Laboristi il giorno della perestrojka di Fabio Galvano

8 Addio alle radici marxiste, abolita la «clausola 4» che impegnava alle nazionalizzazioni Laboristi, il giorno della perestrojka Con il 65% dei voti, dai sindacati le maggiori resistenze La grande svolta in vista delle prossime elezioni politiche LONDRA DAL NÒSf RO CORRISPONDENTE «New Labour, now Britain». All'ombra di quello slogan, e con j;li occhi ormai fissi su Downing Street, dopo 16 ininterrotti anni all'opposizione, i laboristi inglesi hanno abolito ieri uno dei pilastri del loro statuto socialista, quello che invocando l'arma delle nazionalizzazioni dava al partito un'etichetta di sapore marxista. Per Tony Blair, il giovane e dinamico leader che ha raccolto l'estate scorsa l'eredità di John Smith e che i sondaggi indicano come il prossimo primo ministro, è stato un trionfo personale. Dopo sei mesi di dibattito ò toccato a un congresso laborista straordinario svoltoso ieri a Londra il compito davvero «storico» di cancellare dopo 77 anni quella controversa «clausola 4», un precetto che tuttora figurava sulla tessera di ogni iscritto, e di sostituirla con la linea più morbida che segna, di fatto, il passaggio laborista alle schiere della socialdemocrazia. L'opposizione dei tradizionalisti, soprattutto tra !e file dei sindacati, non ha scalfito la giornata trionfale di Blair. La nuova versione dello statuto ha avuto l'assenso del 65,2% dei voti, un convincente rapporto di quasi due a uno fra si e no. Scompare, in una giornata nella quale il Labour Party ha acquistato coscienza della propria forza e del suo ruolo futuro, l'impegno alla «proprietà comune dei mezzi di produzione, distribuzione e scambio» e il «controllo di ogni industria e ogni servizio». Anche se nei fatti la «clausola 4» aveva ormai uno scarso significato concreto, essa rappresentava un simbolo delle radici marxiste per la potente ala sinistra del parti- to. La nuova dichiarazione parla di «una comunità in cui potere, ricchezza e opportunità sono nelle mani dei molti e non dei pochi»; di un'economia in cui «le imprese di mercato e il rigore della concorrenza» sono necessari per produrre ricchezza. «Oggi nasce un nuovo partito laborista - ha detto Blair, applauditissimo -. Il nostro compito è niente meno che la rinascita della nazione». E nell'entusiasmo della sfida lanciata a John Major e al governo conservatore, che già alle elezioni locali di giovedì prossimo potrebbe assumere forma concreta con una disfatta dei Tory di proporzioni senza precedenti, è passato in secondo piano il «no» dei due maggiori sindacati (trasporti e statali). Se l'esecutivo del partito si ò pronunciato per 27 a 3 in favore della riforma, la quota di voto spettante ai sindacati ha registrato soltanto il 38,2% di sì e il 31,8% di no. Una conferma che dai sindacati, non dagli attivisti di partito, provengono oggi i maggiori ostacoli alla trasformazione del Labour Party; e che di conseguenza nella nuova realtà laborista il ruolo dei sindacati potrebbe subire una progressiva limitazione. Molti tradizionalisti, legati al sogno marxista, hanno giurato ieri che si batteranno per scongiurare la completa trasformazione socialdemocratica del partito. Ma Blair non ha lasciato dubbio sulle proprie intenzioni: «Il cambiamento e la modernizzazione - ha detto non si fermano questo pomeriggio. Continuano, nello sviluppo del partito e della sua politica». La posta in gioco è troppo importante. Il Labour guarda alle prossime elezioni politiche, che dovranno svolgersi entro il maggio 1997, come a una rinascita dopo gli anni d'esilio impostigli prima dalla Thatchcr e ora da Major. Ma por confermare le indicazioni ora fornite dai sondaggi (56% contro 26) occorre conquistare un vasto strato di elettori per i quali la «clausola 4», che già nel 1959 l'allora leader Hugh Gaitskell aveva invano tentato di abolire dopo una sconfitta elettorale in cui i Tory lo avevano accusato di «mire totalitarie», restava un pericoloso impegno ideologico. «Non sono entrato nel partito laborista per far parte di un gruppo di pressione», ha proclamato ieri Blair, lanciando la sua sfida a Major: «Non ne sono diventato leader per guidare un movimento di protesta. Il potere senza principi e sterile. Ma i principi senza potere sono futili. Questo e un partito di governo o non e nulla. E io lo guiderò come partito di governo... Se talora sembro troppo ansioso, ò per un unico motivo: non posso sopportare questi Tory al governo. La popolazione britannica merita di più». E' stata la sua giornata. Fabio Galvano Il leader Tony Blair «Non sopporto questi Tory al governo L'Inghilterra merita di più Tony Blair il dinamico leader laborista che ha rinnovato il partito

Persone citate: Britain, Hugh Gaitskell, John Major, John Smith, Tony Blair

Luoghi citati: Inghilterra, Londra