Tv Forza Italia scopre le carte

«Due reti per ogni azienda, fino a sette poli televisivi». Napolitano: niente commenti, valuteremo «Due reti per ogni azienda, fino a sette poli televisivi». Napolitano: niente commenti, valuteremo Tv, Forza Italia scopre le carte Dotti: così possiamo evitare i referendum ROMA. Tra gli stucchi barocchi della sala della Regina, da mesi si gira a vuoto in attesa che Forza Italia cali le sue carte e così, alle sei della sera quando Vittorio Dotti chiede la parola, il grande momento sembra arrivato. E così è: l'elegantissimo avvocato-capogruppo di Berlusconi ha finalmente «calato» la proposta di Forza Italia sul riassetto del sistema televisivo. Può essere un momento importante, può essere la scintilla per accendere la famosa trattativa e Giorgio Napolitano, presidente della commissione «antitrust» non si lascia sfuggire l'occasione. E dà questo consiglio ai membri della commissione: «Vi chiedo di non fare commenti con i giornalisti sulle proposte qui presentate, vi chiedo una valutazione collegiale». Quella presentata da Vittorio Dotti ieri sera nella commissione Napolitano è una proposta molto complessa, da sviscerare al microscopio ma che nella sostanza, fa scendere da tre a due il numero massimo consentito di reti «generaliste» e fa salire i possibili poli televisivi dai due attuali fino a sette. Giorgio Napolitano ha messo la sordina ai commenti, eppure ecco la sorpresa: nelle prime reazioni sussurrate la sinistra non cala la mannaia sul progetto-Dotti e anzi, dietro le quinte - lasciano capire i trattativisti di casa Fininvest - sono ripresi gli incontri per disinnescare la miccia- referendum. E infatti Vittorio Dotti, lasciando la commissione, lancia l'esca: «La nostra proposta ha in sé anche la possibilità per evitare i referendum. Certamente occorre che in tempi brevi ci sia una convergenza...». Il filo tra Arcore e Botteghe Oscure è esile, ma non si è spezzato e nelle prossime ore la diplomazia segreta darà fondo a tutte le residue risorse per trovare un escamotage. Ecco Franco Bassanini, della segreteria del pds: «Resta l'impegno preso con Napolitano a non fare commenti. Una cosa però si può dire: è un fatto positivo che ci sia una proposta scritta da parte di Forza Italia. Il nostro sembrava un dialogo con un muro, la proposta l'abbiamo attesa per mesi e ora c'è. E c'è un altro elemen¬ IH ONDA PERSOLE DUE SETTIMANE b oiusi-o-itsu & ...-v.il a CROMA ONTINUIAMO così, facciamoci del male». (Nanni Moretti). Centrosinistra al ralenti, contro il logorio della vita moderna. Lo spot del «Sì» andrà in onda solo nelle ultime due settimane, per di più in versione ridotta, consegnando l'etere alle scorribande dei berluscones. Motivazione pratica: mancano i soldi, nonostante i miracoli e gli episodi da libro «Cuore» (vecchine che consegnano la pensione) della sottoscrizione popolare lanciata da Umberto Eco e corroborata ieri da un generoso assegno di Eugenio Scalfari. Motivazione politica: «par condicio» alla mano, D'Alema e alleati erano sicuri che lo spot sui tele-referendum non sarebbe stato necessario, perché vietato. La sentenza della Corte Costituzionale e il successivo regolamento del Garante «ci hanno colto in contropiede», ammette amaramente il pidiessino Vincenzo Vita. E adesso bisogna rimediare: in fretta e con poche lire. Mentre i padroni di casa del «No», le tasche rigonfie L'ASSE DEI DUE PRESIDENTI elettorali, l'ha segnata a penna con tratto sicuro, e ne ha informato ieri mattina il vertice del suo partito. Prima di avviarsi, nel pomeriggio, a Palazzo Chigi, nella sua qualità di capo della maggioranza, per prendere accordi con il capo del governo che di qui a poco dovrebbe lasciare. In passato, si sa, quando i segretari dei due principali partiti, di maggioranza e di opposizione, raggiungevano l'intesa, le elezioni anticipate erano cosa fatta. Ora, più o meno, con i dovuti adeguamenti, il quadro è lo stesso. Ma dunque, cosa ha spinto il Capo dello Stato ad avanzare una proposta che ha così scarse probabilità di essere accolta? C'è chi dice che Scalfaro, comeleader emerito della Prima Repubblica, non ha alcun interesse ad accelerare il cammino verso la Seconda. E' possibile. Ma la sensazione è un'altra. Il Presidente della Repubblica non ha affatto ragionato di dobloni, hanno da tempo pianificato la loro strategia sulle reti Fininvest, lo spot dei centrosinistri è ancora nella testa dei pubblicitari, dei politici e di quella via di mezzo che è Diego Masi, slogan di battaglia «Ferocemente Democratico». Stamattina ci sarà anche lui, il pattista sconfitto in Lombardia da For¬ sulle convenienze dei partiti, delle squadre e dei candidati che continuano a sfidarsi a un'estrema rivincita. Piuttosto, le sue valutazioni, le ha fatte seguendo un altro ordine di valori. Al primo posto, c'è da giurarci, ha messo Dini e il suo governo. Un governo nato fragile, con compiti assai limitati e una rotta segnata dalle tempeste. Ma che a poco a poco s'è imposto per la forza dei risultati conseguiti, dall'emergenza economica, al difficile arbitraggio di una prova elettorale spinta allo spasimo, all'accordo sulle