palazzo dei Normanni è stipata come nelle grandi occasioni e Maria Falcone, vigile con lo sguardo, si preoccupa che nulla possa turbare il difficile equilibrio su cui poggia il tentativo - temerario di ingabbiare i leader dei partiti accorsi a Palermo per promettere adesione «concreta» ai sacri propositi dell'impegno antimafia. La professoressa Falcone si trova davanti, tutti, con l'e.cceziqne di Silvio Berlusconi (protagonista del «giallo» dell'ultimo momento: viene? non viene?). Schierati uno accanto all'altro Prodi, D'Alema, Fini, Bertinotti, Bianco, Casini e Segni. La «Sala gialla» è un frullatore: vi si agitano le diverse anime dell'antimafia, le contrastanti opinioni sul «valore» dei magistrati di Palermo o sulla opportunità della ricerca «a qualunque costo» di un impossibile ecumenismo. Capaci sembra proprio lontana, appare come un ricordo sbiadito la solidale coesione del 1992. L'ufficialità salva le apparenze ma la sostanza rimane il fatto che sul crinale della lotta alla mafia le strade non si incontrano ancora. L'apparente unanimità è cementata temporaneamente dal «rispetto» che sa incutere Maria Falcone.con le sue richieste franche ai politici «tutti» e le sue emozioni. La Falcone ha un carattere simile a quello del fratello Giovanni e, piuttosto che criticare e piagnucolare, preferisce «tentarle tutte», prima di arrendersi. Ecco perché continua a credere nell'utopia di poter mettere insieme spinte spesso contrapposte. Eppure, nel giorno della riflessione politica una richiesta, sorprendente per la provenienza, ha toccato le «corde» più sensibili. E' stato Tommaso Buscetta, ancora una volta assente fisicamente ma più che mai immanente, ad offrire la prova che lo Statò non è solo entità astratta, ma spesso prende le sembianze dei suoi uomini più rappresentativi. Buscetta ha inviato una lettera a Maria Falcone per dirle che, ai propri occhi, suo fratello il giudice «aveva rappresentato qualcosa che non avevo mai conosciuto: lo Stato». Il «grande pentito» riconosce al magistrato assassinato dalla mafia di essere stato l'artefice che gli ha consentito di scoprire «un mondo diverso dal mio, e più lo scoprivo e più mi allontanavo mentalmente dal mio vecchio, brutto mondo». La «richiesta» di don Masino, quindi, arriva rompendo lo schema di attesa che avrebbe previsto forse solo il solito sfogo per le inadempienze dello Stato. Questa volta Buscetta si rivolge, invece, più alla società civile, agli uomini, che alle istituzioni. «Vi chiedo - scrive - una sola cosa: perché giudicate positivamente o negativamente i pentiti (e uso una parola che non mi piace) solo per le cose che dicono nei tribunali? Solo quello è il momento della loro esistenza?». «Come uomo che ha ammesso d'aver sbagliato - incalza don Masino - e che oggi crede nello Stato, ho qualche piccolo diritto di cittadinanza nel mondo pulito?». «Ci sono persone - è il messaggio rivolto a critici e ipergarantisti - che non apprezzano le cose che io racconto, ma perché devono disprezzare il fatto che ho voltato le spalle al delitto?». Le parole di Buscetta rimbombano, quasi, nel silenzio della sa¬ la. Maria Falcone cambia espressione quando le arriva il «rimpianto» dell'ex mafioso per non aver avuto la forza «di raccontare a lui, che vedevo solo, quelle grandi e tragiche cose che ho poi raccontato e che nessuno, guardandomi negli occhi, potrà smentire». «Mi creda, cara professoressa - è la conclusione della lettera -, quando nel 1993 io ho deciso di raccontare tutto, non mi sentivo più forte, ma avevo nella mente e nel cuore suo fratello Giovanni. Ed è stato come se non riuscissi più a sfuggire al suo sguardo». Un attimo d'emozione, poi Maria Falcone si lancia nell'improbo tentativo di «strappare» ai leader politici le «risposte concrete» per elaborare un «decalogo» delle cose da fare. Francesco La Licata Ma i leader politici accorsi a Capaci rimangono divisi Lettera alla sorella del magistrato «Chiedo rispetto» Sopra l'auto di don Porcaro, bruciata. Accanto: Tommaso Buscetta. Sotto Luciano Violante, ex presidente dell'Antimafia Sopra: il parroco Gregorio Porcaro

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