Il leader di An non commenta lo stop elettorale, un collaboratore: «Prova una rabbia incredibile» Fini, voglia di rivincita dietro il silenzio di Fa. Mar.
Il leader di An non commenta lo stop elettorale, un collaboratore: «Prova una rabbia incredibile» Il leader di An non commenta lo stop elettorale, un collaboratore: «Prova una rabbia incredibile» Fini, voglia di rivincita dietro il silenzio Nel partito c 'è aria di nuovefaide ROMA. All'altare della Patria Gianfranco Fini arriva per ultimo. Lui, di solito affezionato al suo aplomb, stavolta ha la nuca spettinata, mastica una caramella e arrivato davanti ai piedi della scalinata, sussurra: «Su' facciamo questa cosa». La cosa che Gianfranco Fini deve fare in questo piovoso pomeriggio di aprile - sono passate da poco le 15 - ò salire le scale dell'altare della Patria dietro ad una corona di alloro e assieme ad Edgardo Sogno, medaglia d'oro della Resistenza, per commemorare il 25 aprile. Di solito, quando aprile era agli sgoccioli i segretari dell'msi (Fini compreso) partecipavano a messe per commemorare la morte del Duce e dunque questa è la prima volta che un ex missino decide di partecipare ad una cerimonia per la Resistenza. Ma non poteva capitare giornata peggiore per consumare questo ennesimo strappo. La battuta d'arresto alle elezioni è stata bruciante e il Fini che si presenta in piazza Venezia ha i tratti di una sfinge: non parla e non muove i muscoli del viso. Ha uno scatto soltanto quando un fotografo gli chiede: «Onore' se' metta qui». E lui, duro: «Non mi dica quel che devo fare». E alla pallida replica del fotografo, Fini chiude così: «Lei faccia il suo mestiere». La cerimonia all'altare della Patria dura 5 minuti e quando Fini ridiscende le scale, resta silenzioso e scarta così il cronista: «Non ti rispondo, inutile che mi provochi». E' il secondo giorno di fila che Fini resta muto ed evita di commentare quel 14,4% che segna una plateale battuta d'arresto per le sue ambizioni personali e per quelle di An. Ma la sorpresa non sono soltanto quelle inusuali 48 ore di silenzio, la sorpresa semmai è la fuga, la reazione emotiva alla mezza sconfitta da parte di un personaggio che ha fatto della freddezza, dell'algido raziocinio la sua forza. Due giorni fa Fini si è promesso e poi negato ai giornalisti assiepati al «Plaza» e al match televisivo con D'Alema. Racconta Ignazio La Russa, uno dei pochis- simi che conosce Fini anche psicologicamente: «Ho parlato poco fa con Gianfranco: è incavolato come una bestia per essere stato indotto a commentare gli exit poli. Ha dovuto ragionare su un dato falso». Ma il dato falso oramai è un ri¬ cordo lontano, eppure Fini continua a restare muto. Lui tace, ma parlano - eccome - i suoi colonnelli e dentro An si profila una baruffa interna già a partire da oggi, alla riunione dell'esecutivo. Il primo a dar fuoco alle polveri è il portavoce del partito, Francesco Storace, che per onorare la sua fama di «Epurator», chiede che «rotolino due, tre teste». E Storace attacca: «In tutta Italia An vince e nel Lazio perde: ci dovrà essere qualcuno chiamato a pagare». Storace non li nomina ma ce l'ha a morte con il delfino di Fini Maurizio Gasparri e con Adolfo Urso, responsabile di An per il Lazio. Rivalità personali, antiche ruggini per la leadership del partito romano e infatti il milanese La Russa liquida tutto così: «Mi sembra strano che Storace abbia fatto certe dichiarazioni, forse si tratta di beghe romane che io non conosco». In realtà la bega Storace-Gasparri nel partito la conoscono tutti a memoria e il bastian contrario Teodoro Buontempo ne approfitta per affondare il coltello: «Questa storia del taglio delle teste è infantile, le responsabilità semmai sono a 360 gradi, di deputati che anziché remare per il Polo in queste elezioni hanno fatto da galoppini per i propri amici candidati», [fa. mar.]
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