«Tullio sei un mostro» Il padre lo aggredisce
Brigida salvato in aula dai carabinieri Brigida salvato in aula dai carabinieri «Tullio, sei un mostro» Il padre lo aggredisce ROMA. Momenti di paura, ieri, nella pretura di Roma per Tullio Brigida, il padre di Laura, Armandino e Luciana, trovati morti nelle scorse settimane nella campagna di Cerveteri. Doveva comparire dinanzi al pretore Villone per rispondere dell'accusa di maltrattamenti nei confronti della moglie Stefania Adami, quando alcuni familiari, tra i quali il padre, gli si sono avventati contro. Uno di loro è riuscito anche a mettergli le mani al collo. L'intervento dei militari dell'arma ha evitato che la situazione degenerasse. Brigida è stato quindi portato in aula, ma il processo è stato subito rinviato ai 16 giugno. «Nostro figlio, quell'infame». Rientrati dopo la mancata udienza, nel loro appartamento di periferia al Trullo, Armando e Margherita Brigida hanno descritto così il figlio, presunto assassino dei tre piccoli Laura, Armandino e Luciana. E ammettono entrambi di non essere riusciti a trattenersi dall'aggredirlo. Ha la voce rotta dal pianto Armando Brigida. Sono lacrime - dice «che non riesco più ad asciugare da quando hanno trovalo i corpi dei miei nipoti». Quel «figlio disgraziato» vorrebbe vederlo morto. Condivide tutta la rabbia covata dalla nuora Stefania. Divisi dal rancore e dal dolore per tutti i 15 mesi che hanno preceduto il ritrovamento dei corpi, ora suocero e nuora si sono riconciliati. «In tribunale - racconta Armando Brigida - dovevamo andare per forza: eravamo convocati come testimoni in un altro processo contro Tullio, quello per i maltrattamenti a Stefa- Tulho Brigida nia». Spiega: «Pensavo di farcela, ma quando l'ho visto in faccia non ho retto. Gli sono saltato al collo, avrei voluto strangolarlo. I carabinieri mi hanno fermato». La stessa cosa - aggiunge - «è successa a mia moglie e a Stefania. Loro urlavano, poverette. Lo insultavano. Lui non ha reagito. Non ha detto una parola, nemmeno di fronte al pianto della madre». Ora - racconta il nonno - lui e Stefania Adami hanno in comune un nuovo obiettivo: «Stiamo cercando un avvocato che ci aiuti a far aprire un'inchiesta contro i carabinieri. Soprattutto - dice contro i militari della stazione del Trullo, "la parrocchietta", che si sono rifiutati di aiutare sia Stefania sia me, quando i bambini erano ancora vivi». Aggiunge Armando Brigida: «Non ci hanno dato ascolto, non ci hanno aiutato, non ci hanno difeso. Hanno trattato sia noi sia i bimbi con indifferenza. Hanno lasciato che il padre li portasse via e ne facesse quello che ha fatto, ___„ malgrado avesse già spedito in ospedale Stefania, dilaniata dalle coltellate. Ora noi vogliamo sapere se quel comportamento era legalmente corretto». Contro Tullio Brigida, intanto, potrebbe aprirsi presto un altro processo. A citarlo in giudizio è stata il pm circondariale Maria Monteleone per l'appropriazione e la contraffazione del passaporto del fratello Enrico, avvenuta nel dicembre del '93. Era il periodo in cui Tullio, secondo quanto lui stesso ha recentemente dichiarato, stava pensando di fuggire con i tre bambini in Australia, [r. cri.] Tulho Brigida
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