Russici gli orfani della Vittoria

In un anniversario i segni d'una lenta e drammatica mutazione Russici, gli orfani della Vittoria In bilico tra i fantasmi di ieri e domani ALLA RICERCA DEL MONDO NUOVO F MOSCA U sepolto cinquantanni or sono, sotto il segno della falce e martello. Ora e stato riseppellito per il Cinquantenario, ma questa volta sotto i colori dei Romanov e le ali dell'aquila zarista Non ci deve essere al mondo un Milite più Igno to e Frastornato di questo povero nisso che riposa nella tomba accanto al Cremlino. Vedo le solite spose di maggio venire a sciami a deporre i fiori sopra la sua lapide, l'orlo della gonna sollevato un poco per salvarla dal fango di Mosca. Ci sono i soliti crocchi di reduci con i petti tappezzati di medaglie che fumano pestilenziali «papirose» sulle pan chine accanto alla tomba. Martedì prossimo, verranno anche i capi di Stato a depositare in fretta la loro corona d'obbligo e scappare. Ma è quasi impossibile trovare una falce e martello nei manifesti del Cin quantenario, nelle foto celebrative, negli striscioni. La nuova Russia ha rimosso con cura tutti i riferimenti a Stalin e al Pcus, nelle sue celebrazioni, esattamente come un tempo i ritoccatori della Pravda cancellavano i dirigenti epurati dalle foto prima di pubblicarle. Il povero soldatino che sta sotto il lastrone di marmo nero è morto comunista e si riscopre mezzo secolo dopo anti comunista. Ma questa e Mosca, una città che non dà mai riposo ai suoi morti dunque neppure ai suoi vivi. La «mia» Mosca, come diventa per sempre, nostra, nella memoria di chi ci abbia vissuto, era una citta tetra e opprimente, ieri, temperala soltanto dal magro conforto della oppressione condivisa. Oggi e una città ancora cupa ma crudele, come una qualsiasi città del Terzo Mondo che non fa neppure più finta di non esserlo. Non è più miserabile e non e ancora ricca. Non e più imperiale e non è ancora civile. Mosca non è neppure più una città, ma e almeno due. Si cammina per le sue viuzze fra dice e per i suoi vialoni inutilmente grandi come in una Bisanzio sospe sa fra due continenti e due divinità, non più Costantinopoli, non ancora Istanbul. Sembra un mutante da filmarcio di fantascienza, intrappo lato nella sua mutazione. Il nostro Giulictto Chiesa, che di questa Mosca conosce e capisce tutti i labirinti, mi accompagna a scoprire i nomi politicamente scorretti cambiati alle vecchie strade cambiati, ma solo a metà, come da uno scolaro pasticcione e schizofrenico. La via di Maxim Gorkij è diventata la via Tverskaya, ma è rimasto ancora un pezzetto di strada intitolato al nome del poeta di regime. Leningrado non c'è più, tornata San Pietrobur go, ma rimane intatta la Prospettiva Leningradsky. dunque una strada che porta ufficialmente verso il nulla. La mummia di Lenin ha per duto da tempo la sua guardia d'onore, ma il mausoleo e ancora aperto e visitato. In nome di che? C'è una «Mosca di ieri» che non muore e ce una «Mosca di domani» che non nasce, agonia e travaglio paralleli e infiniti di una città. Della «Mosca di ieri» ritrovo i fiori, che i russi adorano come lutti i popoli dell'inverno, e a primavera spargono a bracciate su qualsiasi tomba, sotto ogni cippo o busto gli capiti a tiro. Oggi sono tulipani e garofani e margherite per celebrare la vittoria di 50 anni addietro. Sono fiori per la pace, mi dice una sposa paffuta che mi regala una margherita davanti al cippo della battaglia di Novoros- , sisk. Ma, come sempre in Russia, la pace e solo una parola. Migliaia di \ coscritti muoiono in Cecenia e nelle altre marche periferiche in rivolta come