Clinton-Eltsin quattro ore senza sorrisi

A Mosca neppure un documento comune e la conferma dei disagi della «pace fredda» A Mosca neppure un documento comune e la conferma dei disagi della «pace fredda» Clinfon-Eltsin, quattro ore senza sorrisi Nato, Cecenia, nucleare: dal summit un nulla di fatto MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il pronostico è facile: Bill Clinton faticherà non poco a convincere l'opposizione repubblicana, e l'opinione pubblica del suo Paese, che questo vertice è stato un successo. O anche soltanto che è andato più o meno bene. C'erano tre questioni principali da discutere: allargamento della Nato a Est, reattore nucleare russo all'Iran, guerra in Cecenia. Su nessuna, alla fine, c'è un risultato. E c'è il giallo. La Tass ieri mattina, nel pieno della discussione, annunciava che, «dato il carattere teso dei colloqui, gli esperti avevano preparato due varianti di dichiarazione dei presidenti, una congiunta, l'altra distinta». Ieri sera non c'era più notizia di comunicato congiunto. Al suo posto cinque documenti su temi specifici. Il programma prevedeva un incontro a quattr'occhi e due successive sedute allargate. E' andata diversamente: i due presidenti si sono confrontati per quasi quattro ore, lasciando fuori dalla porta i collaboratori. E tutto induce a pensare che la discussione è stata dura. Secondo Interfax, in una pausa, Clinton avrebbe riconosciuto che l'incontro era «difficile e teso». La conferenza stampa congiunta è stata un duetto in cui i cantanti eseguivano canzoni diverse. Clinton a sostenere che la sicurezza dei due popoli russo e americano è oggi superiore a ieri. Argomenti: l'impegno dei due presidenti a far ratificare lo Start-2 dai rispettivi Parlamenti, l'impegno comune contro il terrorismo e la criminalità organizzata, qualche progresso in tema di missili anti-missili, il fatto che il disarmo procede a ritmi perfino più veloci di quelli previsti dai trattati già siglati, l'accordo comune a sostenere la non proliferazione nucleare a tempi indefiniti. Eltsin esordisce con un «adagio» marcato, annunciando che non c'è nessun accordo sul tema dell'allargamento della Nato. L'accordo ci sarebbe stato soltanto su un punto: non affrettare le decisioni. E il presidente russo, con nonchalance ha fatto capire che sarà lunga. «Ne discuteremo ancora ad Halifax, durante il G-7 (promuovendolo seduta stante a G-7 e mezzo, quasi otto, ndr), poi a New York in ottobre, per l'anniversario dell'Orni, e anche oltre...». Dove oltre - è chiaro - significa solo dopo che Eltsin sarà stato rieletto, come spera, presidente. Fino a che il risultato non sarà acquisito, niente concessioni all'America. Farebbero perdere voti. Clinton propone un «andante con brio», annunciando che la Russia ha accettato la partnership far peace, ma Eltsin non conferma. ((Allegro ma non troppo» di Bill Clinton nèll'annuncìare che Eltsin ha riconsiderato l'idea di vendere all'Iran la centrifuga a gas che potrebbe mettere Teheran in condizione di fabbricarsi la bomba atomica. Ma Eltsin canta un'altra romanza. «Il contratto è legittimo sotto ogni profilo», dice. Ammette che «qualche implicazione militare» è stata riscontrata, probabilmente dopo che Clinton gli ha messo davanti i documenti dei suoi servizi segreti. Ma la decisione finale sarà presa solo dopo che una speciale commissione, guidata da AJ Gore e dal premier Cernomyrdin, presenterà ai due presidenti i risultati di un «esame tecnico». Mezz'ora dopo il portavoce del ministero dell'Energia atomica, Gheorghij Kaurov, dichiara che Mosca «non prevede di sospendere l'esecuzione del contratto con l'Iran» neppure per il periodo in cui lavorerà la commissione Gore-Cernomyrdin. La cacofonia diventa assordante sulla Cecenia. Eltsin ribadisce che è «un problema interno russo», ma ammette che «esiste un aspetto internazionale» e, per questo, ha autorizzato la delega¬ zione della Osce a Grozny. Clinton chiede, coram populo, nella conferenza stampa (si noti, dopo quattro ore di colloquiò), di «cessare il fuoco e raggiungere la pace». Eltsin - tra lo sconcerto generale - risponde: «in Cecenia non vi sono più operazioni militari». Clinton ribatte: «Le vittime civili e il protrarsi dei combattimenti» sollevano preoccupazioni nell'opinione pubblica internazionale. La fiducia reciproca è alle stelle. Insomma si capisce che su una cosa si sono trovati d'accordo: nel non essere d'accordo. Finisce così la conferenza stampa, mentre Hillary, dopo aver visitato la galleria Tretjakov e un asilo, andava a pranzo con le signore