Paolo Conte: ridatemi indiani e jazz

Paolo Conte: ridatemi indiani e jazz Paolo Conte: ridatemi indiani e jazz L'America, figlia di Fonzie e delle majorettes CONVEGNO COME CAMBIA UN MITO —TORINO 7 ERA Walter Veltroni, «a Torino per vedere JuveParma». C'era Paolo Con- te, che «l'America la vedo in tv o al cinema». C'era Claudio Gorlier, perché appunto si parlava di America. E c'era Vittorio Zucconi, autore di Che ce ne pare dell'America (edito da La Stampa), sommerso, nell'Auditorium esaurito (2 mila posti), dalla gente che interveniva al dibattito precisando: leggo tutti i suoi articoli. Conte è il meno americano di tutti, ma infiamma la convention con un'entrée tanto sincera da sembrare la gag di un candidato della Louisiana: «Sono andato una volta a New York, dalla mattina alla sera. Tutto qui. A me dell'America non importa assolutamente niente, forse perché me ne importava troppo prima. Vado a caccia di musica americana, ma di quel jazz classico che finisce tra il '38 e il '40. Poi c'erano gli indiani, che adesso sono scomparsi. E mi piace il cinema americano di un tempo. Finito e strafinito. Un'epoca volata via. Mi resta la parola "America": poesia capace di contenere qualcosa di leggendario e di arcano che lascia il segno in noi europei». «Uolter» (pronunciato all'americana, come lo chiama scherzando Zucconi) Veltroni è l'anima seria del dibattito. Scavalca a sinistra perfino il professor Gorlier: «I malintesi tra Italia e Stati Uniti nascono dalla nostra vocazione "a far l'americano"; sposiamo solo una certa simil-Ame- rica. Mentre le città raccontate da Zucconi - spiega - ti "risucchiano". C'è l'America vera che non è un grande baraccone. Nemmeno le campagne elettorali lo sono. Io le ho seguite: sì, ci sono le majorettes, ci sono i palloncini, ma la gente passa delle giornate intere a parlare di sanità, fisco e Aids. Da noi i politici, a quel punto, si alzerebbero e andrebbero a prendere un caffè. Poi si parla di politica : quando si definiscono le alleanze». La ve¬ rità - dice Zucconi - «è che l'America è un Paese dove si fanno in maniera poco seria cose serissime. Mentre da noi si fanno in maniera serissima cose poco serie». L'Italia, superficiale e televisiva, si ferma al cerone dell'America, non è interessata a comprendere i suoi re ah tratti somatici, al colore della sua pelle. «Gli Stati Uniti, da noi, sono figli di Fonzie - chiosa Gorlier - di gesti e di suoni inventati. Ammettiamo comunque che resta il Paese in cui, in una convention, un politico del Mississippi può presentarsi - seriamente - come candidato dello Stato a più alta concentrazione di Miss America. Ed è applaudito, ha un titolo d'onore. O dove un emerito professore mi chiese: "Ma voi, in Italia, la pizza come la chiamate?"». La pioggia di aneddoti si placa sotto l'attenta analisi di Veltroni: «Oggi l'America è in crisi perché è rimasta una grande potenza senza essere più un grande Paese. Una nazione che nonostante abbia conosciuto solo la democrazia ha nutrito dentro di sé molte contraddizioni: quella razziale, che prima o poi esploderà, e quella sociale, con la povertà che si materializza ovunque». L'America delle contraddizioni - il Paese del mito per cui il figlio di nessuno può diventare Presidente - esce da un racconto di Zucconi: «Un giorno mi convoca la preside della scuola. Mia figlia aveva un problema. Temevo il peggio: droga, una gravidanza... Contrita l'insegnante mi disse: "Sua figlia frequenta brutte compagnie?". "Spacciatori?", azzardai. "No, ragazzi di un ceto sociale e culturale inferiore". L'avrei ammazzata. La preside, ovviamente. L'estate dopo, sull'aereo che ci riportava a casa dalle vacanze in Italia, mia figlia scoppia a piangere: "Papà, non voglio più tornare in America". "Beh, perché dai nonni sei in vacanza e ti diverti, mentre a casa sai che devi andare a'scuola", dico io. "No - risponde lei -: perché in Italia posso anche essere amica dei perdenti, in America devo frequentare solo i vincenti"». Pier Luigi Vercesi L'«Autobiografia» di Malcolm X fu trent'anni fa il libro-choc che mostrava e dimostrava la natura primigenia e istintiva del razzismo, insieme all'antidoto per contenerlo e combatterlo: e cioè la faticosa, aspra, sanguinosa e persino sanguinaria presa di coscienza del sé. L'«Autobiografia» di Malcolm X è la storia esemplare dell'uomo esemplare che alla conclusione del suo itinerario viene esemplarmente eliminato. Veltroni-, attenti, non è un baraccone Gorlier: conosciuta solo nei suoi eccessi IL CONSIGLIO di Paolo Guzzanti L'AUTOBIOGRAFIA di Malcolm X (Einaudi) MANOSCRITTOTROVATO A SARAGOZA lan Potocki (Adelphi) VENTIMILA LEGHE SOTTO I MARI di Jules Vene. (Mondadori, Viglongo, Agostini, Sei, Mursia) De Paolo Conte alla presentazione del libro di Zucconi sull'America