le tre promesse di Menem

le tre promesse di Menem Un trionfo (49% dei voti) la vittoria del presidente argentino le tre promesse di Menem Lavoro, desaparecidos, Malvinas BUENOS AIRES. L'Argentina ha confermato presidente Carlos Menem con oltre il 49 per cento dei voti, avallando la politica neoliberista introdotta dal leader del partito giustizialista (peronista) nel 1989, e rendendo inutile il ricorso al ballottaggio - il quorum era del 45 per cento. Un Menem raggiante ha subito dichiarato dalla Casa Rosada di voler dimezzare («polverizzare», ha detto) entro due anni il tasso di disoccupazione dal 12 al 6%, attraverso un programma di investimenti per 88 miliardi di dollari, e si è impegnato ad aprire gli archivi di polizia ed esercito sulle migliaia di «desaparecidos», gli oppositori politici scomparsi nel nulla all'epoca della dittatura militare. Menem ha anche dichiarato di voler «recuperare pacificamente» la sovranità argentina sulle Falkland-Malvinas, l'arcipelago australe per il cui possesso Argentina e Gran Bretagna combatterono nel 1982 una breve guerra che segnò la fine del regime militare argentino (1976-83). E questo ha subito provocato una reazione da Londra. «La sovranità britannica sulle Falkland è fuori di dubbio e non è negoziabile», ha comunicato il Foreign Office, in quanto «gli abitanti delle Falkland hanno il diritto all'autodeterminazione e hanno messo molte volte in chiaro che vogliono rimanere britannici». Menem ha anche confermato la parità peso-dollaro introdotta dal ministro dell'Economia Domingo Cavallo, il quale ha definito il risultato elettorale «prevedibile, perché la gente è soddisfatta». Il presidente ha dedicato la sua vittoria al figlio recentemente scomparso Carlos Junior Menem, morto in un incidente d'elicottero nel marzo scorso nella provincia di Buenos Aires. Fra i primi a congratularsi per la rielezione è stato il ministro degli Esteri italiano Susanna Agnelli, a Lisbona per la riu¬ nione dell'Ueo: «Sono felice - ha detto - per Menem e per l'Argentina». Quanto a Menem, ha così commentato il trionfo: «Mi è sempre piaciuto vincere. Non conosco l'amaro sapore della sconfitta». Salutato da una folla di decine di migliaia di peronisti riunitisi a Plaza de Mayo con i tradizionali tamburi e le bandiere a bande azzurro bianco azzurro, il presidente ha distanziato di oltre 18 punti l'antagonista José Octavio Bordón, un ex peronista dissidente che guidava un cartello elettorale di centro-sinistra. Bordón, 49 anni, ha riconosciuto la vittoria di Menem cinque ore dopo la chiusura dei seggi. L'antagonista numero uno di Menem, la cui campagna elettorale è costata un decimo di quella dei giustizialisti, ha comunque ottenuto un lusinghiero 31 per cento (sette milioni di voti in assoluto). Più amaro il calice della sconfitta per Horacio Massac- cesi, candidato dell'Unione civica radicale (Ucr), tradizionale antagonista dei peronisti, che si è dovuto accontentare del 16 per cento dei voti. Gli elettori argentini (ha votato il 70 per cento dei 22 milioni di aventi diritto) hanno anche eletto 130 dei 257 parlamentari della Camera dei deputati - dove il partito di Menem dovrebbe ottenere la maggioranza assoluta -, 14 governatori provinciali e migliaia di amministratori locali. Nato il 2 luglio del 1930 nella provincia nordorentale di La Rioja da una famiglia siriana, già ammiratore del generale Juan Domingo Perón e del dittatore paraguayano Alfredo Stroessner, Menem fu confinato dal 1976 al 1983 nella remota località di Las Lomitas sotto la dittatura militare prima di essere eletto alla presidenza il 14 maggio 1989. Durante il primo mandato, l'economia argentina è cresciuta del 34,4 per cento. [AdnKronos-Ansal Il presidente argentino Carlos Menem con il suo vice Carlos Ruckauf alla conferenza stampa dopo la vittoria (FOTO ANSA]

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