«Fu un balzo nel futuro» di Emanuele Novazio

«Fu un balzo nel futuro» «Fu un balzo nel futuro» // presidente Herzog: 50 anni fa tornammo tra le nazioni civili BONN DAt NOSTRO CORRISPONDENTE «L'H maggio e una porta sul fu turo», avverte Roman Herzog, il presidente federale: l'B maggio del '45 è stato certamente un giorno di liberazione ma prima di tutto «un ritorno nel futuro», alle «migliori tradizioni spirituali dell'Europa». L'anniversario della fine della guerra dev'essere «l'occasione per pensare e costruire un sistema paneuropeo», avverte il primo ministro russo Viktor Chernoniirdin. E poi Francois Mitterrand, che ha scelto lo cerimonie tedesche (non quelle di Londra o di Mosca, e neppure di Parigi) per il suo ultimo messaggio a «chi verrà dopo»: l'appello che il presidente francese lancia da Berlino e un «appello alla costruzione dell'Europa», un appello «affinché chi afferra il testimone continui questa corsa». Forse perché a Berlino si è consumato soprattutto il dramma della guerra, la disfatta, e cinquantanni dopo la città ne porta ancora i segni; forse perché la capitale tedesca in quest'occasione ha le valenze simboliche più forti, nonostan te il tono dimesso della festa: più che «un ritorno indietro», un salto nel passato, la cerimonia per festeggiare i 50 anni della pace ò un balzo nel futuro, un'occasione d'impegni e di promesse su quel che il mondo, e l'Europa, dovranno diventare nel millennio che li aspetta. Lo ba sottolineato Roman Herzog: senza dimenticare «le colpe dei tedeschi nell'Olocausto, nella guerra e nelle persecuzioni», senza dimenticare che e stata la Germania a scatenare il conflitto e a coprire di lutti il mondo, il presidente federale ha scelto soprattutto di «guardare avanti». Perché, traendo forza dallo lezioni del passato, «l'isola di pace e liberta» che da cinquan l'anni e diventata l'Europa occidentale si allarghi. Perche «quest'isola diventi più grande un Paese dopo l'altro». A questa «svolta nel futuro», alla visione del «passato come occasione di futuro» hanno aderito gli ospiti Alleati, i rap presentanti dei Paesi che a Ber lino si è scelto di non chiamare «vincitori» ma «partner nella costruzione di un mondo nuovo». Il premier inglese John Major, che ha indicato l'obiettivo di «una nuova società internazionale» senza più il peso delle razze e delle ideologie, ma affidata soltanto alla ragione e al pluralismo. Il vicepresidente americano Al Gore, che ha invi tato alla «costruzione di una nuova Europa democratica», più ampia e salda. E alla fine Mitterrand: accolto - al suo ingresso nella «Schauspielhaus» da un applauso affettuoso, carico del peso di un addio. «Non sono venuto a festeggiare una vittoria» ma «il trionfo della vita», ba detto parlando spesso a braccio e costretto dalla commozione a interrompersi. E se l'B maggio ò stato «di certo la vittoria della liberta», «è stato soprattutto la vittoria dell'Europa su se slessa», come il venticinquenne Mitterrand scopri nei mesi di prigionia in Germania: «In quei giorni diffìcili - ha confidato - ho ritrovato il coraggio e la speranza nel futuro, conoscendo da vicino i tedeschi che avevano l'incarico di privarmi della liberta. Quei solda ti, probabilmente, facevano resistenza senza saperlo: erano, semplicemente, persone oneste». E' stato il suo ultimo omaggio alla Germania, ma la festa di Berlino era anche la festa a Mitterrand, che dal podio ha lascialo il suo ultimo messaggio, Una raccomandazione, piuttosto che un testamento politico: «Ricordatevi, domani, di completare il lavoro che abbiamo cominciato». Emanuele Novazio

Persone citate: Al Gore, Francois Mitterrand, Herzog, John Major, Mitterrand, Roman Herzog, Viktor Chernoniirdin