pensioni e alla ripresa della lira su cui nessuno, fino a un mese fa, avrebbe scommesso un soldo. Senza dire del clima più disteso, promesso a parole, e mai garantito, da tutti i partiti. E poi ottenuto egualmente, con ostinazione, dal presidente del Consiglio: grazie al t|uale anche un «caso» delicato, l'ennesimo, come quello del ministro Mancuso, si stempera e viene ricondotto alla ragione. Eppure, paradossalmente, è proprio il successo di Dini e dei tecnici a metter fretta ai politici. L'«anomalia- e accettabile, per loro, to importante: da parte di Forza Italia per la prima volta si accetta il principio che servano leggi antitrust...». Così per cominciare non c'è male e anche il verde Mauro Paissan non accende sabito il semaforo rosso: «Finalmente Forza Italia ha avanzato qualche proposta ed esamineremo il testo di Dotti con attenzione, anche perché per la prima volta pone dei limiti antitrust, anche se in modi e in tempi che, ad una prima lettura, paiono non risolutivi». Semmai la sorpresa è un'altra: mentre la sinistra è cauta, chi fa ironie sulla proposta-Dotti (naturalmente elaborata con la supervisione di Berlusconi) sono gli alleati del Cavaliere: «Mi sembra una proposta molto complicata, un po' da azzeccagarbugli», dice Alfredo migoni, alla riunione vagamente carbonara convocata dai prodoveltronici chez Andreatta, cioè negli uffici dell'Arel, l'istituto che da tre mesi ospita gli incontri riservati dell'Ulivo. Ordine del giorno: decidere, una buona volta, che spot fare e quando mandarlo in onda. Scartata l'ipotesi dello «spot d'auto- solo se è temporanea; e sono guai, invece, se la gente comincia ad abituarcisi, e a gradirla. D'altra parte, non c'è dubbio: la figura di questo manovratore, che va avanti imperturbabile, è incompatibile col ritmo attuale della politica, quella politica italiana ridotta così male, che ogni sera consuma impassibile il suo declino in tv. E tuttavia, così come il Paese si ritrova nel nuovo clima, e comincia a trarne benefìci, anche i partiti dovrebbero riflettere attentamente. Se davvero hanno a cuore, come dicono, il completamento di un sistema di regole, per poi potersi confrontare laicamente, - non selvaggiamente -, davanti ai cittadini, questa potrebbe essere un'occasione. Non stupisce che qualcuno Bianco, Casini, Dossi, forse lo stesso Fini - cominci a capirlo. Ne meraviglia che Scalfaro abbia avanzato la proposta di risolvere in Parlamento le questioni sollevate con i referendum e far slittare il voto a un altr'anno. E' del tutto logico, anzi è addirittura conseguente. Marcello Sorgi re», cioè firmato da uno dei tanti registi che hanno aderito «entusiasticamente» all'appello del «Sì». Verranno buoni più avanti, soprattutto per le tribune politiche. Perché l'idea più originale dei centrosinistri, che sa di Veltroni lontano un miglio, è di affidare gli spazi «istituzionali» a personaggi dello spettacolo. L'antipasto ieri, quando al primo dibattito sui referendum in Rai, quelli del «Sì» non hanno inviato un politico o un sindacalista (come invece ha fatto .il Polo), ma il regista romano di film in costume Luigi Magni. Intanto si lavora al colpaccio finale: affidare a Benigni e Beppe Grillo, anziché a Prodi e D'Alema, l'appello conclusivo agli elettori a reti unificate. Lo spot, dunque. Sarà affidato a un normale regista di «trentasecondi» pubblicitari. La sceneggiatura verrà esaminata stamattina all'Arel - sequenza per sequenza - dai vari esperti di partito (Vita, Masi, Giulietti, Silvia Costa): ci sarà anche un inviato della Lega e l'intero comitato del «Sì». Il contenuto Meocci del Ccd, mentre Francesco Storace (An) se la cava così: «Di proposte complicate c'è già quella dei progressisti. Comunque, aspetto di leggerla...». Chi non ci va leggero sono i leghisti: «Si tratta di una trappola ben congegnata - sferza Luca Leoni Orsenigo, in barba alle raccomandazioni di Napolitano - che cerca di far restare tutto come prima. In ogni caso non risponde in alcun modo ai quesiti referendari e quindi non serve a niente». In realtà la proposta presentata da Dotti, per quanto complessa e vaga sui tempi di attuazione, cerca di offrire un quadro normativo nuovo al caos dell'etere. In casa Fininvest si è studiata una normativa antitrust non più basata sul numero delle reti, ma su un meccani¬ Volti noti per il Sì. A sinistra, Beppe Grillo. A destra, Umberto Eco e Roberto Benigni : ci smo (la «capacità di ricezione complessiva») che prenda in esame le quote di audience del mercato multimediale nazionale e privato. Nessuna impresa può occupare da sola (o con altre) una quota eccedente il 20 per cento della capacità di ricezione complessiva delle emittenti radiofoniche e televisive in ambito nazionale. Fermi restando questi limiti un'impresa può operare con non più di due reti. Le concessioni possono essere rilasciate solo a società in cui nessuno dei soci controlli più del 49 per cento e chi controlla più del 25 per cento di una concessione nazionale, può partecipare solo ad altre due imprese nazionali, ma con una quota inferiore al 25. Il garante Giuseppe Santaniello

Luoghi citati: Arcore, Lombardia, Roma