il podio smascherato

// podio h Da Strauss a Furtwàngler e Bernstein, in un video i segreti del mestiere e i tic dei grandi direttori // podio smascherato PIHJ' di mezzo secolo fa il I violinista ungherese Cari j Flcsch scrisse che tra tutti li mestieri musicali quello J del direttore d'orchestra è l'unico in cui un po' di ciarlataneria non solo non nuoce, ma sembra addirittura essenziale. Poi, pero, descrisse alcuni maestri della bacchetta come musicisti tra i più dotati e profondi dell'epoca. Ancora oggi il direttore viene guardato con un miscuglio di disprezzo e meraviglia dai musicisti e con incomprensione dal grande pubblico. Il culto del direttore d'orchestra e un fenomeno novecentesco, benché radicato nell'Ottocento e destinato probabilmente a sopravvivere, pur in diminuzione, per qualche decennio dopo il Duemila. C'è chi vede nel culto un parallelo col totalitarismo che ha devastalo il nostro secolo, e c'e chi invece lo interpreta come una specie di religione fallica. poiché il direttore sta dritto sul podio e, muovendosi, provoca esplosioni sonore. Storicamente però la crescita dell'importanza del direttore dipende soltanto dalla crescente complessità delle partiture orchestrali durante l'Ottocento e dalla tendenza, nel Novecento, a raffinare sempre di più l'esecuzione di quelle ed altre partiture. Ma il compito artistico del direttore ha subito cambiamenti radicali negli ultimi cent'anni. I direttori nati prima del 1900 riconoscevano come dovere principale la presentazione al pubblico di musiche nuove o almeno recenti, soprattutto nel teatro lirico ma anche nella sala di concerto. Volevano si dirigere anche i classici, ma la possibilità di farlo era intesa come un premio per aver assolto bene il primo compito. Mahler, poco prima di morire, disse che una delle più belle esperienze che aveva avuto durante la sua permanenza in America era stata l'opportunità di dirigere la Sinfonia Pastorale di Beethoven, che precedentemente aveva diretto in due sole occasioni. Arturo Toscanini diresse la Settima Sinfonia di Beethoven per la prima volta a 49 anni e Fi delio a 60, e Bruno Walter non si accostò alla grande Sinfonia in sol minoro di Mozart che (mando aveva passato la cinquantina. Oggi invece il grande pubblico esige dai più celebri direttoli pri ma di tutto la riproposta di un repertorio che non si rinnova più. Questo non e un giudizio morali ma un semplice commento sull'attuale stato delle cose: l'interpretazione dei classici non si svolge più attraverso le nuovi tendenze creatrici. Non e per mente casuale il fatto che la corrente più rivoluzionaria dell'interpretazione musicale in questi ultimi decenni sia quella storicistica, atta alla ricerca di stili e suoni «autentici)) per la presentazioni? delle musiche del passalo remoto. E i direttori, sia di orchestre «autentiche), che di quelle «normali)., sono diventati conservatori di museo, proprio come Léonard Bernstein aveva previsto tanti anni fa 11 museo è vasto e stupendo, ma e sempre un museo; alcuni dei conservatori sono eccezionalmente bravi, ma sono sempre conservatori L'unico aspetto veramente nuovo ed esilarante del loro mestiere, da cinquantanni a questa parte, e il rapporto con la telecamera: prima, il direttore aveva il pubblico alle spalle; dava agli orchestrali i segnali necessari per ricordargli alcuni dei dettagli del lavoro che avevano svolto insieme durante le prove, e nei migliori dei casi cercava anche d'ispirarli tramile la propria intensità contenuta. Ma molti direttori di oggi credono di dover dimostrare ad una vasta platea televisiva tutto il loro coinvolgimento emotivo, tramile gesti e smorfie che non solo non hanno la benché minima utilità, ma che spingono gli orchestrali a distogliere lo sguardo da chi sta sul podio. 'l'ulto questo si può capire meglio adesso grazie a una videocassetta inglese, The Art of Conducting Great Condu ctors of the Pusl (L'arte di dirigere l'orchestra - Grandi direttori del passatoi, pubblicata dalla Teldec e distri biuta dalla COI) Warner MusicItalia. Comprende filmati di celebri maestri del passato, commentali da noti concertisti e da orchestrali veterani, e nel giro di due ore mette a fuoco la problematica del mestiere. I compiti imprescindibili di un buon direttore, oggi come ieri, sono evidenti: deve assimilare completamente ogni composizione che sta per provare con l'orchestra: alle prove deve essere in grado di distinguere ogni filo del tessuto orchestrale da tutti gli altri, per poter correggere errori e guidare i suonatori verso un concetto unificato della composizione che hanno sotto gli occhi; deva avere una tecnica che aiuti gli orchestrali nel loro lavoro piuttosto che impedirglielo; e deve avere il carattere abbastanza forte da poter convincere i suonatori a seguire il suo concetto. Deve sapere, insomma, quello che vuole e poi saperlo realizzare. Nel video si possono osservare alcuni aspelli deile tecniche di ben 14 direttori nati tra il 1855 e il 1899, e ciò ehe si vede sorprende non per le divergenze interpretative tra i veri maestri, ma per le assomiglianze pratiche i he li accomunano. C'e chi si muove un pochino di più (Fritz Busch e sir Thomas Beechaml. chi quasi per niente (Richard Strauss e Fritz Reiner); c'e chi e più chiaro (Felix Weingartner e George Szelll, chi meno (Klemperer e Wilhelm Furtwanglerl; c'è chi e più ipnotico (Artur Nikisch e Toscanini) e chi meno (Serge Koussevitzky e sir John