I Juppé-boys di E. On.

I Juppé-boys I Juppé-boys Salvati cinque balladurìani PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Governo donna. Le tre presenze femminili dell'esecutivo Balladur quadruplicano nella compagine ministeriale che ieri pomeriggio neppure 24 ore dopo l'incarico ha presentato il neo-premier Alain Juppé: ben 12 su 43 fra ministri e sottosegretari. Un record non solo per la V Repubblica. E tuttavia eccezion fatta per la Sanità (Elisabeth Hubert, medico trentottenne nonché chiracchiana d'assalto) i ministeri-chiave rimangono appannaggio maschile. Piccola delusione. Ma non è l'unica. A esaminare la lista di nomi e incarichi, sorprende il dosaggio bizantino tra correnti, formazioni politiche, sostenitori di vecchia e fresca data. Il «changement» promesso da Chirac alla Francia sembra disatteso proprio là ove si attendeva un'iniziativa simbolica, forte, coraggiosa. Si direbbe invece che Juppé - o meglio lo stesso Presidente, vero regista occulto delle nomine - abbia scambiato la nuova «squadra» governativa per un'agenzia di collocamento in cui piazzare gli amici e qualche ex avversario (i 5 balladurìani superstiti) il cui sostegno fornirà al Paese un'effimera immagine di compattezza ritrovata. Bisognava, infine, non scontentare Giscard (il suo pupillo Hervé de Charette va agli Esteri) e Raymond Barre. Missione compiuta. Ma è strategia all'insegna del compromesso, tesa a premiare la fedeltà sul talento, l'equilibrio sullo slancio. Gli Juppé Boys vengono insomma alla luce con un piccolo-grande Peccato Originale da farsi perdonare. Nessun vero «esterno», ancor meno ((tecnici». «E' un governo di apparatnik» commenta, ingeneroso, Jean-Marie Le Pen. Egualmente duri i socialisti. La prima impressione potrebbe nondimeno essere ingannevole. La Francia aspetta fatti, non parole od organigrammi: e sin dal primo Consiglio dei ministri numero 1 - domani mattina - Juppé promette un'offensiva a passo di carica contro disoccupazione, squilibri, emergenze sociali. Pletorico, il nuovo governo lo è davvero. Eppure pareva non dovesse superare i 30 membri, garanzia di agilità ed efficacia. Conoscerà in compenso un'inedita «democrazia orizzontale». Spariscono i «ministri di Stato» (erano 4 con Balladur), il cui ruolo oligarchico gerarchizzava troppo - ben 4 livelli, 5 se aggiungiamo il Presidente - il Consiglio. Non solo. Gli Interni, feudo sinora di uno Charles Pasqua che malgrado la tardiva autocritica paga con il mancato rinnovo le simpatie balladuriane e qualche polemica di troppo verso Juppé, perdono la ((programmazione territoriale». Li reggerà Jean-Louis Debré. Nessuna omonimia: è proprio il figlio di Michel, mitico premier del Generale. E altri rampolli illustri figurano nell'elenco, a riprova che in Francia la politica è volentieri mestiere Ereditario. Nei dicasteri «sociali», conformemente al Verbo innovativo chiracchiano, ima mini-rivoluzione. Al ministero della Città - in cui eccelse Bernard Tapie - subentra la formula «Integrazione e lotta contro l'emarginazione». Ma l'obiettivo rimane il medesimo: curare le banlieue malate. Anche la «Solidarietà intergenerazionale» costituisce una première. «Le mie competenze ministeriali? Occuparmi della vita», spiega Colette Codaccioni, la titolare. L'ex bunker di Simone Veil (altra esclusa di rango) - i ciclopici Affari Sociali - viene spartito in 4. Ma l'Economia (Alain Madelin) recupera il Bilancio. La «tecnostruttura», quell'autocrazia amministrativa che Chirac demonizzò a lungo in campagna elettorale, ne esce indebolita, ma sopravvive. Charles Millon eredita la Difesa e Frangois Bayrou salva la poltrona all'Education Nationale. Altro «ripescato», in un governo d'età media 48 anni che ha nel ventinovenne portavoce Frangois Baroin la sua mascotte, Jacques Toubon. Già ministro della Cultura, ieri era a Cannes per il Festival. Gli hanno dato la Giustizia: addio Croisette. [e. on.]

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