Da Tirana a Prato, per morire
Da Tirana a Prato, per morire Da Tirana a Prato, per morire Quattro profughi uccisi da un 'esplosione PRATO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Venti metri quadrati di sporcizia e povertà. Una stanzuccia di lamiera e legno marcio che si è trasformata prima in una camera a gas e poi in una potente, terribile bomba. Un boato, le fiamme, muri crollati, quattro cadaveri carbonizzati. Quel monolocale ricavato dentro un capannone industriale abbandonato, nella primissima periferia di Prato, è diventato la tomba degli albanesi che lì avevano trovato rifugio. Dormivano su brande buttate negli angoli, senza servizi e con l'unico conforto di un fornellino a gas por preparare qualcosa da mangiare. La grossa bombola di gas da trenta litri, appoggiata a una delle pareti, è stata la cau¬ sa della tragedia. Una fuga di gas, durata tutta la notte, provocata con ogni probabilità da una piccola lesione del tubo di plastica. La sostanza ha completamente saturato l'ambiente all'interno del quale dormivano Luan Amzaj, 48 anni, Krenar Metaj, 23 anni, Aranit Toja, di 22, e Moksim Cuciroj, di 27, giunti in Italia da Valona. E' bastata una scintilla per provoca¬ re l'inferno. Tre corpi carbonizzati all'80 per cento sono stati trovati dai carabinieri e dai Vigili del Fuoco ancora sopra le brandirle; solo uno ò stato rinvenuto nei pressi della porzione di lamiera che gli albanesi usavano come porta. Questa la prima ricostruzione compiuta dagli investigatori: uno di loro si sarebbe alzato dal letto poco dopo le 2 di mattina. A tentoni avrebbe cercato il suo accendino, probabilmente per accendere la lampada. Pochi attimi e per tutti è stata la fine. Le fiamme si sono levate subito alte, ben visibili dall'esterno. E' toccato a una coppietta che amoreggiava in auto dare il primo allarme. Il panico ò scoppiato dentro a quella che ormai da anni , .ene chiamata la «cittadella degli albanesi», una lunga serie di capannoni e magazzini in abbandono che negli Anni Settanta avevano ospitato uno dei più importanti lanifici dell'area: il Banci, divenuto ormai il ricovero abituale della consistente colonia di albanesi (circa 200) immigrata a Prato in questi ultimi tre anni. Una quarantina di extracomunitari sono fuggiti per i campi che circondano l'ex insediamento industriale, terrorizzati dal fumo e dal fuoco, ma altrettanto impauriti dal rischio di finire nella mani delle Forze dell'ordine. Nessuno di loro ha il permesso di soggiorno, non un documento d'identità. Tutti clandestini. Così come i loro connazionali morti nel rogo. Luan, il più anziano dei quattro, era a Prato da due anni e aveva trovato anche un lavoro. In nero, naturalmente, come saldatore. Cristina Orsini
Persone citate: Banci, Cristina Orsini, Luan, Luan Amzaj, Metaj, Toja
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