Barbirollil: e c'è chi e più showman (Leopold Stokowskil e chi meno (Walterl. Ma nessuno, a parte Siokowski. ripreso durante la breve fase cinematografica della sua lunga carriera, mima la musica con la faccia o si abbandona a gesti sgargianti. Viene in mente il commento 119631 del maestro inglese sir Adrian Boult, fondatore dell'orchestra della Bbc. il quale aveva osservato tutti i grandi maestri da Hans Richter in poi: «La stramba abitudine di agitarsi e di mimare la musica come un ballerino e un fenomeno moderno che. direi, piace all'elemento meno evoluto del pubblico, ma non facilita il lavoro degli strumentisti e cantanti, e tendo a pensare che e soltanto quando un direttore ammaestri se stesso che riesca ad ammaestrare anche altre persone». E' proprio l'autocontrollo e il conseguente controllo del (lusso e riflusso della musica che colpiscono più di ogni altra cosa in questi brani. Strauss e Reiner, per esempio, sembrano quasi annoiati di dover stare li con la bacchetta in mano, ma le loro orchestre reagiscono con grande precisione a ogni minimo gesto, anche se con Reiner non si può legittimamente affermare che gli orchestrali suonino con entusiasmo I gesti di Weingartner. uno dei più influenti direttori del primo Novecento sono piuttosto rigidi, mentre quelli di Furtwàngler sono intensi e a volle spasmodici ma mai esibizionistici. Walter dirige con efficacia semplice un'affascinante prova della Seconda Sinfonia di Brahms, e Klemperer, semiparalizzato, mette in molo la Nona di Beethoven senza alcuna precisione gestuale ma con una volontà quasi tangibile Ma il video contiene filmati anche di due direttori nati in questo secolo: Herbert von Karajan (classe 19081 e Léonard Bernstein (19181. E qui cambia tutto Mentre ì grandi del passato dirigevano tanto attraverso il contatto oculare con l'orchestra quanto con i gesti. Karajan non si degnava neanche di guardare i suoi strumentisti in faccia teneva gli occhi chiusi e il vecchio timpanista (che era anche compositore e direttore d'orchestrai dei Filarmonici di Berlino commenta, nel video, quanto questo semplice fatto abbia influito negativamente sui rapporti ira direttore e orchestra. Descrive Karajan. forse con eccessiva crudeltà, come un «meraviglioso rap presentante commerciale della musica, di se stesso e di noi», e opina che l'orchestra ha mantenuto le sue grandi qualità per tutti quei decenni karajaniani perche «portavamo dentro di noi le sonorità di Furtwàngler", il suo predecessore. Certo, i gesti di Karajan sembrano calcolati per mettere in mostra il suo controllo dei musicisti e della stessa musica; segnalano, a luci al neon, le parole «profondità», «coinvolgimenio • e ■bravura- Bernstein *• altrettanto esagerato, ma ne! modo opposto si sbraccia come se lui stesso provasse in quel momento ogni emozione che il compositore voleva comunicare, come se stesse suonando ogni strumento, come se cercasse di spiegare a ogni osservatore, a furia di sottolineature gestuali e (conseguentemente] musicali, il significato di ogni frase, invece di lasciarlo scoprire Forse tutto lo show era sincero, ma l'autocontrollo mancava completamente - ed e per quello che Slravinskij scrisse di Bernstein, con la solita ironia tagliente .Avrebbe potuto spremere venti chiamate alla ribalta dall'inno nazionale» Non e che : direttori del passalo non avessero degli io altrettanto gonfi quanto quelli dei loro successori: non si diventa celebri senza la volontà di imporsi E non e vero che Weingartner. Reiner. Kousseviizky e tanti altri tra i vecchi fossero più bravi dei migliori direttori di oggi Ma la mentalità dei vecchi era diversa da quella nata ai tempi di Karajan e Bernstein Forse era ancora legata al concetto settecentesco della spreztatura. cioè l'ideale di eseguire anche i passi più virtuosistici, più pericolosi, con un'apparenza di facilità. Disse Richard Strauss «Un buon direttore d'orchestra non suda; fa sudare il pubblico». Tra i più noti direttori odierni, forse l'unico che potrebbe aderire alla vecchia filosofia e proprio il più grande modernista Pierre Boulez E il tatto non e poi cosi paradossale come sembrerebbe a prima vista, perche anche Boulez, come i vecchi, vive la musica del passato attraverso la musica contemporanea. Come rivelano ancora una volta le sue recenti registrazioni per la Deutsche Granimophon ed anche il video della DG «Boulez in Salzburg». l'ex enfant temble francese, ormai settantenne, •conduce» l'orchestra, la incita a raggiungere di nuovo ciò che e stato raggiunto durante le prove, e basta. Uuando si distacca dal lavoro compositivo e si concentra sulla direzione dei «suo" repertorio quello del Novecento classico li nuovi ed con musiche di Debussy, Slravinskij e Messiaen con l'orchestra di Cleveland, di Bartuk con quella di Chicago, e di Webern con l'Ensemble lnterContemporam di Parigi, lo mostrano in forma smagliante) - il suo modus operandi assomiglia molto di più a quello dei grandi vecchi che non a quello dei propri contemporanei. Harvey Sachs Sempre visti di spalle dal pubblico dei concerti, indagati dalle telecamere nel loro dialogo con l'orchestra Lo sguardo ipnotico di Toscanini. gli occhi chiusi di Karajan, gli incitamenti di Boulez 1'«enfant terrible» Nelle due foto qui sotto. da sinistra: Furtwàngler e Toscanini ■v. WÈ 7 Da sinistra Herbert von Karaian. Léonard Bernstein e Leopold Stokovski

Luoghi citati: America, Berlino, Chicago, Cleveland, Parigi