Rifondazione si spacca ancora

Rifondanone si spacca ancora Rifondanone si spacca ancora E si delinea un nuovo gruppo a Montecitorio ROMA. Bertinotti stravince, ma Rifondazione si spacca. E, questa volta, forse in maniera irreparabile. La direzione del partito ha riconfermato ieri la fiducia nella linea del segretario approvando con 29 sì, 9 voti contrari e una astensione, quella di Antonino Cuffaro, un documento che appoggia la proposta di fare ostruzionismo sulla riforma delle pensioni e di proporre un accordo elettorale con il centro-sinistra per le elezioni politiche. Speculare il voto sul documento della minoranza che ha ottenuto 9 sì, 29 contrari e l'astensione di Cuffaro. Ora le possibilità di un accordo che ricomponga la frattura interna sono praticamente ridotte al nulla. Per oggi è prevista una riunione dei gruppi di Camera e Senato e sono in molti ad ipotizzare la creazione in tempi brevi di un nuovo gruppo parlamentare a Montecitorio cui daranno vita i «dissidenti» di Rifondazione insieme ad altri deputati della sinistra («il nome del gruppo conterrà le parole "unità, comunista e progressista..." dicono gli uomini della dissidenza comunista). Sui numeri riguardanti la consistenza parlamentare dei «dissidenti» esistono, naturalmente, due versioni. Per gli uomini della ' maggioranza se ne andrebbero 10-11aeputati; gli altri assicurano che sui 17 che votarono il governo Dini ci sono solo «tre o quattro ancora incerti sull'andarsene o no». Il cuore dello scontro, come hanno dimostrato le due mozioni votate ieri nella direzione, è la riforma delle pensioni e di conseguenza il rapporto con il centro-sinistra. Bertinotti ha confermato l'ostruzionismo parlamentare «contro una vera e propria controriforma»; la minoranza di Garavini, Crucianelli, Pettinari, Magri, Sciacca, Vignali e altri, di fatto, ha annunciato che non farà l'ostruzionismo e opterà per un'azione «fortemente emendativa» del testo approvato da governo e sindacati. Ad aggravare le tensioni c'è anche la denuncia, da parte della minoranza, di «misure aniministrative di emargi¬ nazione politica» e le accuse a Cossutta di aver pronunciato insulti nei loro confronti. Nel gruppo dirigente di Rifondazione comunista c'è la convizione che la stragrande maggioranza del partito sia in linea con il vertice. «Noi rispettiamo la piattaforma della minoranza, ma ci pare di poter dire che il successo elettorale e la simpatia di cui godiamo ci confermi, in modo molto determinato, che dobbiamo andare avanti sulle nostre scelte», dice Bertinotti che minimizza le critiche dei «dissidenti» per le sostituzioni di dirigenti locali «fuori linea». Conseguente alle pensioni (che Bertinotti considera una sorta di «madre di tutte le battaglie») si rovescia sul prc la questione delle alleanze e del governo. Se la minoranza chiede coerenza nei comportamenti politici per giungere ad una alleanza con il centro-sinistra e invita a non lasciare cadere «l'ipotesi federativa delle sinistre», la maggioranza tende ad un accordo politico-elettorale che, per il futuro, in caso di vittoria, consenta a Rifondazione di non avere vincoli rispetto all'esecutivo. «Se vinceremo insieme a Prodi? In Italia, per fortuna, non c'è il presidenzialismo - osserva Bertinotti - non si può stabilire la durata di un governo. Un governo dura a seconda delle capacità che ha di risolvere i problemi del Paese». ir. i.l

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