Chirac: la mia Nuova Francia

Folla sotto casa Mitterrand «Le vorremo sempre bene» Primo discorso (tra gli applausi) del Presidente all'Assemblée Nationale Olirne la mìa Nuova Francia «Con me più referendum e meno leggi» PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Milleottocento parole per disegnare la Nuova Francia. E' il messaggio che, fresco d'investitura presidenziale, Jacques Chirac ha indirizzato ieri a Camera e Senato dando il «la» al postmitterrandismo. Due le riforme costituzionali messe in cantiere: un più ampio ricorso alla democrazia orizzontale referendaria e l'instaurazione di una sessione parlamentare unica sul modello degli altri Paesi europei. E un monito: «Troppe leggi uccidono la Legge». Chirac vorrebbe cioè un Parlamento che legiferi in modo chiaro e sintetico, senza accumulare misure parziali, contraddittorie, scoordinate bensì all'insegna del binomio «rapidità-efficacia». L'annuncio non ha propriamente messo di buon umore deputati e senatori: sedere in permanenza o quasi (finora i mesi annuali d'inattività superavano largamente il semestre) vuol dire perdere le dolci abitudini, trascurare il collegio e le attività parallele. Incluse quelle partitiche. Così tra i ranghi della maggioranza i musi lunghi si sprecavano, ieri pomeriggio, a Palais Bourbon come al Palais du Luxembourg. Chirac non vi ha messo piede. Glielo impedisce l'ordinamento della V Repubblica, per meglio tutelare le prerogative delle assemblee. A leggere il testo erano dunque i due presidenti, Philippe Séguin e René Monory. Nell'attesa che il neonato governo Juppé trasformi - martedì - in programmi circostanziati i «grandi orientamenti» espressi ieri da Jacques Chirac, varando in particolare quella «carta del cittadino» cui l'Eliseo annette un'importanza primaria. Malgrado la frustrazione e le inquietudini per il superlavoro che si profila all'orizzonte (nonché il concretizzarsi di una riforma auspicata in origine dallo stesso Mitterrand e che i socialisti accolgono quindi con soddisfazione estrema) il clima era comunque fervoroso. Per la prima volta dall'81, presidenza, governo e un blocco parlamentare di centro-destra si ritrovano sintoniche. Le cacofonie della «coabitazione» Gauche-Droite sono ormai lontano ricordo: un'unica volontà politica collega - almeno in teoria - l'Eliseo, Matignon, l'Assemblée e il Senato. Salvo autogol, corti circuiti e veti incrociati non dovrebbero ripeterei. E Jacques Chirac - «il Bulldozer» come lo definirono i tedeschi durante la sua ultima esperienza governativa ('86) - ha l'ambizione di trasformare in invincibile macchina da guerra (contro la disoccupazione ma anche le eventuali risorgenze della sinistra) la straordinaria chance storica che il maggio '95 gli offre. Offrendo l'incarico di premier all'uomo forse più talentuoso del serraglio rpr-udf premia, insieme, l'amico d'indefettibile fedeltà. E viceversa. A Mitterrand, in 14 anni, l'equa¬ zione non riuscì mai. Quando c'erano le competenze (pensiamo a Michel Rocard), mancavano fiducia e stima reciproca. E privilegiando il lealismo puro sulle doti di governo (valga il caso Edith Cresson) l'handicap appariva ancor più flagrante. La «luna di miele» tra il Presidente, il Paese e gli stessi Juppé Boys (o meglio Girls, visti i 12 ministri e sottosegretari donna, già ribattezzate «ragazze pomme pomme» dal frutto che della campagna elettorale chiracchiana fu l'emblema) si annuncia insomma sotto i migliori auspici. Escluso dall'emiciclo, Jacques Chirac ha potuto incontrare i suoi fan nella residenza ufficiale di Séguin. E la ressa ha completamente travolto il servizio d'ordine. Matricole e vecchie volpi delle aule parlamentari si sono precipitate con giovanile isteria sul loro beniamino per stringergli la mano, farsi perdonare qualche peccatuccio (i bal- laduriani), ringraziarlo o - più spesso - ingraziarselo. Un'altra piccola folla, ma dalle caratteristiche assai diverse, accoglieva sotto casa alla medesima ora con applausi e mani tese il «deposto» Mitterrand. C'eravamo, e gli abbiamo stretto la mano come decine di francesi e turisti incuriositi dall'assembramento. Per attraversare i cinque metri che separavano il portone dalla «Mx» su cui sarebbe partito, almeno dieci mi- nuti in balia di un popolo non solo di Gauche che voleva parlargli, toccarlo, chiedergli «Comment qa va, monsieur le Président?». Era commosso. Come peraltro i protagonisti dell'informale assedio, increduli di trovarsi dinanzi un pensionato molto particolare che - infine la Francia può forse smettere di temere o ammirare. Per iniziare a volergli bene. Enrico Benedetto Folla sotto casa Mitterrand «Le vorremo sempre bene» Il neo Presidente Chirac ha tenuto ieri il primo discorso davanti a Camera e Senato. Sopra, il premier Alain Juppé

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