Alesi, due motivi per fare il muso

Alesi, due motivi per fare il muso Alesi, due motivi per fare il muso F in 3* fila; e i ladri di auto han fregato anche lui UNA VIGILIA MOVIMENTATA IMOLA DAL NOSTRO INVIATO La prima cosa è il cappellino. Berger se lo schiaccia in testa e sorride sbuffando. «Io sono molto happy». Felice. «Sì, felice. Per la mia perfonna di ieri». Performance. «Sì, ieri. Oggi, non ce n'era più bisogno». Alle 13,55 Stefano Tagliaferri da Terni corre sul prato della Tosa sventolando la bandiera rossa sotto al sole. Ha speso 45 mila hre per il biglietto circolare, è arrivato qui alle 7 del mattino e ha abbandonato la Uno grigia in capo al mondo. Va bene lo stesso. Per il popolo della Ferrari questi sono giorni di festa. Dieci minuti dopo Gerhard è già in mezzo ai giornalisti, subito dopo le prove. «Lo so, qui è un bel casino. Sono tutti contenti se abbiamo successo». E Alesi? «E' forte, è bravo. Ma io e lui siamo diversi. Lui tira sempre, io no. Io studio, io prepara». Jean, invece, i cronisti li sfugge. All'inizio. Passa in mezzo e corre via. «Non ho niente da dire», brontola. Lauda spiega che è arrabbiato perché «era fondamentale partire là davanti e non ce l'ha fatta». Poi, Alesi riappare con la camicia a quadri e il cappellino in testa. Cerca di fare buon viso. «I piloti della Ferrari sono due. Se io arrivo secondo è come se arrivo ultimo». Chiaro, no? «Ma sono contento per la Ferrari e per Berger», soffia triste. Un po' meno per lui. Guarda in alto la gente ammassata sui balconi, quel mare di bandiere sulle gradinate attorno a uno striscione con il Cavallino che dice: «Briatore vergognati». Questa notte, il responsabile della Benetton non l'hanno lasciato dormire: c'era un grappolo di tifosi sotto l'albergo che cantava e urlava, «Ridacci i punti, Briatore ridacci i punti». Siamo in casa della rossa, dev'essere normale. Eppure, non tutti fanno festa. Alesi tiene ancora il broncio, mentre saluta la folla: «La febbre della Ferrari è tornata, però la mia situassione è diffiscìle. Non posso dire bon, il Gran Premio è chiuso. E' possibile che domani faccio una partenza come un razzo e voilà. Però, oggi sono un uomo triste». Meglio non chiedergli niente di Berger. Ha una faccia cupa quando dice: «Meno male che c'è». Ieri sera, come se non bastasse, gli hanno rubato pure la sua Ferrari, una F355 berlinetta, color argento, nel garage dell'hotel. Il ladro ha aspettato con pazienza che qualcuno rientrasse per aprire il cancello. Alle due di notte è arrivato Gianfranco Mazzoni della Rai, ha aperto il portone e il ladro è sgommato via. Poche ore prima la stessa sorte era toccata a Ber¬ ger: anche nella sfortuna i due piloti sono accomunati. Gerhard stava chiacchierando tranquillamente accanto alla sua Ferrari, una 512M, sul piazzale dell'hotel, il Mulino Rosso. «Ho visto uno che entrava nella mia macchina. Ho pensato: me la vuole parcheggiare meglio. Poi quello ha fatto una retromarcia brusca e ho capito che forse non era vero. Ho fatto per corrergli dietro, ma come si fa a star dietro a una Ferrari? Adesso me l'avrà parcheggiata chissà dove». Solo che lui è così contento per la griglia di partenza, che ne parla e ci scherza. Alesi, invece, non ne ha troppa voglia. E anche con i giornalisti francesi fa la faccia di quello scontento, parla della gara e ripete con rammarico che «la speranza c'è, ma parlare di vittoria oggi è proprio difficile. Non voglio dire impossibile, ma così è dura, davvero dura, perché questo non è un circuito che aiuta i sorpassi». Tutt'attorno, lungo la pista, la folla sembra lontana da questi problemi. Duecentomila visitato¬ ri in tre giorni, un movimento di circa trenta miliardi di lire. Sono i numeri di una passione. Rombano i motori e la gente impazzisce. E' una febbre che ha fatto dimenticare persino Senna, come confessa Lisetta Balestri, da 15 anni padrona del banco al Tamburello, la curva dove il re ha finito di correre appena un anno fa: «Qui da noi ormai chiedono solo roba della Ferrari». Lontana la morte, lontana la tragedia. E non fa quasi più effetto che alle 9 e mezzo del mattino il pm Maurizio Passarmi si presenti nel circuito con un faldone sottobraccio e due poliziotti alle spalle per andar a sentire Bernie Ecclestone, e alcuni tecnici della Foca. I cronisti non ci fanno troppo caso. Stanno attorno a Jean Todt e lo tempestano di domande. Chi vede favorito? «Il mio cuore va verso un pilota di Ferrari». Quale? «Ventisette o ventiotto, non ho preferenze». Se ha detto una bugia, non si vede. Pierangelo Sapegno Alesi ha il broncio perché non è riuscito a migliorare «Alla Ferrari siamo in duo; oggi io sono ultimo»