morirono in Ungheria, a Praga, a Kabul, e lo sanno tutti. I ruga/ zi dell'Arbat che 10 anni or sono cantavano di Afghanistan oggi can- ! tano di Grosny, «. ribyata ribyatu j vnimanye, occhio ragazzi che qui ce lo mettono ancora...... Mi raccontano che le donne sempre alle donne tocca salvare la Russia dai suoi uomini vendono tutto quello che possono per racimolare i cinquemila dollari, gli 8 milioni di lire, necessari per «comperare» l'esonero ai figli in età di le va, un capitale enorme dove lo stipendio di un generale è pari a 90 dollari al mese. Solo chi può pagare, non parte, «...ragazzi, ragazzi, occhio...... Chi non ha dollari, diserta Nella notte tornano i passi della polizia sulle scale e i colpi alla porta, ma non cercano più dissidenti, cercano disertori e renitenti. La «Mosca di domani», quella che stenta a nascere, grida con la voce di Madonna e Michael Jackson dalle casse degli altoparlanti fuori dai chioschi che ieri vendevano kvas. infame intruglio d'acqua e pane nero marcio e oggi mercanzia elettro nica berciarne come a Saigon o a Rangkok. La Mosca dei vincitori corre via sulle sue macchinone tedesche coi vetri affumicati per na sconderc i loschi passeggeri o su grandi fuoristrada giapponesi, ulti mo status symbol, verso i suoi nuo vi business, le antiche dacie e i bordelli, come il più famoso e il più caro di Mosca, battezzato, con elegante allusione, «Up and down», su e giù. «Slova vani veteranij», gloria a voi reduci, invoca un poster onnipresente con la foto di un nonno decorato, davanti a uno sfondo generico di fuochi artificiali. Cortei di autobus Mercedes Bcnz scarrozza no vecchietti in giro per la città, da una cerimonia a un brindisi, preceduti da staffette della polizia stradale in BMW serie 5. Gloria a voi vincitori, ma marchi agli sconfitti. Passano via veloci, volti straniti e avvizziti al finestrino, due milioni e mezzo di ex combattenti ancora vivi, ai quali, insieme con la gloria e il giro in autobus Mercedes, il governo ha regalato un vestito nuovo per la sfilata, due otti di caramelle, dieci buste già affrancate e un buono per un taglio di capelli con lo sconto del 50°n. neanche gratis Grazie per la vittoria e mandami una cartolina prima di morire. Russia di ieri. Dalle profumerie del Nuovo Arbat, in centro, la «Mosca di domani» vomita ragazze stupende, acconciale secondo le ultime indicazioni di "Cosmopolitan" edizione russa che conduce inchieste sull'orgasmo in Russia. Si tanno largo infastidite, arroganti sulle loro lunghe gambe bianche, tra le russe di ieri, fagotti informi che vanno a mettersi in fila per vendere non se stesse, che nessuno comprerebbe, ma vecchi abitucci di pizzo e di crepe tirati fuori dai cassettoni. Donne per le quali l'orgasmo e un paio di scarpe nuove. Donne che campano comperando i filoni di pane in periferia a due mila rubli l'uno, trecento lire, e poi vendendoli in centro u quelle con le gambe lunghe che hanno ben altro da fare che la spesa, a cento lire in più. Ogni tre pa gnotte vendute, una di profitto. Stanno in fila sui marciapiedi con ì filoncini avvolti nei sacchetti di plastica, per non toccarli con le dita. Le ragazze dalle gambe lunghe sono schizzinose Almeno quando si tratta di pagnotte. E' solo il contrasto con la sfacciataggine dei nuovi riccni che rende odiosa la vista dei vecchi poveri7 O e il sentimento che questi «nou veaux riches» della "Mosca di domani» si arricchiscono senza produrre niente? Ouasi nessuno viene a «investire» dall'estero in Russia, tutti vengono solo a «vendere». In pratica è un riciclaggio di dollari e di marchi prestati, secondo la