Arcuti: l'Imi entrerà nel San Paolo

26 Il Tesoro accelera: entro giugno la completa privatizzazione dell'Istituto Ararti: l'Imi entrerà nel San Paolo «Eprenderà il 5% di Ina» ROMA. Il Tesoro ha fretta. E' deciso a cedere entro giugno le quote di lini e Ina ancora nelle sue mani, pari al 27,3% per l'istituto guidato da Luigi Arcuti, al 52% per la compagnia guidata da Sergio Siglienti. La conferma viene da rappresentanti del Tesoro presenti alla assemblea dell'Imi, dove è anche confermato che non ci sarà fusione tra Imi e San Paolo di Torino, ma l'Imi acquisterà fino al 2% del capitale del San Paolo e fino al 5% del capitale Ina. Per lìmi non ci sarà bisogno di Opv, si punta alla costituzione di un nucleo di azionisti stabili, il più diversificato possibile e non vincolato da patti parasociali. A sua volta, sempre in assemblea, Arcuti spiega che nel capitale Imi ci saranno tre azionisti «forti» con il 10%: San Paolo. Cariplo e Montepaschi, ai quali si aggiungeranno «aziende di credito estere» portando al 35% la percentuale in mano a istituti bancari (Carisbo ha già dichiarato la propria disponibilità). Un altro 10% verrà suddiviso tra «un gruppo di imprenditori», un altro 15% sarà in mano a investitori istituzionali italiani ed esteri, soprattutto americani ed inglesi, molti dei quali già presenti nel capitale. Al mercato resterà quindi una quota pari al 35/40%. Per l'Ina, viceversa, ci saranno azionisti stabili e Opv. Oui il Tesoro dovrà valutare l'interesse degli azionisti disposti ad entrare con trattativa diretta, e poi fissare la quotaparte da distribuire al mercato, che sarà comunque ampia. Ouanto al prezzo, esso emergerà dalle valutazioni dell'advisor e del global coordinato!-, dalla Borsa, dal governo. Sulle partecipazioni, Arcuti conferma l'intenzione, già approvata dal consiglio Imi, di investire fino al 2% nel capitale San Paolo di Torino, di entrare nell'Ina fino ad un massimo del 5%. Si delinca così quel disegno, già emerso dalla assemblea San Paolo di Torino, che vedrebbe una alleanza saldarsi insieme in un grande polo che ruoterebbe intorno ad Imi, Ina, San Paolo di Torino. «Il presidente del San Paolo di Torino ha detto ieri che non vede l'opportunità di una fusione con lìmi. Aggiungo che io non ne vedo l'opportunità», chiarisce Arcuti: «I due istituti sono adulti e svezzati, ciascuno con la propria filosofia. Posso vedere un rafforzamento a livello di operatività, non parlerei di sinergie, che spesso di traducono in allergie». «Si tratta - prosegue il presidente dell'Imi di una collaborazione finalizzata ad un miglior risultato dei conti». Gli viene chiesto: sarà il vostro un raggruppamento alternativo e antitetico ad altri poli finanziari? «Lo lascio alla vostra fantasia. In Italia c'è posto per tutti». Ma a muoversi c'è anche la potente Cassa di risparmio di Bologna che punta ad una alleanza con la Cariplo per partecipare alla privatizzazione dell'Imi. A parlarne è stato il presidente della Carisbo, Gianguido Sacchi Morsiani, il quale ha definito possibile il ricorso «ad uno scambio di azioni», anche se per ora «non c'è niente di definito». L'assemblea dell'istituto ha approvato ieri il bilancio 1994, che si chiude con la conferma del dividendo a 400 lire ed un utile netto di 101,4 miliardi, in calo del 3,7 per cento rispetto al 1993. La raccolta complessiva è salita a 20.494 miliardi ( + 3,1%), mentre le sofferenze ammontano a 784 miliardi pari al 5,4 per cento del credito erogato. E veniamo al bilancio 1994 dell'Imi. Nonostante un anno non brillantissimo, che ha visto l'utile consolidato a 551 miliardi, il dividendo è fissato a 400 lire, invariato. Previsioni 1995? I risultati non dovrebbero discostarsi molto da quelli del '94. Ma lìmi guarda con interesse al varo dei fondi pensione, per gestire i quali sta già approntando «una bella squadra», [r. r.] Giapre nni Zandano e Luigi Arcuti parano la «grande» alleanza

Persone citate: Arcuti, Luigi Arcuti, Sacchi Morsiani, Sergio Siglienti, Zandano