I «tre» più «tre» di Pannella

I «tre» più «tre» di Pannello Il leader scrive a Taradash, Vito, Calderisi, ma critica anche Bernaudo, Onofri e Passariello I «tre» più «tre» di Pannello «Cari ribelli miei, troppo presenzialisti» LA TRIBÙ' DEI RIFORMISTI ROMA. «Ecco» dice Marco Pannella porgendo con una specie di sospiro una lettera «urgente» destinata al suo movimento. Fuori dalla finestra, al sesto piano del palazzo dei gruppi, Montecitorio, nuvolacce basse e piene di pioggia minacciano la quiete del pomeriggio romano. Per quanto tempo ancora potrà andare avanti questa commedia con Taradash, Vito, Calderisi? «Non commedia corregge - piccolo dramma, semmai». Non passa giorno senza qualche velenoso botta e risposta. La missiva di oggi si apre con una valutazione di tipo storico: «Raramente in quarant'anni nei nostri ambienti vi sono stati sintomi di così chiara patologia, di tale misura politica e umana, di costume e di serietà...». E si chiude con un grato appello ai «compagni che si fanno il mazzo». Pannella, personalmente, si dichiara «ferito», e «so - scrive - la gravità di certi comportamenti». In buona forma, comunque, ed altrimenti prodigo di valutazioni orali sull'attuale situazione, scrive che «sistematicamente, ormai, da settimane e mesi, diviene impossibile gestire una qualsiasi politica». Perché qui non si tratta più di contestare radicalmente una leadership, la sua, e nemmeno di contrapporre alle decisioni prese all'unanimità - «All'u-nani-mi-tà!» accompagna scandendo - scelte elettorali contrapposte. Pesa piuttosto - ed è ciò che l'ha spinto a scrivere «un presenzialismo quotidiano, accanito» che nega non tanto a lui, al leader, ma agli organi dirigenti del movimento dei club «qualsiasi rispetto o considerazione politica». Lampi e tuoni, di sottofondo, sopra i tetti di Roma. Cresce di ritmo e anche d'intensità, se non lo scontro vero e proprio, certo la fase iniziale dello scontro fra Pannella e gli ultimi, gli ennesimi dissidenti pannelliani. Messa così suona certo un po' bizzarra, e tuttavia al momento sembra inevitabile volteggiare sui più complessi no- minalismi - radicali, federalisti, riformatori, partito, movimento, gruppo parlamentare, club, Marco, Elio, Peppino... - lasciandosi trasportare per qualche minuto sulle ali del complicato, dell'iniziatico, dell'inespresso, del mentale. Senonché, nello sudiolo, è cominciato a piovere, con sollievo della rigogliosa defembachia pannelliana, molto meno dei fili elettrici sul pavimento. Ma Taradash, Calderisi e Vito, ormai, stanno con Berlusconi... Pannella, in camicia e bretelle, è così calmo e sicuro da rispondere con lieta superiorità: «Niente inchieste staliniste o cattoliche, e niente processi alle intenzioni, né sanzioni formali e statutarie. Ci vuole più dibattito». Però. «Però io, al loro posto, qualche problema ce l'avrei». Sbuffa: «Abbiamo già il fastidio di avere tutti contro». E invece. «E invece non si parla dei referendum, dei 12 e dei 18 referen- dum, del vergognoso oscuramento della Fininvest, della Rai dell'Usigrai, della "trimurti" sindacale, del doppio turno innestato sul Mattarellum, della imminente catastrofe civile, e si parla di queste cose qua». Smorfia di ripugnanza. Il pretesto della lettera aperta al movimento è, in tutta onestà, abbastanza squallido: una carta intestata «Club Pan- nella-Riformatori». Su questa carta intestata, con effetti di surreale amenità, tre consiglieri («due e mezzo - osserva il leader - perché il terzo non è ancora consigliere») hanno diffuso ieri un comunicato che s'intitolava «Pannella sbaglia». «Auspichiamo che Berlusconi non cada nell'errore di Pannella, ma che, seguendo le indicazioni dei deputati riformatori di Forza Italia Calderisi, Vito e Taradash (gli unici artefici della vittoria sulla par condicio), assicuri al Paese un'occasione di confronto civile anche sui referendum diversi dalla Mammì». Firmato, sotto il fatidico marchio, Bernaudo, Onofri e Passariello. Questa «usurpazione», sostiene Pannella, è da un po' che avviene. Altra via di contestazione queste legittima - è Internet, che in Italia è accessibile anche attraverso il circuito Agorà: «Pure lì - sospira - s'incazzano». Fa un gesto come per dire: «Pazienza». Oppure: «Sapessi quante volte». Il trio di giornata BernaudoOnofri-Passariello, in effetti, ha l'inconsapevole effetto di evocare, insieme con i) trio Taradash-Calderisi-Vito, tanti altri tris provvisoriamente, e malinconicamente, ormai, anti-pannelliani. Non che quel numero sia indispensabile ai fini della comprensione del fenomeno dissidenza. E sarà un caso però, tra passioni, amori, malumori, capricci, gelosie e rancori, la storia radicale è davvero densa di rivoltosi, offerti al pubblico in assidua combinazione triangolare: dagli indimenticabili «lanciatori di mrd» (così li chiamò Pannella) Laurini-Ercolessi-Ramadori al composito terzetto congressuale - siamo sempre in pieni Anni Settanta costituito dal professor Caputo, dall'avvocato Taramelli e da un altro signore sempre con l'ombrello e gli occhiali da sole; dal trio «referendario» CalderisiTeodori-Negri (che Pannella sconsigliò a Massimo Severo Giannini) ai «tre» più «tre» di questi mesi. Ma io, ripete Pannella quando ha ormai smesso di piovere, «mi rifiuto di cadere nel gioco». Ancora se lo può permettere. Intanto pensa a come attaccare il garante. Filippo Ceccarelli «Litighiamo fra noi invece di parlare dei referendum e dell'imminente catastrofe civile» «Niente processi alle intenzioni né sanzioni. Ci vuole più dibattito» A sinistra: Marco Pannella Qui sotto: Marco Taradash In basso: Peppino Calderisi

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