E in serata il Cavaliere cena con l'ideatore dell'accordo di Gustavo Selva

E in serata il Cavaliere cena con l'ideatore dell'accordo E in serata il Cavaliere cena con l'ideatore dell'accordo DEL POLO E ROMA il primo pomeriggio di ieri e Gustavo Selva nel suo eremo alla commissione Affari istituzionali di Montecitorio, centro di smistamento dei vari «azzeccagarbugli» che vogliono evitare i referendum sulle tv senza parlare di tv, giura che l'intesa è cosa fatta. «Sì annuncia l'uomo di Fini - la soluzione è pronta. Un provvedimento di 2 o 3 articoli, non di più. Di fatto si invita il governo e il Parlamento a legiferare entro un anno sul sistema tv e in questo modo si evitano i referendum. Un accordo voluto da tutti e in particolare da quelli che vogliono votare ad ottobre. Che c'entrano le elezioni con i referendum? C'entrano, eccome. Mettiamo il caso che si facciano i referendum e vinca Berlusconi, a quel punto D'Alema potrebbe cambiare idea e non andare al voto in ottobre. Se, invece, Berlusconi fosse sconfitto, potrebbe essere Forza Italia a tentare di andare in primavera e a scegliere la strada di dar vita ad un centro con popolari, Lega e senza la leadership del Cavaliere. Per cui meglio non farli ed evitare tutte queste varianti. Anche perché D'Alema, Fini e lo stesso Berlusconi sanno benissimo che andare avanti con Dini significa dare alle forze di centro il tempo di mettersi insieme e un'eventualità del genere danneggerebbe, in un modo o nell'altro, tutti e tre». Allora tutto chiaro: i referendum sulle tv saranno fatti fuori da ragioni squisitamente politiche, utilizzando quella logica tutta italiana del rinvio di cui il prof. Giuseppe Guarino (altro ex-fanfaniano prestato alla politica com'è di moda oggi) è uno dei massimi esperti. Eh sì, solo un personaggio che gioca on il diritto come lui avrebbe potuto evitare il voto dell'I 1 giugno senza neanche affrontare il nodo delle reti di Berlusconi? «Per adesso - spiega Cesare Previti, che è entusiasta della trovata - non vince nessuno. Non ci sono né vinti, né vincitori». C'è solo il fatto che i leader dei due Poli, quelli del centrodestra (Berlusconi e Fini) e quelli del centrosinistra (D'Alema e Prodi), hanno stipulato per la prima volta un accordo: si misureranno non a giugno nei referendum, ma ad ottobre sulle politiche, e che vinca il migliore. Ovviamente, i più scontenti sono quelli che speravano di modificare l'attuale scenario politico: Umberto Bossi, ad esempio, a cui va stretta l'idea di far parte del centrosinistra («è solo un progetto di spartizione», ha tuonato ieri il senatur); o, ancora, Bertinotti, che dagli schieramenti odier- ni è addirittura emarginato. Solo loro - se ci riusciranno - potranno far saltare questa bozza d'intesa. Mentre probabilmente questa base d'accordo, tutta politica, farà levare alti i lamenti di tutti quei «tecnici», a cominciare dal pidiessino Franco Bassanini, che per giorni si sono scornati sull'argomento del numero delle reti e che hanno capito che è stato tutto tempo perso Quelle questioni torneranno di mo¬ da sicuramente in un domani, ma per l'oggi non sono servite certo ad evitare i referendum. Comunque, proprio perché ci sono tutti questi scontenti non è detto che l'«accordo» passi. Rimane il fatto che per la prima volta grazie alle ambasciate di Letta al Quirinale, a quelle di Previti da Dini, ai contatti di Urbani e di Tatarella con D'Alema, e ai tanti discorsi di Dotti e di Veltroni, le leadership dei due Poli si sono cimentate sul problema di trovare un'intesa sul tragitto da compiere da qui al voto. E le ragioni, com'è comprensibile, hanno travalicato la questione in oggetto, cioè le tv. Bastava fare una passeggiata ieri mattina per il Transatlantico per accorgersene: si è parlato di tutto meno che di tv. «Qui - spiegava Livia Turco - la cosa più importante è andare al voto ad ottobre ed evita- re che il governo Dini possa andare avanti per dare tempo a qualcos'altro di venir fuori». Mentre nei corridoi della Camera, Francesco D'Onofrio, dissertava sui motivi che potrebbero fare da volano all'accordo sui referendum. «Io sono sicuro solo di una cosa - diceva con una punta d'ironia il personaggio che è attratto dall'idea di votare nel '96 -: quelli che stanno facendo l'intesa oggi, sono gli stessi che vogliono votare in autunno, quelli che vogliono mantenere in piedi gli attuali schieramenti fino alle elezioni e non vogliono nessun rimescolamento». Tanti discorsi, insomma, ma nessuno sulle tv. Gli stessi discorsi che probabilmente devono aver fatto presa sul cavaliere che continua ad essere scettico. Berlusconi, comunque, se ne è rimasto in disparte per tutta la giornata: non ha detto né sì, né no. E' stato a vedere come si mettevano le cose. «Io mi sono chiamato fuori» ha spiegato ancora una volta al telefono a metà del pomeriggio di ieri, «per me non c'è né trattativa, né non trattativa. Per me i referendum sono ancora indetti. Se riescono a trovare una soluzione o non la troveranno, si vedrà. Se mi andrebbe bene un accordo? Non so se augurarmelo, ho qui dei sondaggi da cui emerge che andiamo molto forte». In altre parole Berlusconi sta alla finestra: a lui l'idea di evitare i referendum senza per questo ipotecare la soluzione legislativa che si occuperà della ridefinizione del sistema televisivo, può anche andare bene. Ma il cavaliere non ha nessuna voglia di esporsi, prima di capire cosa succede nell'altro campo. Chi l'ha detto, infatti, che D'Alema riuscirà ad imporre la propria leadership a Bossi, a Bianco e a Bertinotti? E, se non è chiaro quello, a che serve scontrarsi prima del tempo con quelli che nel suo campo da Pannella allo stesso Ferrara vorrebbero invece utilizzare un possibile successo nei referendum come trampolino per le politiche? Nel tardo pomeriggio, il cavaliere ha lasciato via dell'Anima per un incontro di quattro ore con i vertici della Banca di Roma. Cesare Geronzi e Pellegrino Capaldo lo hanno ricevuto per una cena insieme all'ex presidente Francesco Cossiga. Il rendez-vous si è svolto nella sede della Banca, dove il leader di Forza Italia è arrivato intorno alle 18,30, accompagnato da Gianni Letta. Ad attenderlo, oltre a presidente ed amministratore delegato dell'Istituto e a Cossiga, c'era proprio lui, l'ideatore dell'intesa, Giuseppe Guarino. Solo discorsi accademici, visto che per ora Berlusconi aspetta di vedere se D'Alema riuscirà a far valere le sue decisioni nell'altro campo. Se ci riuscirà il cammino fino alle elezioni in autunno è segnato. «Vincerebbe - osserva Previti - il buon senso. Se così non fosse, il gioco tornerebbe libero per tutti». Augusto Zinzolini A sinistra: l'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta

Luoghi citati: Bianco, Roma