Volevano la figlia hanno rapito il padre

Nuoro, ricostruite le fasi del nuovo sequestro: l'obiettivo dei banditi era una bambina di 3 anni Nuoro, ricostruite le fasi del nuovo sequestro: l'obiettivo dei banditi era una bambina di 3 anni Volevano la figlia, hanno rapito il padre Così l'Anonima ha colpito CALA GONONE (Nuoro) DAL NOSTRO INVIATO Una bimba di neppure 3 anni. «Dov'è?», hanno domandato. E intanto puntavano i mitra e le pistole e dai fori dei passamontagna gli occhi parevano fiammeggiare. «Dov'è Gioia?», hanno ripetuto. Sapevano che doveva esserci e sapevano che stava con la colf, una somala. E volevano lei, così piccola, così indifesa. Perché un ostaggio è considerato un animale e un agnellino timido darà meno pensieri di un ariete ombroso e aggressivo. «Dov'è Gioia?», insistevano quei quattro e parevano folli di rabbia e di delusione. Nel villaggio turistico «Palmasera», solo voci che davano ordini secchi e quella di una donna disperata, rompevano il silenzio. Il prologo del sequestro numero 183 (centoquarantesimo in 30 anni) è stato simile a tanti altri: un intreccio di violenza, disprezzo, arroganza, paura e disperazione. E quando i banditi hanno capito che «l'agnellino» non l'avrebbero preso, han deciso di ghermire ciò che c'era: il denaro, quello nei portafogli e nella cassaforte. E un uomo malato di cuore, il padre della piccola. Perché quando un sequestro è programmato niente lo può fermare. E così tocca a Ferruccio Checchi, che ha 48 anni, è un imprenditore turistico, è considerato «un ricco». Non è sardo, è nato a Monterotondo, dove ha molti amici, dove torna spesso. Dicono che sia un uomo schivo, riservato, uno che non ama dare nell'occhio. Ma, qui in Barbagia, è difficile passare inosservati. Un imprenditore, uno nato dal nulla e che è riuscito a costruirsi un piccolo impero. Si era sposato, poi separato, due volte. Ora aveva trovato il suo equilibrio. A Monterotondo aveva fatto l'impiegato postale, poi se n'era andato, a cercare fortuna. Un figlio, Rodrigo, gestisce un albergo a Tivoli. E tutto questo, a quanto pare, i banditi lo sapevano. A Cala Gonone, dove il mare è trasparente e la spiaggia un sogno, l'altra sera soltanto qualcuno seguiva in tv Michele Santoro che conduceva una puntata di «Tempo reale» dedicata proprio ai sequestri. Al villaggio «Palmasera», per pochi giorni ancora semideserto, si stava tracciando il piano per la campagna estiva. Il villaggio è diviso fra un corpo centrale e una serie di bungalow. E proprio dove ha sede la direzione erano riuniti Checchi, la sua compagna, Gilda Romano, 48 anni, che è di Cala Gonone, suo figlio Luca Rassu, il maturo portiere Cipriano Martini e tre ragazzi e una ragazza che dovrebbero lavorare come animatori. Sulla soglia d'ingresso appaiono quattro spettri neri. Le 22,35. Stringono le armi, hanno i volti coperti dai passamontagna. Nessuno ha fatto caso al rumore dell'auto che li ha portati fino al villaggio turistico, staccato di circa 500 metri da Cala Gonone. Nessuno si è preoccupato, nessuno ha fatto in tempo ad aver paura. E ora quelli sono lì, con gli occhi che vogliono incutere terrore, e ci riescono, e come se ci riescono, più dei mitra e delle pistole. Vogliono il loro ostaggio, proprio nel momento in cui molti, nell'isola, si commuovono per la disavventura di Giuseppe Vinci, che ha 30 anni ed è stato preso la notte del 9 dicembre scorso: ancora nessuno si è fatto vivo per chiederne il riscatto. Ora c'è allarme generale, ma ieri, Lucio Vinci, il padre di Giuseppe, a Nuoro ha rifiutato di stringere la mano al prefetto Mesone, capo della polizia, volato qui per coordinare le indagini, le ricerche. Mentre il Presidente Scalfaro, alla festa della Polizia, dichiarava: «Il nuovo sequestro è una macchia sul popolo dell'isola, in quella terra generosa che ha uomini di valore, di capacità e di fedeltà incredibili. Ho pensato alla ferita che ciascuno di loro sente, questo popolo che ha