Balladur è uscito di scena con uno sgarbo a Mitterrand di Enrico Benedetto
Il premier non va a consegnare la lettera di dimissioni al Presidente, secondo la tradizione I Santer d'accordo Il premier non va a consegnare la lettera di dimissioni al Presidente, secondo la tradizione Balladur è uscito di scena con uno sgarbo a Mitterrand PARIGI DAL NÒSTRO CORRISPONDENTE Con un piccolo sgarbo - c forse non involontario - a Frangois Mitterrand, Edouard Balladur abbandona l'Hotel Matignon. Tradizione vuole che il premier recapiti personalmente alla Presidenza la lettera di dimissioni. Ma varcare le porte dell'agognato Eliseo che inghiottiranno la settimana prossima il rivale Jacques Chirac era forse prova troppo dura per un Balladur in piena crisi d'identità politica. Tanto più alla vigilia d'un trasloco in anonimi uffici del VII Arrondissement. Così Lord Edouard, inviato un plebeo messaggero in sua vece, si è seduto a desinare in compagnia dell'accademico Jean d'Ormesson. Ma già qualcuno intravede nel gesto, al di là delle spiegazioni emotive, venature polemiche. Da ieri è in libreria «Verbatim II», velenosa seconda puntata delle memorie dell'ex consigliere mitterrandiano Jacques Attali. E vi si trova, attribuito al Presidente, un ritratto al vetriolo del Balladur superministro dell'Economia durante la coabitazione (1986) MitterrandBalladur. «Che straordinario dissimulatore! C'è da augurarsi che non giunga mai al potere». Ancora: «Lo osservo mentre guarda Jacques Chirac. E leggo nei suoi occhi un sovrano disprezzo». Con 9 anni di anticipo sul duello presidenziale. Ulteriore smacco, l'uscita di scena che Balladur avrebbe voluto solenne raccoglie in definitiva un'attenzione modesta. Quasi non fosse altro che il settimo - e ultimo - primo ministro di Mitterrand, quello che chiude la fila e spegne la luce andandosene. Come sono lontani i trionfi del '93, i fasti da sondaggio, la metamorfosi in presidenziabile per eccellenza d'un fino ad allora quasi anonimo grand commis. Ben altra dipartita appassiona i francesi. Quella, imminente, di Frangois Mitterrand. E un Lord non può rivaleggiare con il Re. Per calare il sipario tra fischi e applausi, Parigi attende lunedì o martedì quando il passaggio di poteri pensionerà Mitterrand intronizzando Chirac. Così Balladur se ne va un po' alla chetichella, miglior attore non protagonista. A rubargli il proscenio, del resto, c'è già il suo ultraprobabile successore Alain Juppé. Mai toto-premier fu così avaro di suspense. Ancora ministro degli Esteri in un governo da ieri dimissionario, da lunedì in realtà Juppó ha già aperto le consultazioni sui ministri. E a giudicare dalle autocandidature, ha materia prima per almeno quattro governi. Ci sono i fedelissimi - quelli che appoggiarono Chirac nei mesi bui - la cui dedizione è inferiore solo all'appetito ministeriale, i «tecnici», i balladuriani soft con vocazione opportunista (sopravvissuti all'epurazione e dunque riciclabili), gli uomini di Giscard cui fare un posticino, i centristi e naturalmente gli «esterni». Chirac esige un gabinetto non pletorico, e con staff dicasteriali ai minimi termini. E Juppé si guarderà bene dal ricordargli che quale sindaco di Parigi fino al 7 maggio non ha dato propriamente il buon esempio: 90 funzionari e 40 addetti stampa a sua disposizione. Ulteriore difficoltà per l'incaricato virtuale: far posto alle presenza femminile. E' ancora una volta il novello Capo di Stato che lo domanda imperiosamente. E che siano donne non basta: occorre un pedigree chiracchiano. Simone Veil, decana delle «ministre», rischia insomma grosso. Altro assente quasi certo, Charles Pasqua, un ministro degli Interni assai popolare a destra, ma reo di aver puntato facendolo peraltro perdere con le sue ripetute malaccortezze - su Edouard Balladur. Per motivi diversi dovrebbe restare invece fuori Philippe Séguin. Il presidente dell'Assemblée Nationale si contese a lungo con Juppé l'«anima europea» di Chirac. Federalista il primo, antimaastrichtiano di ferro il secondo. Per rastrellare voti, Jacques Chirac aveva bisogno di entrambi. Ma ora l'ha spuntata Juppé. Séguin si consola accarezzando l'ipotesi Eliseo nel 2002. E per ingannare l'attesa non risparmia le frecciate all'avversario. Spilungone e calvo, Juppé diviene allora l'«asparago vizzo» per il suo pingue e chiomato avversario. Malgrado la «pozione magica» Chirac, rinvigorente come quella del druido Panoramix, la maggioranza governativa non ha seppellito l'ascia di guerra. Agguati, congiure, dolorose ristrutturazioni sono all'ordine del giorno. E ia corsa dei postulanti ministri assume connotazioni semicomiche. Quanto all'Hotel de Ville, provvisoria residenza degli Chirac, è sotto assedio non stop. Compassionevole, Jacques ha fatto installare toilette mobili sul marciapiede antistante. Enrico Benedetto E Juppé già inizia le consultazioni per il nuovo governo Balladur (a sinistra) è stato il settimo e ultimo premier di Mitterrand
Luoghi citati: Frangois Mitterrand, Parigi
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