Si amplia in Veneto l'inchiesta sulle truffe in agricoltura. Il presidente della Lega: provvedimenti sproporzionati Coop rosse, manette per altri 13

Si amplia in Veneto l'inchiesta sulle truffe in agricoltura. Il presidente della Lega: provvedimenti sproporzionati Si amplia in Veneto l'inchiesta sulle truffe in agricoltura. Il presidente della Lega: provvedimenti sproporzionati Coop rosse, manette per altri 13 ENordio annuncia: interrogherò Occhetto VENEZIA DAL NOSTRO INVIATO Il duro Nordio non rinuncia alle manette nell'inchiesta sulla truffa delle cooperative agrìcole e si riceve una razione di polemiche: «Provvedimenti sproporzionati», dice il presidente della Lega del Veneto. Ma il pubblico ministero di Venezia ò uno abituato - come ha ripetuto ieri ai giornalisti che gli riferivano delle polemiche - a parlare per «atti giudiziari». E ieri gli alti sono stati tredici (ordini di custodia) e quaranta (denunce). A cui bisogna aggiungere l'annuncio di un altro atto, prossimo venturo: l'interrogatorio di Achille Occhetto, segretario del partito comunista (poi pds) negli ultimi Anni 80 quando sembrano essere maturate le malefatte da cui è partita l'inchiesta veneziana. Il pm Nordio ieri ha confermato che ascolterà Occhetto: l'aveva già detto qualche mese fa, poi non lo ha mai fatto. Questa volta, promette, lo farà. Gli arrestati di ieri sono personaggi squisitamente veneti e lombardi: amministratori di cooperative fallite, ispettori che dovevano ispezionare e non l'hanno fatto, sindaci di consigli di amministrazione, liquidatori, etc. Ma anche semplici coltivatori. Le accuse sono varie e gravi: bancarotta fraudolenta, falso in bilancio, truffa e frode fiscale. Tre hanno anche l'associazione per delinquere. Si tratta di Alberto Fontana, Giuseppe Faggin e Renato Murer, gli ultimi due commercialisti e liquidatori. La pista è quella delle cooperative agricole (Veneta mais, Agrisviluppo, Cerna, e altre) che sarebbero state fatte fallire per dirottare artificiosamente altrove i finanziamenti ottenuti (da Cee, Stato e Regione) per progetti finalizzati. I soldi, usciti dalle casse delle cooperative fallite, sarebbero finiti in altre cooperative e, in definitiva (ma trattasi al momento di sola ipotesi), nelle casse del Pds. Chiaro che l'obbiettivo (per ora solo enunciato) dalla procura veneta è quello di dimostrare che dal sistema cooperativo arrivavano al pci-pds finanziamenti non solo illeciti, ma anche fraudolenti. E infatti il Nucleo regionale di polizia tributaria della Guardia di Finanza a cui Nordio affida l'esecuzione dei suoi «atti» manda comunicati ai giornali intitolati «Tangentopoli rossa». E che ci fosse del marcio nei conti cooperativi non c'è dubbio. Trentasei sono le aziende fallite su cui si indaga. Il vortice di denaro che ruota intorno a questi fallimenti è all'incirca di 120 miliardi. Ma al momento ne risultano solo 5 o 6 davvero controllate. Tuttavia i fatti misteriosi e sospetti che circondano questi affari sono parecchi. Tanto per fare un esempio ieri si è saputo che nel corso delle indagini i finanzieri sono arrivati alla «Sintesi srl», una società che aveva avuto la commessa di studiare e realizzare un programma informatico che legasse insieme la contabilità delle varie cooperative. Tuttavia quando hanno chiesto ai dirigenti della Sintesi di vedere i documenti per poter venire a capo di questo programma, si sono sentiti rispondere che non si poteva perché era stato inghiottito dal computer. Piccolo aneddoto, tuttavia rivelatore del clima che c'è intorno all'inchiesta sulle cooperative in Veneto (ma anche altrove): a un certo punto ci si ferma, non si può andare oltre, ci sono bugie, mezze verità, omertà. Ciò nonostante il presidente della Lega delle cooperative venete ieri è stato molto duro con il magi¬ strato per gli arresti: «Provoca sofferenze inutili, alle persone e alle famiglie. Alcuni degli arrestati avevano già fornito tutta la collaborazione, avevano colloquiato per ore con magistrati e finanzieri... Avrebbero potuto fuggire, non l'hanno fatto perché sono coltivatori diretti che hanno perso tutto o quasi nel dissesto delle proprie cooperative». Si difendono dicendo che i fondi, quando distratti, sono finiti ad aiutare altre aziende, nello spirito cooperativo, come se quei soldi fossero di tutti. Ma non era così. Cesare Martinetti Antonio Di Pietro, ex sostituto procuratore e pm simbolo di Mani pulite

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