D'Alema non spara sul Cavaliere di Alberto Rapisarda
Il pds teme che la caduta del «nemico» sgretoli la coalizione di centrosinistra Il pds teme che la caduta del «nemico» sgretoli la coalizione di centrosinistra D'Alenici non spara sul Cavaliere Bassanini: nessun contraccolpo sui referendum ROMA. Il rinvio a giudizio di Berlusconi da parte dei magistrati di Milano, in altri tempi, sarebbe stato un terremoto. Per stare a quel che avviene in questi giorni, avrebbe fatto saltare la trattativa in corso tra centro-sinistra e Berlusconi per evitare i referendum. E avrebbe fatto risorgere la tentazione di dare la spallata finale al capo di Forza Italia, per farlo uscire di scena definitivamente. E, invece, niente. «Giustizia separata dalla politica» è il cautissimo titolo dell'articolo di fondo che L'Unità dedica alla vicenda. «E' capitato a tanti cittadini italiani, capita anche a Silvio Berlusconi di inoltrarsi lungo questa strada avvalendosi dei diritti che i codici gli riconoscono a partire dalla ovvia, ma necessaria, considerazione che, sino a sentenza contraria, è innocente». Ma veramente non ci saranno contraccolpi sull'intesa per i referendum? «Non c'è nessun rapporto tra le due cose. Noi le teniamo rigorosamente separate - conferma con decisione Franco Bassanini, della segretaria del pds -. Noi non mischiamo queste cose alla politica». La linea è di spegnere il focolare d'incendio prima che divampi e i dirigenti pidiessini l'hanno decisa di gran fretta per evitare che la tegola piovuta da Milano finisse per buttare all'aria un lavoro che si sta tessendo con pazienza per preparare le elezioni a novembre. Perché è parso subito chiaro che se si dovesse indebolire la posizione di Berlusconi nel Polo, addio disfida autunnale. Con la conseguenza di rinviare le elezioni a chissà quando, spianando la strada a quelli che lavorano per costruire il terzo polo di centro. «E, invece, i due protagonisti (D'Alema e Berlusconi) hanno assorbito bene il doppio colpo della vicenda Mancuso e della decisione del pool milanese - osserva Francesco D'Onofrio, del ccd -, Un doppio colpo che avrebbe potuto far saltare il rapporto D'Alema-Dini per la vicenda Mancuso, e D'Alema-Berlusconi per i referendum. In questa fase - prosegue - è in gioco la sostanza della stabilizzazione politica italiana, con l'antagonismo tra centro-destra e centro-sinistra. Se c'è il reciproco riconoscimento tra D'Alema e Berlusconi si assorbono anche colpi duri come questi». Insomma, per paradossale che possa sembrare, oggi D'Alema è costretto a tenere in piedi in ogni modo il suo antagonista Berlusconi perché ne va di mezzo la sua stessa strategia. Se di là c'è Berlusconi, di qua si potrà tenere insieme l'alleanza di centro-sinistra e Bossi decida lui quel che vuol fare. Se presentarsi da solo alle elezioni o no. Ma se al Polo venisse a mancare Berlusco- ni, cambierebbe tutto. La Lega di Bossi potrebbe benissimo ritrovare con Forza Italia la consonanza perduta e anche pezzi dell'attuale centrosinistra potrebbero essere tentati di passare all'altro fronte. Così Berlusconi e D'Alema si sorreggono a vicenda, uniti nella volontà di consolidare il radicamento del sistema uninominale che favorisce l'alternanza tra due schieramenti. «I dissensi sulla trattativa per evitare i referendum chiosa D'Onofrio - sono proprio di coloro che, a qualun¬ que titolo (Lega, Rifondazione) non vogliono questa stabilizzazione sul bipolarismo». Questa è la vera partita che si sta giocando e non è facile per i due protagonisti tenere uniti i rispettivi poli. D'Alema deve fronteggiare una mezza rivolta di progressisti intransigenti che vogliono subito norme certe sull'anti-trust. Più quelli, come il pattista Masi, che gli dicono che «dalla trattativa non si può lasciare fuori la Lega». Berlusconi se la deve vedere con l'irrequietezza degli ex de, sia di An (Fiori, Selva) che del Ccd, che non gradiscono il percorso che porta alleelezioni in autunno. Clemente Mastella, che è presidente del Ccd, vuole addirittura un «vertice» per discutere di quelli che definisce «piccoli indizi di turbolenza all'interno del Polo». Quelli del Ccd si sentono penalizzati nelle amministrazioni locali. Forse perché gli piace l'idea del grande centro e la pensano diversamente da Berlusconi sulla data delle elezioni? chiede Mastella. Alberto Rapisarda
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