Un impero venuto dall'Australia di Fabio Galvano

Un impero venuto dall'i Un impero venuto dall'i Nel W lo sbarco in Inghilterra con il «Sun»: 4 milioni di copie LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Quando entrò sulla scena inglese, nel 1969, Rupert Murdoch era per l'Europa un illustre sconosciuto. Eppure, a 38 anni, aveva già nella sua Australia un considerevole impero editoriale, che consisteva essenzialmente in un giornale di Adelaide (ereditato dal padre), in un tabloid di Sydney e nel primo quotidiano nazionale di quello Stato-continente, The Australian, da lui fondato nel 1960. L'apertura su Londra portò il nome del giornale che era ed è tuttora il più venduto d'Inghilterra: il domenicale News of the World, sei milioni di copie allora e quasi cinque oggi. Pochi mesi dopo Murdoch acquistò anche, per un pugno di sterline, il moribondo Sun: Hugh Cudlipp, allora considerato il «mago» dei tabloid, disse che quel giornale non aveva futuro. Oggi è il più venduto nei giorni feriali, quattro milioni di copie, Sono episodi che bastano a creare il mito. Qualcuno dice che Murdoch, oggi pronto a entrare sulla scena Fininvest, sia stato il modello su cui Berlusconi ha foggiato la sua ascesa nel mondo dei media. E quando il patron di Forza Italia divenne primo ministro i giornali inglesi si sbizzarrirono a immaginare Murdoch a Downing Street. Di fatto lo stile appare lo stesso: aggressivo, lungimirante, senza paura di pesanti indebitamenti con le banche (nel 1991 il magnate anglo-australiano, che è ora cittano americano, ne fu quasi travolto), in prima linea sulle rivoluzioni tecnologiche. Fu così che nel 1986, anche a costo di uno sciopero dei poligrafici che avrebbe afflitto per un anno il suo impero, Murdoch spostò tutti i suoi interessi editoriali da Fleet Street ai Docks, i nuovi quartieri in sviluppo dove una volta sorgeva il vecchio porto di Londra. Non era solo un cambiamento d'indirizzo: si trattava, al tempo stesso, di introdurre le nuove tecnologie, di far passare il giornalismo dal piombo fuso ai videoterminali. Gli diedero del pazzo; ma vinse lui, e nel giro di pochi mesi tutti gli altri grandi della carta stampata lo5 avevano seguito. A quell'epoca Murdoch aveva già aggiunto alla propria scuderia il Times e il Sunday Times, acquisiti nel 1981 da Lord Thomson, e l'anno seguente avrebbe arricchito la sua collezione creando Today. Inarrestabile. Nel 1989 avrebbe fondato l'impero della Sky, la tv via satellite. Due anni fa e stato lui, riducendo drafifr camente'iìprez^ó'deTSubTgfEP nali, ad avviare una «guerra» che sta mietendo vittime illustri {Independent, Daily Telegraph, Guardian). Intanto nascevano, in ogni parte del mondo, altre sacche di potere: negli Stati Uniti, dove nel 1985 acquistò anche gli studi cinematografici della 20th Century Fox, in Estremo Oriente (giornali e canali televisivi). Non passa settimana che la sua organizzazione, la News Corporation, non apra qualcosa di nuovo. E' di questi giorni un accordo con la Mei americana, gigante delle telecomunicazioni: e già s'intravede all'orizzonte un ruolo da protagonista di Murdoch nella fusione fra informazione, spettacolo e informatica. Che cosa lo spinge? Lo ha confessato lui stesso, al suo biografo William Shawcross: «Idee e potere». Il nipote dell'emigrato scozzese è ormai diventato, a 64 anni, «Citizen Murdoch». Fabio Galvano L'editore australiano Rupert Murdoch

Luoghi citati: Australia, Estremo Oriente, Europa, Inghilterra, Londra, Stati Uniti, Sydney