classica formula del sottosviluppo: gli utili tornano in Occidente e ai russi rimangono i debiti. A ogni passo che muovo dentro questa Mosca crudele mi ripeto che questa e la strada, che indietro non si toma, che anche un caravanser raglio è meglio del gulag. E bisogna dare tempo a una società passata troppo in fretta dalle code per i cetrioli bulgari in salamoia a «Les Must de Cartier». senza prima sali re con le sue gambe, pazientemente, come noi italiani, i gradini del motorino, della Vespa, della Cin quecento. della produttività e delle esportazioni. La nostalgia e un lusso sentimentale che non ci si deve permettere, quando il passato ha il volto di Stalin, di Bena e di Brez nev Ma poi entro alla vecchia "Doni Igruski», la «Casa dei Giocattoli» sulla prospettiva Kutuzov. dove compravo per pochi soldi le «pushke». gli stupendi cannoncini di ghisa tìngendo che fossero per i mici tìgli, ribattezzato «Ais», cicogna <> le tentazioni maliziose tornano Visito il «Dietsky Mir». il mondo dei bambini, il grande magazzino costruito, con squisita perfidia staliniana, proprio accanto alla sede del Kgb. che invece ha mantenuto il suo nome realsocialista e il fastidio di un consumismo senza produzione, di un mercato senza ricchezza, rigurgita in gola. Oggi i vecchi, squallidi negozi traboccano di colossali Topoloni di peluche made in Taiwan, di magnifici modellini • Ferrari F40» Burago. di Barbie con la toilette. Non c'e niente di maie. e non intoniamo lagne anti consumisté. Ma quale speranza hanno di potersi c omprare mai una «Barbie» le nipoti delle "Babe» che tentano di vendermi le loro fedi sui marciapiedi per comperare le banane, un chilo di banane in cambio di una vera d'oro, no grazie, e loro neppure insistono, timide, per bene, che non hanno ancora assorbito la protervia del mendicante asiatico o africano'' Ci sono fabbriche dove gli operai non ricevono stipendio da tre. quattro, anche cinque mesi. Avevo lascialo un Paese dove tutto costava pochissimo e non si trovava quasi niente. Ne ritrovo uno dove c'è tutto e quasi nessuno può comprarlo. La gente si ferma davanti al menu del Ristorante de! MetropoT uno dei migliori di Mosca, per ridere nervosamente e darsi di gomito davanti al prezzo delle consumazioni: un piatto di borse, la zuppa di verza rossa quarantamila lire. Il mese di un pensionato Un dollaro di 10 anni or sono valeva, al mercato vero, tre rubli, oggi ne vale cinquemila quasi duemila volte di meno. Guai a cadere in queste tiappole sentimentali. Guai a rimpiangere Tornire Ma Mosca e una citta maledetta, capace di agguati al cuore, come quelle note strazianti di un quartetto d'archi che sento uscire dal sottopassaggio della via Gorkij. pardon, Tverskaya. Due ragazze e due ragazzi eseguono con gli occhi chiusi Mozart, tra il fetore di vomito d'ubriachi e di urina, per i pochi rubli e qualche fiore buttato dai passanti nelle custodie dei loro strumenti malconci. Suonano benissimo. Tradiscono anni di studio rigoroso, sotto qualche vecchia maestra del Conservatorio con i guanti di pizzo e la bacchetta, per finire in un sottopassaggio fetente, a eseguire concerti per violino e pisciatoio Guai a voltarsi indietro Ma se le due citta non si riuniranno presto, ho paura che quel Milite Ignoto dovrà cambiarsi di nuovo la sua giubba, sotto la lastra nera. Vittorio Zucconi Nelle strade ancora i nomi comunisti In un anniversario i segni d'una lenta e drammatica mutazione I segni del vecchio e del nuovo nella Russia che cambia a lato, un tradizionale mercato di strada, a sinistra il MrDonald's di Mosca Ai reduci un buono per il barbiere