Eltsina e Cernomyrdina e con un gruppo di deputate della Duma. L'altro appuntamento ufficiale di Clinton era all'Università Lomonossov, per un discorso solenne di fronte a studenti e docenti della prima Università della Russia. Pubblico selezionato di jeunesse dorée, che paga ormai, sottobanco s'intende, decine di migliaia di dollari per accedere alle facoltà. Il Presidente americano con Hillary molto applaudita - ha parlato nell'aula magna gremita in ogni ordine di posti, alle sue spalle due bassorilievi di Lenin e Marx. Viste le auto parcheggiate davanti alla Lomonossov si può immaginare il consenso che raccolgono i due bassorilievi. Ma il pubblico è venuto essenzialmente per vedere e, se possibile, toccare, il Presidente dell'America e sua moglie. Quello che diranno non sembra interessarlo granché. Tant'è che, quando Clinton invita i giovani a «difendere la stampa libera e indipendente», e nomina i giornalisti Dmitrij Kholodov e Vlad Listev, ammazzati non si saprà mai da chi perché avevano provato a fare il loro mestiere in questa Russia, nessuno, proprio nessuno, applaude. Ma Clinton non sembra notare questo silenzio. Le ragioni dell'ottimismo prevalgono in lui su tutte le altre. «Sono il primo Presi¬ dente americano che ha l'opportunità di lavorare con la Russia e non contro la Russia». Appoggio le vostre riforme «perché il vostro successo rende tutti noi più sicuri». Avete fatto progressi enormi, state realizzando «una transizione straordinariamente pacifica». Ed è in questo contesto che «noi valutiamo il dramma della Cecenia». Come a dire che l'insieme va bene e la Cecenia e vista da Washington come un incidente di percorso. Ma attenzione - aggiunge, e qui si sente un'eco lontana dei suoi trascorsi nella sinistra dei campus - che «il mercato non risolve di por sé i problemi sociali». Ovviamente nessun applauso. Del resto questi ragazzi e ragazze non hanno alcuna intenzione di interromperlo. Nemmeno quando il Presidente americano eleva un inno alla democrazia, come opera «difficile e che non finisce mai», che bisogna salvaguardare e curare con la partecipazione e la cura continua di tutti, anche votando, «in primo luogo votando», in elezioni libere. «Il vostro voto conterà, esercitatelo», esclama Clinton. E si dichiara soddisfatto che Eltsin «ha preso l'impegno di indire le elezioni parlamentari e presidenziali» nelle date stabilite dalla Costituzione. Quasi che, in fondo, avesse il sospetto che le elezioni potrebbero non esserci affatto. Comunque è questo l'unico riferimento personale a Boris Eltsin in tutta la giornata. E i colleghi americani si toccano di gomito. Durante la conferenza stampa, due ore prima, Eltsin si era rivolto al suo partner chiamandolo Bill. Ma William, evidentemente provato dal colloquio appena terminato, aveva risposto sempre chiamandolo «presidente Boris Eltsin». Nel settembre scorso, a Washington, Eltsin era ancora il campione della riforma. Adesso Washington sostiene, come prima, la riforma, ma lascia da parte i riferimenti personali. «Votate - dice Clinton - soprattutto alle presidenziali, che sono le più importanti». Il problema è per chi. Ma forse, dopo questo vertice, nemmeno Clinton saprebbe cosa suggerire. Domani, tenendo fede al programma annunciato prima di arrivare a Mosca, incontrerà alcuni leader dell'opposizione. Prima Grigorij Javlinskij, da solo, poi in un lunch alla Spaso House l'ex premier Egor Gaidar (Scelta di Russia), Mikhail Lapshin (Partito agrario), Ghennadij Zjuganov (Partito comunista). Insomma, le frazioni più importanti della Duma, con esclusione - dice un portavoce di Clinton - degli «estremisti». Ed è già un bel complimento per Zjuganov. Fuori dall'Università Mosca è inondata da una pioggia torrenziale. La Tass si scusa. «Il peggioramento delle condizioni atmosferiche non dipende dalla ripulitura artificiale del cielo effettuata il 9 maggio» per garantire una festa solenne senza nuvole. Insomma, se piove non è necessariamente perché il governo è ladro. Giuliette Chiesa Il Presidente Usa all'università esalta la democrazia Dagli studenti nessun applauso Mezz'ora dopo l'incontro un duro comunicato: le forniture a Teheran sono legittime vt*fm*,WBMf«WOT»MUSiC-*NICHTUFElSPOHTS WP MC« JDOCyFÀ B» KHHC~TEATF*jOT<-HOHHA8 *H3Hb*<:nOFT H MHOrOE flpyrot Clinton e Eltsin aprono il vertice al Cremlino conclusosi senza progressi. Sopra un bacio tra Hillary e la first lady russa durante la visita all'ospedale infantile di Mosca Sotto, una caricatura del Presidente Usa apparsa su un giornale ucraino: Clinton sarà a Kiev oggi