tanti meriti nella storia e tanta fedeltà alla patria». Gli incappucciati arrivati al villaggio turistico hanno deciso per la bimba, ma la madre si ribella: «Nonc'èl», grida. «E' andata via, dorme da una zia. Non la troverete!». E' un bluff: Gioia è al piano di sopra, in camera sua, con la colf che, terrorizzata, da dietro la porta ascolta i rumori che provengono dal piano terra. E c'è il timore che la bimba possa mettersi a piangere, che si scopra. I banditi rimangono interdetti. Ma conoscono bene la gente che hanno deciso di ferire, lo sanno che c'è anche un'altra figlia, Monica, che ha 20 anni. Lei è sul serio fuori dal villaggio. E allora? Allora, i soldi. L'animatrice è l'unica ad avere con sé il portafogli, loro se lo fanno dare: 700 mila lire. Una miseria, nel bilancio che hanno in mente. Poi si rivolgono a Ferruccio Checchi: «La cassaforte, aprila!». Inutile discutere. E poi c'è la speranza che se ne vadano così. Aperto e svuotato il forziere, i banditi danno l'impressione di esser soddisfatti. Ma è solo un'impressione. Devono garantirsi la fuga. Con filo di ferro legano mani e piedi delle vittime e tappano le bocche con cerotti. A tutti, ma non a Ferruccio Checchi: «Tu vieni con noi!», un ordine che non ammette repliche. Hanno parlato il meno possibile, in un buon italiano, nel quale la cadenza sarda appena si avvertiva. Ripetono: «Tu vieni con noi». E la canna del mitra è un invito definitivo. Se ne vanno così, in silenzio, seguiti dagli sguardi di quelli lasciati legati e imbavagliati. Checchi è diventato una cosa, un oggetto da scambiare. Nient'altro. Mezz'ora per dare l'allarme. Gilda Romano non ce la fa a liberarsi subito, gli altri non ce la fanno proprio e Cipriano Martini rischia di morire soffocato. Mezz'ora, e per superare la galleria fra Cala Gonone e la strada per il Supramonte occorrono sette od otto minuti. Quando l'allarme scatta, la Barbagia dei barbari ha già dato asilo ai banditi. E ora parlano di ripresa del banditismo, di allarme rinnovato. Ma Giannino Guiso, l'avvocato che difese Graziano Mesina non concorda con queste analisi: «Non è una ripresa improvvisa». E che cos'è? «Un ma¬ le endemico, c'è da tempo, e non è mai stato curato. Esiste una situazione sociale terribile, per cui questi fenomeni si ripetono, si verificano perché non sono mai cessati. Questi fatti sono la prosecuzione di un fenomeno che esiste, che non viene affrontato, non viene combattuto e soprattutto, e questa è la cosa più importante, è questo il reato più congeniale a un determinato tipo di società». Perché? «Perché è una società povera, una società non commerciale, che basa la sua ricchezza, o quella poca ricchezza che garantisce la sopravvivenza, sull'agricoltura o sulla pastorizia, e perché ormai non si può più parlare di classe imprenditoriale o di classe operaia, di quelle classi, insomma, che si erano costituite con quei poh chimici che hanno creato una grande illusione e una grande disperazione allo stesso tempo». Dunque? «Non esiste più un'economia che possa porre fine a questa ricerca continua di sopravvivenza e anche di soddisfazioni di bisogni, perché alcuni dicono che non c'è disoccupazione, o quella che c'è è voluta: in realtà, è alto il numero di coloro che sono senza lavoro e anche il lavoro, troppo spesso, è precario. La Sardegna è una delle zone più abbandonate dallo Stato, e lo è da secoli». Vincenzo Te ssa n dori II Presidente Scalfaro «Una macchia sul popolo dell'isola» NEUE MANI DELL'ANONIMA 71 ANNI W CAIANG4ANUS (SASSARI), PROPRIEIÀRIODIUN SUGHERIflCIO.E'SWO RAPITO IL 20 FEBBRAIO SCORSO. 30 ANNI, DiMACOMER (NUORO), CONTITOLARE DI UNA SERIE DI SUPERMERCATI. E' PRIGIONIERO DAL 9 DICEMBRE DE'94 In alto l'imprenditore Ferruccio Checchi con la moglie e la figlia più piccola. A destra: Monica, 20 anni figlia maggiore del rapito. A sinistra: il capo della polizia Masone e Scalfaro

Luoghi citati: Monterotondo, Nuoro, Sardegna, Sassari, Tivoli