Hemingway-Fitzgerald, amicizia e rissa

Hemingway-Fitzgerald, amicizia e rissa I rapporti contrastati dei due grandi scrittori in un libro che appassiona Londra Hemingway-Fitzgerald, amicizia e rissa Scherzi, improperi, insolenze: una spina l'uno per l'altro LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Più che «pericolosa», come la definisce Matthew Bruccoli, quell'amicizia era impossibile. Eppure durò a lungo, fra alti e bassi e nonostante le apparenti incomprensioni e le evidenti incompatibilità. Ernest Herningway nella parte del gradasso ingrato, pronto a punzecchiare e in qualche caso a diffamare gratuitamente. Francis Scott Fitzgerald, dall'abisso della sua esistenza perduta, incapace di reagire con la dovuta fermezza ma anche di troncare un'amicizia inaridita e inacidita dagli anni. Ma per pericolosa o impossibile che fosse, l'amicizia fra i due scrittori si dimostrò più salda o duratura di quanto le apparenze potessero far presagire. Quello che Bruccoli tenta - in Fitzgerald e Hemingway: un'amicizia pericolosa, editore Andre Deutsch, il libro che tiene attualmente banco fra le curiosità dei salotti letterari londinesi - è la ricostruzione particolareggiata e documentata di due storie parallele seppure di segno diverso, quella di Hemingway segnata da una prepo¬ tente ascesa, quella di Fitzgerald all'insegna di un amaro declino. Che cosa avesse visto l'elegante Fitzgerald, coccolato dalla buona società di cui era il cantore, in o^eU'Herningway sbracato e volutamente volgare è difficile dire; anche se il libro di Bruccoli cerca di accreditare la tesi secondo cui quella crosta così diversa era soltanto un'immagine pubblica attentamente costruita, insomma che Scott Fitzgerald era molto più laborioso di quanto desse a vedere e Hemingway non alieno dalla vita elegante delle «farfalle» come l'amico. Entrambi erano buoni bevitori, entrambi amanti di feste e festini, entrambi facevano errori d'ortografia: tutti collanti sicuri. Fatto è che fu Fitzgerald a presentare Hemingway al suo editore, convincendolo dei meriti - impresa non delle più facili - di Torrenti di primavera. A distanza di trent'anni un Hemingway ormai messo al sicuro dalla propria gloria avrebbe ammesso che a quell'epoca Fitzgerald «sembrava più interessato alla mia carriera che alla sua»; ma questo non gli impedì di sparlarne con tutti e su tutto. Bruccoli ricorda mi aneddoto che Herningway non si sarebbe stancato di ripetere per il resto della sua vita, e cioè che Fitzgerald gli aveva chiesto, quale campione dei «macho», di esaminargli il pene perché era preoccupato che fosse troppo piccolo. Quell'episodio, per banale che fosse, avrebbe dettato il rapporto fra i due. Le lettere di Hemingway a Fitzgerald erano un catalogo di orrende ma scherzose insolenze; e l'altro si prendeva gioco del duro uomo d'azione: «So che ti hanno visto masticare vetro tritato e raccogliere materiale per una storia sui giocatori di bocce». E sebbene con U passare degli anni l'umorismo cedesse terreno all'improperio, Fitzgerald non cessò mai di ammirare 2 lavoro di Hemingway, senza peraltro risparmiargli acidi commenti su Per chi suona la campana. Fu Hemingway, piuttosto, a imboccare la strada dell'aperta polemica. Tenera è la notte era, a suo avviso, «maledettamente terribile»; anche se, anni dopo, avrebbe definito quel romanzo «il migliore dei libri». E quando la sua celebrità - 270 mila copie in un anno di Per chi suona la campana - glielo consentì, non esitò a scrivere e pubblicare una serie di aneddoti sul «po- vero Scott Fitzgerald». La sua vittima, ormai nel baratro dell'alcol, dell'indebitamento e della depressione, non aveva a quel punto altra difesa che la resa. In una delle sue ultime lettere all'amico implorava: «Per piacere lasciami perdere quando scrivi». Un'amicizia letteraria, osserva Bruccoli, che avrebbe potuto dare grandi frutti ma che andò a male; e proprio perché l'ascesa dell'uno corrispondeva al declino dell'altro, perché il successo li aveva guastati entrambi. Nel caso di Hemingway appiattendo, dopo i successi iniziali, gli acuti della sua produzione letteraria. Per Scott Fitzgerald creandogli l'esigenza di allargare il proprio campo d'azione, cosa di cui non fu mai capace, con il risultato che l'anno in cui morì i suoi nove libri vendettero mi totale di 72 copie. Anziché un reciproco appoggio, i due finirono con l'essere una spina l'imo per l'altro. Ma non arrivarono mai a una rottura. Quel rapporto così difficile fra due uomini impossibili era diventato una pericolosa consuetudine. Fabio Galvano Ernest pubblicò una serie di aneddoti sul «povero Scott» L'autore di Gatsby: «Per piacere, lasciami perdere» m Francis Scott Fitzgerald Ernest Hemingway

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