Lasciate che la Gente decida sulla televisione di Curzio Maltese

Lasciate che la Gente decida sulla televisione ANTITRUST Lasciate che la Gente decida sulla televisione FRA gli avventori del bar all'angolo e dell'ortomercato milanese - oltre i margini insomma del grandioso dibattito politico italiano jè* convinzione diffusa che «Berlusconi abbia perso le elezioni perché non ha gggg tùto fare gli spot». Ih termini meno rozzi (e chiari): la par condicio, imbrigliando la Fininvest e l'annessa Rai morattiana, ha disinnescato in parte la bomba del consenso, la Televisione: il vero partito di Berlusconi. Si tratta probabilmente di un'intollerabile semplificazione. Specie se confrontata con le acute analisi socio-psicologiche sul voto del 23 aprile - tutte concordi nell'ignorare il tema televisivo - sfornate al volo dai commentatori politici, per lo più sull'unica base dei sondaggi fasulli appresi guardando la tv. Ma, e se la gente per una volta avesse ragione? Se l'avverarsi di un'imprevista sconfitta del Polo e della vittoria del centro-sinistra dopo una campagna elettorale «oscurata», la prima «senza televisione» da molti anni, non fosse una coincidenza, un mero accidente manzoniano? E' un'ipotesi avvalorata dalle teorie, ma soprattutto dalla prassi, del massimo esperto di «tele politica» del mondo: Silvio Berlusconi. Anche il Cavaliere la pensa come quelli dell'ortomercato. Fin dal principio ha infatti lanciato tutta la macchina del partito-azienda (tv e giornali, parlamentari e presentatori, annunciatrici e opinionisti) in una furibonda battaglia contro il decreto di par condicio. Mescolando come sempre le mezze verità agli slogan ideologici. E' vero, per esempio, che la par condicio puzza di censura. Anzi, è una censura. Di chiara marca democristiana, per giunta, come chi l'ha ispirata. Non c'è cosa peggiore. Tranne una. Lasciare briglia sciolta a una tv di iper regime, la Rainvest, dove cinque direttori di telegiornale su sei debbono Letizia Morattregi I cine I gior l'incarico e lo stipendio, e non da oggi, a un leader di partito. E' invece assolutamente falso, come sostiene la propaganda del Polo, che proibire gli spot elettorali sia una «misura da socialismo reale». Il divieto esisteva già in Germania e Inghilterra, e in tutto il resto d'Europa si discute seriamente se non sia arrivato il momento di separare la Politica dalla Pubblicità. In definitiva, l'esperimento di governare una nazione a colpi di spot, tentato per sette mesi da Berlusconi, non aveva prodotto poi questi grandi risultati concreti. Al contrario, l'oscuramento degli spot prima delle regionali ha avuto sicuri effetti positivi. Privati delle armi di seduzione dell'Immagine e dello Slogan elettronici, i candidati sono stati almeno costretti a tornare in strada e in piazza per contattare di persona gli elettori. Cercando magari di convincerli con uno straccio di discorso e programma. Hanno ricominciato a far politica. Certo,' si tratta del vecchio modo di far politica. Senza la Televisione. Un grande, potenziale strumento di democrazia. Se fosse davvero «libera», cioè affidata alle leggi del moderno mercato piuttosto che alle grinfie dei partiti. Ci vorrebbe insomma la famosa legge anti trust. Ma se non s'è fatta in quarantanni di televisione italiana, non si capisce perché dovrebbe votarla proprio questo Parlamento spaccato, in quattro e quattr'otto, per evitare i referendum. Meglio, molto meglio votare. Il popolo ha deciso direttamente e in senso libertario su questioni come divorzio e aborto. Sarebbe ora che si pronunciasse sulla Televisione. C'è caso che gli italiani si siano stufati di lasciar decidere ai partiti su un tema che riguarda la nostra vita di tutti i giorni, il loro passatempo preferito, la terza attività umana. Curzio Maltese sse^J Letizia Moratti

Persone citate: Berlusconi, Letizia Moratti, Letizia Morattregi I, Silvio Berlusconi

Luoghi citati: Europa, Germania, Inghilterra