In Alsazia, il cuore d'Europa che si è innamorato di Le Pen

In Alsazia, il cuore d'Europa che si è innamorato eli Le Pen VIAGGIO NELLA FRANCIA DEL VOTO Il rebus di Strasburgo: roccaforte rossa, senza immigrati, ha scelto il Fronte In Alsazia, il cuore d'Europa che si è innamorato eli Le Pen CSTRASBURGO ORRETE, dalla balconata della cattedrale sventola una bandiera con la svastica!». Il flic che riceve la chiamata non avvisa nemmeno i colleghi: sarà un buontempone. Ma qualche minuto più tardi sono i centralini di tutti i commissariati strasburghesi ad andare in tilt. «Quelli di Le Pen festeggiano la vittoria esibendo in duomo la croce uncinata», telefona qualcuno. La polizia arriva in forze: 10, 15 vetture. E si trova davanti l'insegna nazista che garrisce al vento del pennone. Sotto, almeno mille cittadini che, sospesi tra orrore e vergogna, inveiscono: «Il Front National riporterà Hitler in Alsazia eccone la prova». Inutile dire che Jean-Marie Le Pen non c'entrava. E' leader troppo accorto per sciupare con un'iniziativa goliardico-nostalgica lo straordinario exploit al primo turno presidenziale (25%) in una regione dove batte il cuore dell'Europa, il benessere non trova rivali, e i maghrebini costituiscono minoranza sparuta (come, peraltro, i disoccupati). In realtà il vessillo era lì per uno scenario cinematografico, non politico. Si girava un serial tv, «Gli alsaziani». Che tra il giugno '40 e il febbraio '45 - quando il Terzo Reich perse Colmar - non conobbero l'Occupazione ma una vera Anschluss, arruolati di forza nella VVehrmacht o (i più anziani) nel Volkssturm per farsi uccidere dai russi. Piaghe lontane, ma che un nonnulla - persino l'innocua bandierina dell'originale televisivo - può rifar sanguinare. Specie quando Jean-Marie Le Pen si è appena impadronito di una terra che mai gli appartenne. Nel duello finale per l'Eliseo, domenica 7 maggio si affronteranno Jacques Chirac e Lionel Jospin. Ma se la Francia intera avesse votato come i quasi due milioni di alsaziani, lo spareggio presidenziale metterebbe in lizza Jean-Marie Le Pen (favorito, con il 25,41%) contro Edouard Balladur (24,53). Jospin totalizza il suo peggior risultato regionale, con il 16,87%. Ma ha quantomeno la magra soddisfazione di precedere uno Chirac ancor più suonato (16,67). Laboratorio di fervido europeismo, munita di un carismatico sindaco ps - è donna, Catherine Trautmann - da sempre all'avanguardia in campo sociale, esemplare faro di pacifica coabitazione religiosa tra eredità cattolica, protestante ed ebraica, Strasburgo la Rosa vuol forse copiare Marsiglia la Nera negli exploit xenofobi, la guerra intercomunitaria, il degrado non solo urbano? Sarebbe uno choc ancora più grande per il Paese nel suo insieme. Dici Marsiglia e il francese medio - personaggio mitico come l'ippogrifo, ma che di tanto in tanto bisogna pur citare - visualizza gangster Anni Trenta, affarismo (Bernard Tapie docet), combines, quartieri-casbah. Dici Strasburgo e viene in mente l'innocua - salvo che per il colesterolo - choucroute (piatto ormai nazionale: ma gli alsaziani non amano far sapere che ne rubarono l'idea ai cinesi attraverso l'influenza un- Jacques Chirac La crimsta dilLa seraflic in di g na); l'Europarlamento (che anche gli avversari di Maastricht non criminalizzano oltremisura: la Nuova Babilonia, semmai, è Bruxelles, ove regna l'iniqua Commissione); il suo figlio più celebre: Albert Schweitzer (dal medico di Lambaréné, a Jean-Marie Le Pen: mica male); le cicogne che ancora popolano, smog permettendo, MSIBE <C0TES D'ARMOUfrancesi pesci». minalità agando girano assetto uerra i comignoli; e il placido Reno dove - come ama dire il celebre