Il segretario pds: il servizio pubblico può rimanere ma deve essere assai ridimensionato «Così smantelleremo il monopolio Rai»

Il segretario pds: il servizio pubblico può rimanere ma deve essere assai ridimensionato Il segretario pds: il servizio pubblico può rimanere ma deve essere assai ridimensionato «Così smantelleremo il monopolio Rai» D'Alema: con il doppio sì vinceremo il referendum ROMA. «La Rai va ridimensionata, e di molto. Un monopolio pubblico con tre reti e tredicimila dipendenti è un'anomalia che bisogna assolutamente rimettere in discussione». Sembra Adamo Smith, invece è Massimo D'Alema. Un segretario del pds che critica un baraccone di Stato, anzi, il Baraccone per eccellenza: la Rai. E' la «Bad Godesberg» televisiva della sinistra italiana, aggrappata per decenni alle gonne di mamma Rai. «Svegliatevi, il tempo passa: siamo cambiati», ridacchia socialdemocraticamente, condendo le parole col celebre ghigno dalemiano. Mercoledì aveva annunciato, fra la sorpresa generalo, l'adesione del pds al referendum leghista sulla privatizzazione della tv pubblica. In realtà il referendum è molto più cauto del D'Alema-delgiorno-dopo. Il quesito proposto dalla Lega non rende inesorabile la privatizzazione: si limita a cancellare la riga di legge che impone la "totale partecipazione pubblica" nel capitale sociale. La novità è che D'Alema no dà una lettura assai più ampia: «E' vero che la privatizzazione non sarebbe automatica, ma la vittoria del "sì" aprirebbe una strada. Una strada che noi vogliamo percorrere. Il servizio pubblico può rimanere, purché molto ridimensionato, in reti e in uomini. Altrimenti ha davvero ragione Berlusconi. La permanenza di un colosso pubblico giustifica e dà un alibi alla permanenza di un colosso privato. Non solo. Anche se restasse l'unico, il monopolio della tv di Stato ostruirebbe egualmente il mercato. Per far entrare nuovi soggetti non basta che dimagrisca la Fininvest: bisogna che perda chili anche la Rai. Sarò ancora più chiaro: se diciamo che Berlusconi non può avere tre canali, porche dovrebbe poterli avere la Rai?». Parte così la campagna dalemiana di maggio, altrimenti detta del «doppio sì»: sì ai tre referendum anti-Fininvest ma sì anche al quarto, anti-Rai. L'obiettivo politico è di mettere sotto scacco il Polo: «Il nostro secondo "sì" rende più credibile il primo. Il messaggio che mandiamo agli elettori ò lineare: cambiamo la Fininvest, ma anche la Rai. La destra come si opporrà? Spiegherà agli elettori che bisogna attaccare la Rai e difendere soltanto le tv di Berlusconi? La commissione-tv di Napolitano sta per varare una bozza di legge sul riassetto del sistema. E' impressionante, al contrario, come da parte del Polo non sia arrivato neppure uno straccio di proposta. E sì che dovrebbero averne di esperti in materia, o sbaglio?». Segue un nuovo, formidabile ghigno. D'Alema sente di aver impostato nel modo più vantaggioso la partita. Tanto da non aver nessuna paura di giocarla: «Non temo i referendum perché col "doppio sì" sono sicuro di vincerli. Però preferirei ugualmente evitarli, per scongiurare la fortissima poli¬ ticizzazione che si portano addosso. E' nostro interesse svelenire il clima, non infervorarlo». Il D'Alema «di governo» non si preoccupa soltanto dei possibili eccessi del Polo. Con i suoi collaboratori si è lamentato per «le cazzate - assolutamente da reprimere - di certa gente di sinistra, che farà di tutto per farci perdere». Alludeva ai manifesti su Berlusconi-Pinocchio, che sembrano fatti apposta per trasformare i referendum televisivi in un plebiscito prò o contro Re Sil- vio, dall'esito rischioso. «Ripeto: non mi fanno paura, ma un margine per evitare i referendum c'è. Nel Polo mi pare di intravedere due stati d'animo diversi: ci sono quelli che gridano "al referendum!" sognando la rivincita delle amministrative. Ma c'è anche chi, spaventato, ha paura di andare alle urne e rompersi le ossa». La mano è allungata, in attesa che da destra qualcuno la stringa. Purché si sbrighi. Il tempo, come dicono in tv, è tiranno. Intanto, dal settimo piano di viale Mazzini arriva la prima reazione «da zero a zero» del presidente Rai all'offensiva del pds. Letizia Moratti: «Scusate la non-risposta, ma non voglio entrare nel dibattito politico. Devo difendere l'istituzione, il servizio pubblico...». Appunto quello che D'Alema, per la prima volta nella storia delle Botteghe Oscure, ha appena messo in dubbio, o almeno in cura. Dimagrante. Massimo Gramellini «Se Berlusconi non può avere tre reti, perché la Rai sì?» «Non si trasformi una questione di regole in guerra di religione» proposta. E sì che dovrebbe averne di esperti in materia, sbaglio?». Segue un nuovo, rmidabile ghigno. D'Alema sente di aver impoato nel modo più vantaggio la partita. Tanto da non er nessuna paura di giocar: «Non temo i referendum rché col "doppio sì" sono siro di vincerli. Però preferii ugualmente evitarli, per ongiurare la fortissima poli¬ «Non si trasformi una questione di regole in guerra di religione» A lato, Fedele Confalonieri, presidente Fininvest. Sopra, Massimo D'Alema, segretario pds A lato, Fedele Confalonieri, presidente Fininvest. Sopra, Massimo D'Alema, segretario pds

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