LETTERATURA, CHE IDEA

LETTERATURA, CHE IDEA LETTERATURA, CHE IDEA Una nuova Storia diretta da Malato. Ma non sono già troppe? Ne discutono (e si dividono) Sanguineti, Bàrberi Squarotti, Celati IA prima domanda viene da una constatazione. Garzanti, Einaudi, Utet, Rizzoli, Mondadori, Bollati Boringhieri, Salerno. Sono poche o sono tante le storie della letteratura italiana che le case editrici stanno riversando sul mercato? C'è subito clù risponde che sono troppe e punta il dito contro la stessa situazione editoriale, come fa Giorgio Bàrberi Squarotti, direttore della Storia della civiltà letteraria italiana per la Utet: «Quando noi abbiamo cominciato con la nostra storia, esisteva solo l'idea Einaudi. Ma siamo alle solite. Nelle case editrici non ci sono più né idee né direttori editoriali letterati e intelligenti come potevano essere Vittorio Sereni o lo stesso Valentino Bompiani. Ci sono invece uffici editoriali occupati da persone che si affidano al marketing e procedono per imitazione. Così anche le storia della letteratura prolificano». A scuotere la testa è invece un professore-manager come Enrico Malato, che obietta, protesta, reclama. Obietta che le storie della letteratura italiana non sono tante come sembrerebbe a prima vista e protesta che, a ben vedere, ce n'è una sola: quella diretta da lui per la sua casa editrice, la Salerno, di cui è appena uscito il primo dei 14 volumi previsti, Dalle Origini a Dante. Ma soprattutto reclama un po' più di attenzione specifica su un'impresa che definisce «vasta, ricca e importante». Mostrando reverenza e rispetto per la troppo dimenticata Vallardi, che tuttavia «è datata». Citando la letteratura del Flora, che tuttavia (dia lacune incredibili». Indicando la garzantiana di Cecchi e Sapegno, che tuttavia «è un insieme di monografie». Malato non è disposto a fare concessioni sulle storie più recenti: «L'affollamento è più apparente che reale». Il vero cruccio è che l'edizione della sua Stona diventi l'occasione per un'ammucchiata: «Nessuna delle storie letterarie esistenti ha l'ampiezza d'orizzonte della mia, che tende a ricostruire il quadro della cultura letteraria italiana nel contesto più ampio della cultura tout court. Gli autori che vi collaborano sono tanti, ma sono chiamati a seguire un rigoroso percorso espositivo, con rispetto del lettore, e dunque evitando tutti gli ammiccamenti che di solito avvengono quando gli studiosi si parlano tra loro. Non si tratta, insomma, di una raccolta di saggi in progressione storica, ma di una vera e autentica Storia della letteratura italiana, che sul diagramma della storia recupera la dimensione letteraria del testo, e quando è il caso anche del testo orale, in tutti i suoi momenti di produzione, circolazione, rice zione, attualizzazione. La storia di venta il tracciato lungo il quale ri¬ BTORINO IBLIOTECA Studio: come dire memoria e impegno, parole tranquille, anche se desuete, persino logore, in un Paese per molti aspetti dimentico e svogliato. L'Einaudi le ha scelte per nominare una sua nuova collana di saggi: strumenti di lavoro rivolti in particolare all'università, più in generale a un pubblico colto. Obiettivo ambizioso e insieme tradizionale per la casa editrice, indica il direttore Vittorio Bo: «Contribuire a formare una nuova classe dirigente», in un mondo cambiato (e confuso), perché grandi sono stati gli «sconvolgimenti» del dopo '89. Dunque, verificare un'eredità, «radici e pietre miliari», e insieme innovare un cammino. Riletture e riceiche. Così la «Biblioteca Studio» dello Struzzo (l'originaria marca cinquecentina campeggia fissa in copertina) si apre con tre riproposte, Popper [Logica della scoperta scientifica), Wittgenstein {Ricerche filosofiche), Aquarone (L'organizzazione dello Stato totalitario) e tre novità, Marc Bloch (La strana disfatta, lo storico delle Annales testimone e vittima della sua Francia piegata al nazismo), Peter Brooks (Trame, la cercare, del testo, tutti i possibili percorsi. Una storia letteraria che si connette con la storia della lingua, dell'arte, della musica, del pensiero in generale, con la storia dei fatti e delle istituzioni politiche, attenta sempre ai legami con le culture europee ed extraeuropee, alla sua stessa fortuna fuori d'Italia. Quale altra storia letteraria può vantare una simile compiutezza di proposta?». Al di là della perorazione calorosa e delle giuste ragioni, l'intera questione resta aperta e controversa. Dal monolito risorgimentale della storia del De Sanctis, che scriveva per la Nuova Italia mentre le truppe italiane irrompevano in Roma attraverso la breccia di Porta Pia, è capitato di tutto. Ma si è soprattutto rotto un equilibrio. I due termini «storia» e «letteratura» sono diventati incompatibili tra di loro, sottolinea Edoardo Sanguineti, e ci si è trovati di fronte a una svolta: «0 letteratura o storia. 0 correre dietro a un'idea di letterarietà oggi non più sostenibile, sacrificando la storicità del fatto letterario, oppure tener fede all'idea di storia, ma a questo punto la storia deve affron¬ tare la cultura nel suo complesso e allora la categoria della letteratura diventa problematica perché si trasforma in categoria storica. Non un insieme di fatti letterari ma il divenire stesso dell'idea di letteratura». Un'idea così non è più impresa per solitari, a meno che non diventi il tentativo di un desiderio di semplificazione didattica o manualistica, espressamente scolastica o non (come nei casi pur molto diversi di Siciliano, Petronio, Ferroni, Conrieri-Cudini), oppure il dada di un lunatico di genio come Giampaolo Dossena, che è arrivato con il Cin-

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