disegnatore alsaziano Tomi Ungerer - «tedeschi e pescano gli stessi Un'Alsazia quasi fiabesca, insomma, dove i novelli valori (ecologia, qualità della vita, sincretismo non solo architettonico tra douce Franco e hard Deutschland) soppiantano le antiche paure (una frontiera di morte, il lungo esilio annessionistico sotto il tallone di Berlino fra il 1870 e il 1918, la febbre pangermanista '35'45, e una Liberazione così tardiva da lasciarsi invocare nelle chiese di Francia come l'unico miracolo divino davvero necessario dopo quelli, umani, compiuti da Charles de Gaulle). Per risvegliarsi dalla favola bella che ha illuso l'Alsazia, stregando a lungo francesi (e tedeschi), basta passeggiare dopo le 22 nella Place de la Cattedrale. Più nessun drapeau hitleriano ma - non meno inquietanti - due gipponi di Crs (la Celere) che presidiano il sagrato. E uomini in divisa e manganello agli angoli della centralissima rue du Maroquin. «Sono i rinforzi da Lione», mi dice Konrad il tassinaro. Mi informo. E' vero. Con il 40 per cento di piccola criminalità in più sul '93, la Città Vecchia trasuda ormai delinquenza. Droga, aggressioni, borseggi, racket: una vera patologia da metropoli euroamericana. Ben ne testimonia, del resto, l'apparato poliziesco. E qui, di sicuro, il Fn trova terreno fertile per imporsi. La lotta al crimine - pena capitale inclusa - non è forse, in casa Le Pen, un impegno martellante, ossessivo, egemonico? Ma la spiegazione in chiave «sicurezza» rischierebbe di essere semplicistica. E in ogni caso qualcuno potrà sempre rilevare che malgrado il teppismo le classi medie dei quartieri cen¬ trali hanno messo nell'urna vera borghesia illuminata non pochi suffragi per Lionel Jospin. Ma il Rosa sfuma verso il nero (Le Pen non sarebbe d'accordo: i colori che rivendica in pubblico sono il blubianco-rosso dello stendardo nazionale) se passiamo nei rioni periferici e - oltre - verso le morbido colline in cui Riesling o Traminer addolciscono la ruvida cucina locale. Meglio, allora, imboccare un'altra pista. Destinazione Kehl. La congiunge a Strasburgo il «Ponte dell'Europa». Ma siamo già nel Baden, terra tedesca. Basta osservare i titanici uffici doganali nella «noman's land» fra i due Paesi per comprendere che Strasburgo non è un mero baricentro geografico-politico dell'Europa comunitaria, ma anche commerciale e persino demografi- co. Con Maastricht aveva tutto da guadagnare. E non a caso gli alsaziani plnbiscitarono il Trattato disgustando il loro futuro beniamino Jean-Marie Le Pen. Ma Schengcn è un'altra cosa. Etienne il doganiere guarda passargli davanti quarantadue autoveicoli prima di fermarne uno. Targa polacca. «Documenti prego». Un'ocidiiatina e via. Qualche metro più in là, il suo omologo grigioverde Heinrich socchiude l'occhio e lascia che gli scorra ai piedi il lungo fiume tranquillo della migrazione Est-Ovest. Ormai i controlli li si fa a campionature minime. Per puro scrupolo. Come il prelievo mensile di acqua potabile per rassicurare le popolazioni. E da porto franco-tedesco, Strasburgo e l'Alsazia si ritrovano in camera d'acclimatazione per polacchi, russi, tzigani, 4 x, romeni, esuli jugoslavi. Alice l'assistente sociale nega che il flusso sia davvero massiccio. «Qualche centinaio», dice vaga. Ma fare statistiche sui clandestini mette a dura prova, con il buon senso, anche l'irriducibile cartesianesimo dell'Administration Publique. In ogni caso non è il numero ma la «vivibilità» dei figli di Schengcn a spingere verso il nazionalismo estremo i bravi alsaziani. Zingarelle che ti infilano la mano in borsa, meno commoventi grossi ucraini pronti a rubarti la Bmw e rivenderla a Kiev (hanno appena