IL FRUTTO PERVERSO DELL 'IDEOLOGIA di Sergio Romano

IL FRUTTO PERVERSO DELL 'IDEOLOGIA IL FRUTTO PERVERSO DELL 'IDEOLOGIA N, ON so se il reverendo Pat Robertson possa considerarsi un cripto-antisemita e se le sue teorie sul I l'ordine mondiale siano soltanto l'ultima edizione di quel romanzo sul «complotto ebraico» che è, dopo la Bibbia e l'opera completa di Lenin, il maggiore best-seller del secolo. Ho l'impressione che le allusioni antisemite, nei suoi scritti, siano soltanto la spezia e l'aroma con cui egli condisce i suoi intingoli intellettuali. Geneticamente Robertson è soprattutto l'erede di una lunga sequenza di storici, sacerdoti, filosofi e demagoghi per i quali il «male» della storia umana è il frutto diabolico di una oscura congiura fra personaggi luciferini. Il bisnonno di Robertson è l'abate Augustin Barruel, gesuita, autore di un libro famoso apparso nel 1797-98 [Mémoires pour servir à ITiistoire dujacóbinisme), in cui si «dimostra» che la Rivoluzione francese è figlia di un complotto massonico. I fratellini di Robertson sono gli scrittori, giornalisti, registi cinematografici (l'ultimo è Oliver Stone) che non hanno smesso d'indagare sulle misteriose circostanze della morte di Kennedy. La «complottite», sia detto per inciso, fiorisce bene a destra come a sinistra ed è quasi sempre il frutto perverso di quelle religioni laiche che sono le ideologie. Chiunque creda al «senso della storia» e sogni l'avvento di un «futuro migliore» finisce gene¬ ralmente per scaricare le proprie frustrazioni su una cabala di uomini potenti e diabolicamente intelligenti: i massoni, gli ebrei, i cortigiani, i mercanti di cannoni, gli gnomi di Zurigo, i petrolieri, gli ufficiali dello stato maggiore, i magnati della stampa e della televisione, i padrini delle grandi famiglie, i gesuiti. Se riusciste a strappare dai libri di storia le pagine in cui l'autore spiega la storia con i complotti svuotereste le biblioteche del mondo. In questo caso i congiurati sono i «banchieri centrali». Come Ezra Pound, Robertson è convinto che l'usura e l'interesse composito abbiano nella storia contemporanea il ruolo della mela con cui Eva sedusse Adamo nei giardini del paradiso terrestre. Ma condisce le sue teorie con una interessante ricostruzione della storia finanziaria americana. Sostiene - ed è vero - che gli Stati Uniti esitarono lungamente prima di costituire una Banca centrale. Prevalse tuttavia, agli inizi del secolo, la volontà di quei banchieri europei che volevano assoggettare l'America alla loro egemonia e nacque così, nel 1913, la Federai Reserve. Da allora, sostiene Robertson, viviamo in Europa e in America sotto il governo occulto di un piccolo gruppo di banchieri centrali. Per ricattare i governi, stampare denaro e lucrare sugli interessi inventano pericoli e minacce. Sono loro che hanno artificiosamente creato le condizioni per lo scoppio di due guerre mondiali e che potrebbero avere alimentato la Guerra Fredda spargendo false notizie, con l'aiuto della Cia, sulla potenza dell'Unione Sovietica. E sono loro infine che avrebbero furbescamente indotto Saddam Hussein, nel 1990, a buttarsi nell'avventura del Kuwait. Apparentemente Robertson si limita a ripetere vecchi luoghi comuni sul potere occulto del capitale finanziario. In realtà le sue teorie sono straordinariamente «attuali» perché portano acqua al mulino d'una corrente d'opinione che considera con crescente sospetto il potere delle banche centrali negli Stati moderni. Alcuni esponenti di Alleanza nazionale hanno criticato duramente la Banca d'Italia, nella scorsa estate, per l'aumento del tasso d'interesse. Il governo Berlusconi ha impegnato un braccio di ferro con il Governatore per la nomina del successore di Dini. Chirac, durante la campagna elettorale, ha soste- nuto polemicamente che la Banca di Francia antepone la stabilità del franco al problema dell'occupazione. E molti liberisti, in Italia e altrove, intravedono nell'Unione economico-monetaria lo spettro di una più grande e tentacolare banca centrale, decisa ad annullare con la propria arbitraria autorità la volontà dei cittadini e la libertà dei mercati. Una parte della classe politica europea, insomma, rivendica i diritti della democrazia contro l'arbitrio tecnocratico dei banchieri centrali. In tali circostanze il banchiere centrale rischia di trovarsi stretto e schiacciato fra le contrastanti sollecitazioni della «democrazia» e della buona finanza: un dilemma a cui Guido Carli dedicò, in momenti di sincerità e sconforto, pagine memorabili. Spogliato delle sue scorie «complottiste» il dibattito verte in realtà sulla creazione di un potere nuovo che Montesquieu, nella sua classica tripartizione, non aveva previsto: il potere monetario. Sancito nella Costituzione tedesca e per certi aspetti nella prassi americana, il potere monetario deve probabilmente diventare più trasparente di quanto non sia oggi nella maggior parte degli Stati contemporanei. Se la stabilità del denaro è un bene pubblico e deve essere difesa all'occorrenza anche contro la politica finanziaria dei cattivi governi, occorre che le prerogative dei banchieri centrali vengano meglio precisate e definite. Contrariamente a ciò che pensa Robertson essi sono utili e non necessari; ma è necessario ormai che il loro potere venga iscritto nella Costituzione. Sergio Romano

Luoghi citati: America, Europa, Italia, Kuwait, La Spezia, Stati Uniti, Unione Sovietica, Zurigo