Taranto fra miseria e cultura industriale

E Taranto, fra miseria e cultura industriale Nella regione quasi mezzo milione di disoccupati TARANTO DAL NOSTRO INVIATO Da una parte il mare puntinato dalle coltivazioni di mitili; dall'altra la mole immensa, rosso-ruggine, fumigante di giallo e di grigio del complesso siderurgico. In mezzo questa stradina dissestata, dove si deve fare lo slalom tra mucchi di rifiuti e calcinacci sbrecciolati, quasi una striscia che corre sul confine metafisico tra passato e futuro, in quegli scenari terzomondisti delle grandi città del Mezzogiorno d'Italia. Qui in fondo, dietro una scrivania su cui giace la bibbia liberista di Adamo Smith, Franco Ruggeri enuncia con la pacatezza dell'intellettuale meridionale il seguente principio: «Se si ha l'idea giusta, questo è il momento di fare impresa». Qui a Taranto? «...e in Puglia perché qui la cultura industriale c'è». Siamo nel Cisi (Centro integrato per lo sviluppo dell'imprenditorialità) di cui Ruggeri è da due anni amministratore delegato dopo una vita passata alle relazioni esterne dell'Italsider. Qui si prova a far nascere le aziende, a realizzare le idee, a creare le condizioni in cui l'«Imprenditore» possa imparare a nuotare. Qui si appoggia, per esempio, uno come Giovanni Costantino, 31 anni, «nato e residente a Taranto», geometra, figlio di un vigile urbano e di una casalinga. Insieme al suo amico archi- tetto Bernardo D'Ippolito, 30 anni, ha preso una vecchia falegnameria in crisi, ne ha conservato il patrimonio di qualità artigianale, gli ha inoculato il virus della competizione. Risultato? La Cs arredi, nata nel '92 con un capitale di 30 milioni, fattura 3 miliardi all'anno, ha una cinquantina di dipendenti, produce mobili unici con materiali estremi (legni di qualità certificata), tra qualche giorno presenterà le sue ultime collezioni a Parigi in un «partenariat» con Alfa Romeo. Ruggeri ci mostra il suo «incubatore di imprese» dove svolge funzioni di levatrice: palazzina uffici con servizi in comune per le aziende e quindici piccoli capannoni. Anche Franco Leopardi, 52 anni, ha trovato casa qui. Faceva il rappresentante di computer, adesso progetta sistemi di automazione industriale coordinando come un direttore d'orchestra il lavoro del suo pie- colo brain trust: fisici e ingegneri elettronici, suo figlio e qualche amico, ragazzi di 2225 anni, che vediamo respirare in sintonia con i computer, con la faccia allegra e il cappellino rosso della Ferrari calato sulla fronte con la visiera girata all'indietro, come fa Baggio. «Alla sera - dice Leopardi con orgoglio - bisogna mandarli via perché starebbero sempre qui». E' già pronto il progetto per raddoppiare il Cisi; c'è una fila di pretendenti in attesa. Tre ragazzi di Grottaglie, tornati a casa dopo la laurea al Nord, hanno il piano economico per commercializzare le ceramiche locali attraverso una catena nazionale di negozi in «franchising». C'è uno come Nicola Semeraro, 55 anni, inventore e produttore di palette ecologiche per cani che gli vengono chieste da tutt'Italia e bisognoso di una linea di automazione. C'è il giovane gelatiere Pietro Ungaro, anche lui trentenne, che ha preso in leasing una linea di confezionamento e adesso impacchetta gelati per sei o sette aziende. Quindici imprese, un centinaio di dipendenti. Cosa sono, Ruggeri? «Una goccia nel ma- re, ma anche qualcosa di nuovo nella sclerosi». Il «mare», a Taranto e provincia, sono 63 mila disoccupati su 155 mila occupati. Prospettive? «Bicchieri» in un mare, secondo quanto ci spiega Ludovico Vico, della Cgil. Grazie alla legge di agevolazioni per la reindustrializzazione dell'area siderurgica, arriverà il piemontese Miraglio, grande imprenditore tessile e, en passant, deputato leghista (indipendente): tre stabilimenti, 400 assunzioni con contratti di formazione lavoro, di cui cento periti industriali, tutti al primo impiego e un «patto» col sindacato di pace sociale per tre anni. Poi si farà la «Centrale 3», Edison con la Edf francese, mille meccanici e 5-600 edili per la costruzione; duecento addetti a tempo indeterminato una volta avviata. E poi la «Sural», prodotti in alluminio e