arrestato il capobanda), profughi da smistare in villaggi che fino all'altro ieri i negri ii vedevano solo nei film e gli stranieri dello zooEuropa (tedeschi esclusi) al tg. Terminata la fiction, arriva la paura. Lo Tsunami schengeniano, l'onda lunga dell'immigrazione, le steppe che riversano altri barbari sulla civilissima Francia. Come se i Franchi non fossero a loro volta arrivati proprio dall'inospitale, selvaggio Est. E che le dimensioni reali del fenomeno siano per ora modeste accresce, se possibile, il panico. «E' solo l'inizio ma prepara la fine», predica il Front National ammodernando l'apocalittico «Pentitevi!» con un più prosaico «Votateci!». Ma anche questa seconda verità è ancora troppo Lionel Jospin Cresfrustraperstraptede ce la azione r lo otere esco parziale. Cerchiamo la terza e ultima - nel villaggio di Bliesbruck. Scusi, abita qui Heidi? verrebbe da chiedere nel passeggiare tra le vie di un borgo ridente e all'apparenze spensierato come un cu-cù svissero. No, niente Heidi in compenso, siamo chez Le Pen. Sembra cattiva letteratura. Ma forse la ragione vera c'è, imprevedibile ma decisiva. Sentiamo Maxime Kremer, il sindaco: «Con il loro Dcutschmark, i tedeschi sbarcano in casa nostra da padroni portandosi via tutto». Shopping - e passi - ma anche massicci acquisti immobiliari e terrieri. Bliesbruck incassa, ma si ritrova giorno dopo giorno espropriato. «Mezzo secolo fa i Boches - crucchi, nel francese del '14-'18 - ci invadevano con i Panzer. Adesso basta loro aprire il É| portafogli». Frustrazione, invidia, timori più o meno atavici di un nuovo colonialismo. Gli stessi che provano quotidianamente 60 mila alsaziani c lavoratori frontalieri in Germania, lì Le Pen predica l'orgoglio di essere francesi. Per difendersi dagli algerini, in linea di massima. Ma perché non dal marco, se riesce a convincerne i borghigiani di Strasburgo e Bliesbruck? La polemica contro il ;%! «mondialismo economico», il «Capitale finanziario senza volto» (è già un progresso non attribuirgli quello di un usuraio ebreo) rientrano fra i suoi cavalli di battaglia. E il marco, all'epoca Reichmark funzionava già così bene nell'inverno '44 che per qualche giorno gli Alleati lo rcintrodussero nella Strasburgo liberata. Enrico Benedetto Sulla torre della Cattedrale una bandiera con la svastica Choc, ma è il set di un film La criminalità sta dilagando La sera girano flic in assetto di guerra Cresce la frustrazione per lo strapotere tedesco stricht misu semna l'isuo fiAlbert co di rie Le icogne smog LA FRANCIA NERA <C0TES D'ARMOUr) ancesi pesci». ca, in valori a vita, chitet tra Franco Deud) sopno le paure ontiera rte, il esilio oniotto il di fra il e il a febCA1AIS S rLE-DE-FRANCEV MARNE et-VIlAIN! \MAJENNEJ JH / SAR1HE !5¥b—V r_t "V etlOIRE , euje ^ «na? >-u / TtattT AU6E etOHER ME» SAOM VENDEE \DEUX ÌSEVft! ai INDKE ( VIENNE V (. km; / \ W COIEOT l CHER \ NIEVRE 3V ./ T-X Aite C *m JE-M. r~<, VIENNr\. f m | C0RRE2E / COTOGNE "v, ) CANTAI \ H* Sj JÌÙUW. -%.-^X m vii \ *'W'^ W1KXJE /H,e r VV< C- fef.de EEIFCTI CORSICA MVtON ^V, SWOtE Aires r* AiPES 1VOTI Dl LE PEN IN % DA 0 A 11 ] DA 11 A 19 | 19EOLTRE trali hanno messo nell'urna nazionale) se passiamo nei rioni periferici e - oltre - verso le morbido colline in cui Riesling o Traminer addolciscono la ruvida cucina locale. Meglio, allora, imboccare un'altra pista. Destinazione Kehl. La congiunge a Strasburgo il «Ponte dell'Europa». Ma siamo già nel Baden, terra tedesca. Basta osservare i titanidgTfLtgri AJLAFMSudcddNu 4 x, É| A sinistra Jean-Marie Le Pen A destra Francois Mitterrand Sotto un reduce dell'Algeria con la foto del leader del Fronte Nazionale Lionel Jospin