Salone del libro: una lettera inedita del '58 a Mondadori. Fra tasse e diritti non pagati, l'inferno del romanziere di B. V.
Salone del libro: una lettera inedita del '58 a Mondadori. Fra tasse e diritti non pagati, l'inferno del romanziere Salone del libro: una lettera inedita del '58 a Mondadori. Fra tasse e diritti non pagati, l'inferno del romanziere h » tIEL 1958 Hemingway viveva al sole di Cuba, mi malandato dall'età e dai postumi di un brutto 11] incidente aereo. Passeggiava (come lo descrive I Fernanda Pivano nel suo intenso ritratto in 1 11 Amiri Scrittori, Mondadori) con un paio di vecchie brache corte sorrette da uno spago, una spumosa barba bianca, logori sandali. La sera si sedeva in poltrona, attorniato da cani e gatti, e organizzava quel poco che gli restava da vivere (morì nel '61). La lettera sgorgata dagli archivi Mondadori (che pubblichiamo qui sotto) fa luce su uno dei maggiori dispiaceri che Hollywood gli dette. La seconda, sfortunata, versione cinematografica di Addio alle armi. Con Alberto Mondadori, lo scrittore è molto diplomatico: non insulta l'odiato Selznick per il trattamento del romanzo come fa in missive più confidenziali. A Wallace Meyer, per esempio, scrive che quel «bastardo» di Selznick gli ha «sabotato» il libro, trasformandolo in una storia d'amore con la complicità di Ben Hecht, scacciando Huston perché «non lo ritiene bravo». In realtà la sfortunata storia del film è un po' diversa. Huston (cinque mogli e sessanta film sulle spalle) era un regista di talento ma anche scorbutico e fiero. Arrivò in Italia il 18 marzo '57, girò con un migliaio di comparse (tra cui i militanti di «Gladio») alcune scene e se ne andò quattro giorni dopo sbattendo la porta, lasciando su due piedi Selznick, autentico padre-padrone dei set. Il produttore (che aveva inventato Via col vento) volle controllare la sceneggiatura, la fece riscrivere nove volte al povero Ben Hecht, non badò a spese lrtsPseddbrt i mato e ha raccolto giudizi entusiastici all'anteprima. Leland Hayward, il produttore, è molto ottimista e contentissimo. Lo faranno circolare a settembre, credo. Spero che sarà un bel film. Hanno speso così tanti soldi per girarlo che non riesco a capire come riusciranno mai a realizzare dei profitti; se si fosse organizzato meglio il lavoro sarebbe potuto costare molto meno. Ci ho messo tutta l'anima nella parte della pesca, ma di questo ti parlerò un'altra volta. Ho lavorato moltissimo e bene e speravo di aver definito temi e date per il prossimo libro ma ho [ dovuto interromperlo per compilare questa roba della dichiarazione dei redditi. In realtà avrei preferito non avere redditi dall'Italia piuttosto di questo cumulo di soldi Einaudi, che tra l'altro non posso incassare, e dover usare il buon denaro Mondadori per pagare le tasse e pagarci sopra le tasse. Quasi quasi avrei preferito che tu ti fossi tenuto i soldi e che li avessi dati sotto forma di premi a un po' di scrittori italiani. Ancora una cosa, Alberto: quando mi scriverai puoi farmi una stima ufficiale del valore di questi 5 milioni in azioni dell'Einaudi che loro mi hanno dato invece del contante? Qualcuna di queste azioni è già stata venduta? Qual è il loro valore di mercato? Ho sentito dire che sono carta straccia. Altri invece mi hanno detto che valgono un decimo del loro valore. Sarebbe stato meglio se avessero fatto bancarotta, dal momento che non hanno mai pagato, così si sarebbe potuto mettere una nuova copertina ai miei libri, venderteli, e finalmente ricevere i diritti d'autore che mi spettano. Quelli dell'Einaudi non riesco proprio a capirli, continuano a pubblicare libri e non pagano mai i loro scrittori. Spero di scriverti presto del mio nuovo libro. Mary comincerà a battere a macchina la prima versione non appena sarà finita questa faccenda della dichiarazione delle tasse. I miei migliori saluti a tuo padre, i migliori auguri per un buon anno, e tanti saluti a Virginia e ai tuoi. Ernest Hemingway f>u] TORINO ONO una miniera di inform mazioni (come la lettera di i j Hemingway), di frammenti hJj fondamentali per scrivere la storia della nostra cultura. Ma rischiano di andare smarriti nei traslochi, nelle chiusure, nelle fusioni societarie, nei bilanci crudeli. Per «sensibilizzare» istituzioni e studiosi sul destino degli Archivi editoriali, la Fondazione Mondadori organizza domani al Salone del Libro un incontro in Sala Dublino. Partecipano Giancarlo Ferretti, Gabriele Turi, Giorgio Pinotti, Fabio Gambaro, Paola Canicci, Lucio Felici. Mentre molto materiale di piccole case editrici è andato irrimediabilmente smarrito, ci sono due importanti eccezioni che possono costituire un modello. L'archivio della Giunti, memoria storica di oltre un secolo di stampe, con il prezioso materiale della Barbèra e della Bemporad. E poi, l'archivio Mondadori, con i suoi 8000 fascicoli intestati ai vari autori (da Buzzati a Calvino, da Joyce a Montale, da Sartre a Simenon), e oltre ottant'anni di storia editoriale, che permette di ricostruire aspetti ignorati sulla biografia degli autori, delle relazioni con gli editori, del rapporto col pubblico. Intorno a questo nucleo storico si sono poi affiancati negli anni i preziosissimi archivi di Sereni, Gianna Manzini, Lavinia Mazzucchetti, Ervino Pocar, e quello di Giuseppe Bottai (di cui la Fondazione pubblicherà i Diari giovanili). Dall'87, l'Archivio è aperto al pubblico; il prossimo anno si trasferirà a Mantova nell'antico Palazzo del Macello. Ma che cosa può venir fuori dalla sterminata minutaglia, dalle bozze, dalle lettere di quotidiana amministrazione? Materiali per riscrivere non solo percorsi filologici di alcuni testi, bensì la stessa vicenda umana degli autori. Basta sfogliare alcuni volumi usciti recentemente dall'attento studio archivistico per rendersene conto. Per esempio, Non c'è tutto nei romanzi (a cura di Pietro Albonetti, edito dalla Fondazione Mondadori) coi «pareri» editoriali di Segrete, o Casa Einaudi di Gabriele Turi (Il Mulino). Alcune ricerche, come quelle svolte da Giorgio Pinotti sulle carte «ancillari» di Gadda conservate presso Garzanti, consentono addirittura di «riscrivere» un'opera come Eros e Priapo, che dapprima il gran lombardo volle consegnare all'oblio (scandalizzato dalla sua propria crudezza), che poi purgò di scabrosità, e che quindi fu infiorettata di tagli e errori da qualche estensore. [b. v.]
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