cerchioni per auto, proprietà italo-venezuelana, 300 addetti in tutto. Infine piccole e medie industrie con progetti già approvati che alla fine aggiungeranno altri mille e 200 posti di lavoro. Ultimi i Comuni che per «lavori socialmente utili» dal primo giugno assorbiranno gli oltre 2 mila edili in liste di mobilità. E gli altri? La fame di posti è insaziabile. Per i 70 (contratto di un anno) offerti dalla Provincia di Taranto a diplomati per riordinare gli archivi, sono arrivate 17 mila domande. E la maggioranza degli studenti degli istituti tecnici Righi e Pacinotti ha detto di essere disponibile al lavora in fabbrica, nonostante tutto. Siamo all'incrocio di coordinate simboliche. Il grande centro siderurgico privatizzato genera insicurezza. Ma qui vicino, a Melfi, è nato con la Fiat il più moderno stabilimento automobilistico d'Europa. A Bari e dintorni c'è un sistema industriale contraddittorio, ma radicato. Sulle coste tra Brindisi e Lecce i lagunari dell'esercito controllano gli albanesi e i disperati, massa di manodopera concorrenziale. Qui vicino, tra Puglia e Lucania, il geniale Natuzzi si appresta a moltiplicare i suoi dipendenti (più di mille entro breve) dopo aver sfondato con i suoi divani di qualità nel mercato Usa. Nei laboratori tessili della provincia di Brindisi si lavora in condizioni di lavoro nero e semischiavitù. In Tecnopolis, sofisticato laboratorio di innovazioni ideato e guidato a Bari dall'imprenditore bibliofilo Gianfranco Dioguardi, sono nati 350 posti di lavoro che costituiscono il seme per un possibile sviluppo futuribile del sistema Puglia. «Siamo ad un bivio - ci dice il professor Federico Pirro, università di Bari, ideatore della "task force" per l'occupazione -, o la regione diventa un sistema economico in grado di competere nel giro di cinque anni, o si va verso il declino». La situazione è catastrofica: 476 mila iscritti al collocamento, ma il professor Pirro è convinto che il 30-40 per cento si possa «intaccare». Intanto il mito del posto fisso è sfiorito, mentre il concetto di part-time, sia tra gli operai che tra i giovani, è accetta¬ to. La Fireston, un anno fa, ne ha assunti 200 con contratti «weekend» (lavoro sabato e domenica). L'esperimento è andato bene, il mercato tira e tra un po' si replica. «Tra i miei studenti - dice Pirro non vi sono fuori corso e inoltre molti d'estate vanno a lavorare nel turismo in Romagna. I ragazzi hanno fantasia e voglia di fare: molti si adattano a lavori stagionali in Germania; amici di mia figlia, per esempio, fanno i gelatai». Ma uno dei grandi problemi è la catastrofe della pubblica amministrazione: la Regione ha debiti da pagare fino al 2010, la Cassa di Risparmio l'anno scorso ha perso 235 miliardi. L'amministrazione pubblica, invece di spingere, frena. Domenico Pantaleo, segretario della Cgil pugliese, assicura che il sindacato è pronto alla flessibilità («anche se non basta»), ma chiede sviluppo, investimenti, fiducia: «Non si può fraintendere l'attesa legittima di un lavoro qualificato per rifiuto del lavoro». Auchan è sbarcato a Bari e non ha avuto difficoltà ad assumere 900 persone. E Pantaleo fa l'elenco delle aziende che in pochi anni si sono trasferite al Nord, seguite dai lavoratori. Rifiuti? «No, ma non dimentichiamo che per i braccianti di 30 anni fa lasciare la campagna per Torino era anche un'elevazione sociale, per i giovani diplomati è oggi un'avventura senza attrattive: si può essere contenti di trovare un lavoro per un milione e 200 mila al mese quando se ne devono pagare 700 di affitto?». Cesare Martinetti (3. Fine) La fame di posti è insaziabile Si accettano impieghi in semischiavitù Vicino, a Melfi, c'è lo stabilimento della Fiat, il più moderno d'Europa La speranza: aziende in arrivo grazie alle agevolazioni per reindustrializzare l'area siderurgica «Siamo a un bivio o si diventa competitivi entro cinque anni o si va verso il declino» G LE NUOVE FRONTIERE DEL LAVORO primo impiego e un «patto» col sindacato di pace sociale sistema industriale contraddittorio, ma radicato. Sulle to di parttime, sia tra gli operai che tra i giovani, è accetta¬ Nella foto, il ponte girevole simbolo di Taranto