La papessa

La papessa La papessa Jeanne Moreau guida la giuria CANNES. Come una papessa o una sovrana, tutta vestita da Yves Saint Laurent, icona d'un cinema che (da Truffaut a Fassbinder, da Orson Welles a Bunuel, a Joseph Losey) non c'è più, al suo arrivo Jeanne Moreau ha benevolmente accolto l'omaggio del personale d'albergo, ha accettato gli applausi con un cenno del capo nobilmente grazioso, con gravità e impegno ha fatto una sua dichiarazione d'intenti. Presiede la giuria per la seconda volta: la prima fu vent'anni fa, nel 1975. Dice di voler assolvere il suo compito «con assoluta integrità», di non voler influenzare i giurati ma creare un'atmosfera d'intesa; dice d'essere contenta che certi film da lei molto sostenuti nelle sue vesti di presidente della Commission des avances sur recettes siano arrivati a Cannes, a esempio «La cité des enfants perdus» che inaugura stasera il festival. «E' una bellissima occasione per vedere cinema, per verificare la sovrabbondanza di media internazionali, per riflettere e discutere in gruppo, anche per constatare quanto sia piacevole il privilegio della notorietà: e se il pubblico ti conosce, magari ti ammira, hai il dovere d'offrirgli la migliore immagine possibile di te stessa». Ha sessantasette anni. Cannes è una pausa, presto ricomincia a lavorare: interpreta a New York «La padrona», secondo film diretto dal produttore indiano dei film di Ivory, Ismail Merchant. Cannes le ha già dato una delusione: aveva chiesto che tra i giurati fosse pari il numero delle donne e degli uomini, glielo avevano promesso, ma alla fine non è andata così, le donne sono in minoranza. La giuria è infatti composta, oltre che dalla presidentessa Jeanne Moreau, da Gianni Amelio, regista italiano; Jean-Claude Brialy, attore francese; Emilio Garcia Riera, storico e critico di cinema messicano; Nadine Gordimer, scrittrice sudafricana; Gaston Kaboré, regista del Burkina Faso; Philippe Rousselot, di• rettore della fotografia francese; John Waters, regista americano; Maria Zvereva, sceneggiatrice russa. generazione ha capovolto quest'abitudine», constata il vicepresidente della Paramount Barry I. Lindon. Ovunque il fenomeno investe pure altri campi della cultura: anche in Europa, anche in Italia, le persone mature o anziane da tempo non corrispondono più al luogo comune dei pensionati in panchina, vanno dappertutto, vogliono vedere tutto, mostre d'arte, concerti, spettacoli teatrali, nuovi Paesi stranieri, nuovi film. Le «adult audiences» chiedono un cinema non più elementare, non realizzato per gusti tredicenni, e le società di produzione americane provvedono ad appagare la domanda del mercato mutato: persino la Disney ha cominciato a produrre film per il pubblico cresciuto. E chissà se la tendenza c'entra col fatto che almeno due film del quarantottesimo festival di Cannes (di Tim Burton e di Jim Jarmush, autori sensibilissimi al cambiamento) sono girati con le ombre e le luci nostalgiche, patetiche, splendenti del bianco e nero. [s.n.l

Luoghi citati: Burkina Faso, Cannes, Europa, Italia, New York