I sindacati alla prova del voto di Alberto Papuzzi
I sindacati alla prova del voto I sindacati alla prova del voto D'Antoni: ma senza di noi non si governa il referendum e le fabbriche TORINO ICORDATE la folla dei mektalmeccanici in tuta nello stadio comunale, Torino, 1969, con Carlo Donat-Cattin, ministro del Lavoro, in maniche di camicia, accaldato sul palco sotto il sole? Dietro di lui i tre leader d'una categoria all'avanguardia nelle battaglie sindacali: Trentin, Camiti, Benvenuto, destinati a lasciare il segno nell'Italia degli Anni Settanta. Il faccia a faccia tra ministro e lavoratori e tra sindacalisti e base, nel bagno di folla dell'«autunno caldo», venne allora salutato come una grande prova di democrazia dopo la lunga stagione degli «anni duri». E tale è rimasto il significato, nella cultura sindacale italiana, di quelle immagini trasmesse dalla tivù in tutto il Paese, oggi perdute, pare ne restino solo frammenti. In un clima tutto diverso, in un'Italia tutta diversa, non più mani (o pugni) al cielo per consentire e fischi per dissentire, ma milioni di schede, con un sì o con un no, nei seggi elettorali attrezzati in fabbriche, uffici, sedi sindacali, la grande consultazione sull'accordo per le pensioni decisa da Cgil, Cisl e Uil tra 30 maggio e primo giugno dovrebbe avere il medesimo significato: un traguardo storico, dopo una lunga e tormentata fase di ricostruzione e di trasformazione del ruolo del sindacato, e una prova di democrazia che vede coinvolti ventitré milioni di cittadini italiani, fra lavoratori attivi e gente in pensione. I vertici di Cgil, Cisl, Uil concentrano sull'appuntamento tutti gli sforzi, convinti che in quella settimana a cavallo tra maggio e giugno si giocherà una partita decisiva per il futuro del sindacato italiano. La cifra degli aventi diritto al voto è effettivamente impressionante: 11 milioni di lavoratori dipendenti e oltre 12 milioni di pensionati, divisi a metà fra operai e impiegati. In realtà le organizzazioni sindacali stamperanno soltanto dieci milioni di schede elettorali, tenendo conto delle precedenti consultazioni: quella per l'accordo sul costo del lavoro, due anni fa, coinvolse 3 milioni e 600 mila persone e raccolse un milione e 365 mila voti. «Dal punto di vista organizzativo non dovremmo avere difficoltà - spiega Luigi Mazzone, segretario organizzativo della Fiom -. Abbiamo una collaudata macchina per votare nei grandi stabilimenti, nei ministeri e negli uffici, o presso le stesse strutture sindacali nel caso dei lavoratori di piccole fabbriche, mentre i pensionati voteranno presso le loro organizzazioni». Il punto cruciale è la campagna di informazione prima del voto, che si presenta per i leader come una vera campagna elettorale, tenendo conto dell'insoddisfazione espressa dagli operai di alcuni grandi stabilimenti, soprattutto in quelle zone del Nord dove è più forte Rifondazione. Cortei e scioperi spontanei all'Alfa di Arese, alla Cgil di Brescia, ad Alessandria, a Genova. Respingono l'accordo i Cobas della scuola, ma il caso più clamoroso è quello della Fiom piemontese, che teme il rischio «della sfiducia e dell'abbandono» da parte degli iscritti. Focolai di tensione. «Ma una campagna di informazione non può essere gestita coi battimani - dice Pietro Marcenaro, segretario regionale della Cgil -. Chi pensa che una discussione come l'accordo sulle pensioni possa essere fatta senza difficoltà era meglio che neppure l'iniziasse. Ogni tanto bisogna anche sapersi pren¬ dere le proprie responsabilità». Ma qual è il nuovo molo del sindacato che la consultazione finirà per approvare o smentire? «In una società terribilmente segmentata come è oggi la nostra anche le istituzioni più fòrti non ce la fanno a raggiungere quella sintesi fra interessi diversi che è la governabilità - risponde Sergio D'Antoni, segretario generale della Cisl -. Hanno bisogno di un nuovo ruolo di organizzazioni sociali come la nostra, che garantiscano la mediazione». Un esempio? «Guardiamo la Francia, sicuramente un Paese con istituzioni forti, incapace di affrontare le disuguaglianze sociali, perché il sindacato è diviso e debole. Sindacato francese e industriali francesi non si sono parlati per quasi trent'anni». Siamo tornati al ruggente pansindacalismo degli Anni Settanta? «No, questo molo non ha nulla a che vedere con il sindacalismo degli Anni Settanta, che era rivendicativo - risponde D'Antoni -. Questo è ùivecc un sindacato di equità, che si preoccupa non solo di fare le domande ma anche di dare le risposte. L'accordo è un esempio da far studiare a scuola. Si farà una grande riforma perche c'è stato questo molo di mediazione del sindacato e attraverso la consultazione lo stesso Parlamento avrà una verifica indispensabile per prendere le sue decisioni». Veramente i giorni dal 30 maggio al primo giugno saranno ricordati come una data storica del sindacato italiano? «Certamente in termini numerici è la più grossa consultazione nella storia del sindacato - dice il sociologo Aris Accornero, studioso delle vicende del sindacato italiano -. Non una cosa nuova perché c'è già stata la consultazione sul costo del lavoro due anni fa. Ma è chiaro che se si riuscisse a raggiungere la gran parte degli aventi diritto al voto, luogo per luogo, e si contassero, effettivamente tutti i voti, i favorevoli, i contrari e gli astenuti, con maggior rigore e maggiore estensione di quanto non si fece due anni fa, sarebbe una verifica senza precedenti». Ma non è tutto oro quel che luccica. «Dev'essere chiaro che una prova di democrazia di queste proporzioni è più un caso che una regola. Queste sono delle surroghe alla rappresentatività istituzionale. Né si possono limitare le prerogative dei parlamentari. Però devo anche riconoscere che mentre negli Anni Settanta, pensiamo alla riforma della casa o della sanità, la titolarità a trattare delle organizzazioni sindacali era discutibile, nei caso delle pensioni mai una riforma sociale ha avuto una così diretta rappresentanza sindacale come questa, perché quasi metà degli iscritti al sindacato sono pensionati». Alberto Papuzzi Sergio D'Antoni
Persone citate: Aris Accornero, Carlo Donat-cattin, D'antoni, Luigi Mazzone, Pietro Marcenaro, Sergio D'antoni, Trentin
Luoghi citati: Alessandria, Arese, Brescia, Francia, Genova, Italia, Torino
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