Prodi-Veltroni premiato ditta di nostalgia italiana

E Prodi-Veltroni, premiato ditta di nostalgia italiana I SIMBOLI DELLA NUOVA ALLEANZA E ROMA VITARE gli spigoli, anche se gli avversari finiscono per chiamarti, come è accaduto, «Fra Giocondo». E poi assimilare un po' di quell'attenzione ai miti e riti della modernità cucinata dal vice Walter. Ne vien fuori il «prodian-veltronisrao», che l'altro ieri sera ha ricevuto la sua investitura a Bologna, veicolo simbolico del centro-sinistra prossimo venturo, catalogo di tic e manie incarnate dal duo Prodi-Veltroni, miscela di buonismo anti-berlusconiano, nostalgia sottile dell'Italia non ancora travolta dall'uragano della secolarizzazione consumistica. L'Italia veltroniana della «Tv dei ragazzi» e della prodiana convivialità, tutta cori in compagnia, gite in montagna e robuste pedalate. L'Italia dei buoni sentimenti che propone un futuro al Paese che ha sempre qualcosa da rimpiangere, le fragranze di una volta o la tivù in bianco e nero, la goliardia o Martin Luther King, la de e il pei. Si, anche, e soprattutto, la de c il pei. Un tempo divise dalla guerra fredda, con il mondo di Prodi di qua e quello di Veltroni di là. Ma che naturalmente nel ricordo veltronian-prodiano perdono ogni immagine d'asprezza, ogni contorno di autentica tragedia: come se Peppone e Don Camillo siglassero la pace. «Mai più Lercaro contro Dozza», e stato il motto del sindaco pidiessino Vitali coaudiuvato dal fratello di Prodi, Vittorio. E dunque la de ispirata dal Verbo di Dossetti, da una parte. Il pei fissato alla fisionomia triste di Berlinguer, accanto all'icona giovanilistica di Kennedy, dall'altra. Immagini stemperate, raddolcite, ingentilite. Istantanee dove i grumi sedimentati nel passato vengo no raschiati via, restituendo i contorni essenziali, seppur straordinaria mente idealizzati, di un'appartenza lontana. Dell'appartenenza cattolica, nel caso di Prodi, con quel suo attaccamento ai simboli della famiglia patriarcale (sette maschi e due femminei, l'attrazione per il ìoisir povero e spoglio come una bicicletta, l'amicale carnalità della provincia grassa, l'approccio scoutistico alla vita. Dell'appartenenza alla koiné della sinistra post-logliattiana nel caso di Veltroni con il suo maniacali riferirsi agli Anni Sessanta come età dell'oro e rivoluzione irreversibile nello stile di vita, nel lessico e nel panorama degli oggetti quotidiani, l'educazione senti- mentale modulata sui ritmi di De Gregori, immersa nel buio delle sale cinematografiche, cresciuta al culto dei giovani scrittori, dei giovani registi, dei giovani cantautori, stregata da Nutelle, merendine, collezioni di figurine, mangiadischi. Sinistra americana ma non amerikana. Irremovibilmente convinta che sia possibile separare con un colpo secco il grano dal loglio, Bob Dylan da Richard Nixon, il giovane Holden dall'arroganza wasp. Esattamente come per la vicenda storica del comunismo italiano, che in Veltroni viene costante- mente sublimata nel suo «meglio», senza che mai vengano ridestati gli incubi del suo «peggio». Avvicinando così il veltronismo al nucleo della retorica prodiana, tutta giocata sull'assunzione del «buono» che c'è nelle cose e nella simultanea eliminazione del «cattivo». E così Stato si, ma «leggero» e miracolosamente non statalista. Capitalismo sì, ma mitigato dalle reti protettive del modello tedesco, «renano» per i più sofisticati. Efficienza sì, ma anche «solidarietà». Antropologia del Centro, appunto. E se Prodi ha ancora molto da imparare da Veltroni nella costruzione della micro-mitologia del quotidiano - intessuta di film e canzoni, oggetti d'uso ordinario ma caricati di una valenza simbolica e programmi televisivi -, Veltroni a sua volta sta perfezionando il suo apprendistato con le «lezioni economiche» del professor Prodi. E se Prodi si presenta pubblicamente a Bologna a fianco de! suo vice in compagnia della corte veltroniana di comici e satiri (con Michele Serra che fa da tramite ideale tra i due universi), ecco il veltroniano De Gregori che sulle colonne delì'Unità snocciola prodianamente i risultati della giornata in Borsa e sui «mercati internazionali» come se stesse gorgheggiando «Buonanotte fiorellino». E' la simbiosi. Caratteria- le prima di tutto. Ma impercettibilmente anche ideologicopolitica. «Cattocomunismo». Ma di una specie tutta particolare. Due vite diverse che si incrociano. Il passato di boiardo di Stato nel «Vietnam» dell'Iri Anni Ottanta, in sintonia con la de di De Mita, l'uno. Il passato di volto «accettabile» del pei, l'altro. Il collegamento col mondo capitalistico e finanziario internazionale, da una parte. Il comunista che non demonizza la tv e la pubblicità, e lascia a D'Alema la parte hard della tradizione di partito, l'altro. In comune una spiccata propensione per le public relation, l'istintiva diffidenza per l'urto frontale, l'attenzione nell'incarnare la versione «umanizzata» delle rispettive appartenenze. Ma insieme il garbato marpionismo di chi, come Prodi, prende parte a colossali affari senza perdere deliberatamente l'aplomb del professore universitario distaccato dalle cose (malgrado smentito dal pianto dirotto all'uscita di sette ore massacranti di interrogatorio del pool Mani pulite) o di chi, come Veltroni, lia compiuto il cursus honorum del partito senza mai perdere l'immagine del giovane che non è disposto a sacrificare la parte più «soggettiva» di sé sull'altare della politica lacrime e sangue. E se nel lontano passato di Prodi fa capolino l'immagine dello studente della Cattolica che sfoggia il cappello goliardico, in quello di Veltroni si percepisce il sentore inconfondibile dei licei della Capitale. Due modelli di «comunità» giovanile diversissimi tra loro ma che ora confluiscono nel paradigma del nuovo centro-sinistra contrapposto a Berlusconi. Con i comici bolognesi che si stringono felici al battesimo della nuova creatura: il «prodian-velt.ronismo». Pierluigi Battista In comune, la retorica del «buono» che c'è nelle cose e il rifiuto del «cattivo» Stato sì, ma «leggero» capitalismo «renano» efficienza «solidale» PRODI VELTRONI Il professor Romano Prodi con Walter Veltroni. A destra, il segretario della Quercia, Massimo D'Alema

Luoghi citati: Bologna, Dozza, Italia, Roma, Vietnam