Caselli un procuratore in trincea
Caselli/ un procuratore in trincea Caselli/ un procuratore in trincea Vita di un giudice fra terrorismo e mafia quando molti parlavano di una Beresina di Cosa nostra, era rimasto sereno, i piedi ben piantati a terra. «Non parlerei di disfatta delle cosche, aveva detto. Perché l'organizzazione criminale mafia, in particolare Cosa nostra, ha un radicamento, una diffusione, un'articolazione, un intreccio tali, e con tutta una serie di interessi, che anche i successi indiscutibili, importanti degli ultimi tempi, per quanto importanti ed eccezionali, non sono certamente sufficienti a giustificare la parola disfatta» In ogni modo il pool aveva ripreso a funzionare. Il procuratore ci teneva. Voleva dimostrare continuità fra il lavoro della sua squadra e quello di Falcone e Anche Tommaso Buscetta applaudì alla sua nomina: «Ora in quegli uffici c'è di nuovo un uomo» Borsellino. In procura le riunioni si susseguivano, si raccoglievano testimonianze. Da anni Buscetta parlava: davanti alla Commissione antimafia aveva già raccontalo di Riina, dei cugini Nino e Ignazio Salvo, gran gabellieri di Sicilia e uomini d'onore; di Lima e del suo anonimo «referente romano». Ma solo più tardi avrebbe fatto il nome di An- dreotti. L'omicidio dell'eurodeputato, secondo lui, era stalo deciso perché doveva indebolire la posizione del senatore. «Uccidere Lima, serviva a denigrarlo». Caselli aveva preparato con cura quel suo incontro con l'ex «boss dei due mondi».... Quando era entrato nella villetta anonima della East Coast, si era trovato in una stanza in penombra, arredata con mobili in serie. Buscetta era già lì e lui gli aveva teso la mano. «Signor procuratore, l'aspettavo».... Buscetta era stato di parola. Aveva parlato a lungo, con quel suo tono pacato, inconfondibile, senza cercare frasi suggestive, o dare l'impressione di voler vendere qualcosa. Spesso il procuratore lo fissava negli occhi e lui fissava il procuratore. Sì, era proprio Giulio Andreotti quell'«entità» cui non aveva mai dato un nome nelle tante re di Palermo si siede Belzebù. Il senatore avverte il rischio, ma pensa di essere ancora in grado di controllare la situazione e con quell'ironia che pare inossidabile, commenta: «Mi hanno imputato tutto, tranne le guerre puniche perché ero troppo giovane». Ma le accuse si sono moltiplicate tutte pesanti. Hanno detto che sarebbe lui l'ispiratore del sequestro e dell'omicidio di Aldo Moro, dell'omicidio del giornalista Mino Pecorelli, dell'assassinio del prefetto Dalla Chiesa. La domanda di deposizioni. Quando la procura decide di accusare Belzebù, però, salta fuori una nuova testimonianza. E credibile. Richard Martin, un funzionario dell'Fbi, rivela: «Nel 1985, Buscetta mi confidò: "Per farle capire le difficoltà che ho, le dico solo un nome, Giulio Andreotti"». L'americano racconta di aver fatto anche rapporto ai suoi superiori e il «divo Giulio» replica: «Perché, allora, il presidente Bush continuava a coccolarmi?». Il primo luglio '93, poco prima di morire, un'altra stoccata era giunta da Franco Evangelisti: «Lima mi disse che Buscetta era un suo amico». Andreotti, stavolta perfido: «Era Evangelisti che andava in vacanza con Lima. Io no». Anche Mannoia aveva reso una testimonianza robusta: il racconto di venticinque omicidi. I due verbali riempivano decine di pagine. Come sempre Caselli era stato pignolo nella verbalizzazione. Quando qualcosa non gli era chiaro, chiedeva, e aveva letto e riletto le carte. Allora, accuse decisive? «Bugie, fandonie, manipolazioni, frottole», tuona Edoardo Ascari, difensore di Andreotti. «Come leggere Le avventure del Barone di Mùnchhausen. Datemi uno straccio di prova, sennò facciamo chiacchiere per vent'anni» Mesi dopo, di fronte al procurato¬ Il pentito Di Maggio gli raccontò: «Lima e Andreotti mai presentati come uomini d'onore. Il bacio con Riina? Segno di rispetto reciproco» autorizzazione a procedere, «contro il senatore Giulio Andreotti», era giunta a Roma sabato 27 marzo 1993. Duecentoquarantasei pagine di deposizioni, valutazioni, chiose, addebiti. Dalla procura palermitana. Caselli e i suoi sostituti sottolineano come l'ex presidente del Consiglio sia sospettato di concorso in un'associazione per delinquere 1
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