Questa mattina il vertice del Polo sarà spinoso per il leader di Forza Italia Berlusconi contestato dagli alleati di Alberto Rapisarda

Questa mattina il vertice del Polo sarà spinoso per il leader di Forza Italia Questa mattina il vertice del Polo sarà spinoso per il leader di Forza Italia Berlusconi contestato dagli alleali Elezioni a giugno? Fini e Ccd: vedremo... ROMA. Berlusconi voleva andare a tutti i costi oggi da Scalfaro, per chiedergli nuovamente elezioni a giugno. Ma i suoi alleati, ancora storditi dalla sconfitta alle regionali, non ci stanno. Fini ha detto: «Vedremo». D'Onofrio, del Ccd, sbarra la via e precisa: «Il Quirinale non c'entra nulla con le elezioni. Scalfaro va lasciato in pace». E lo stesso Previti, uomo ombra di Berlusconi, appare dubbioso: «Non credo che ci sarà un appuntamento con Scalfaro». Non pare proprio più il tempo delle richieste perentorie al capo dello Stato. Ora è Berlusconi che deve affrontare le contestazioni dei suoi alleati. L'appuntamento è al «vertice» di questa mattina, dove il Polo esaminerà gli sconfortanti risultati elettorali per studiare tattica e strategia per il futuro. Non ci sono solo le 9 regioni al centro-sinistra e le residue 6 al centro-destra. «Abbiamo corso il rischio di non vincere neanche in una - puntualizza allarmato D'Onofrio -. Perché il Polo ha vinto solo grazie alla divisione del fronte avverso. Tre regioni al Nord perché la Lega era separata dal centro-sinistra e tre regioni al Sud perché lo era Rifondazione comunista. Cosa è questo nucleo duro di centro-sinistra che si è formato per la prima volta?». Questa è la domanda che verrà posta oggi dal Ccd a Berlusconi. Un Ccd che ora si sente «soggetto politico» con l'orgoglio del suo 4,2 per cento conquistato a dispetto degli scettici alleati. Ad aggravare l'allarme del Polo ci sono i risultati delle elezioni provinciali. Sulle 21 presidenze di provincia assegnate al primo turno, 19 sono andate al centro-sinistra. Degli 11 sindaci eletti nei capoluoghi di provincia al primo turno, 10 sono del centro-sinistra. In Sardegna il centro-sinistra ha conquistato le province di Sassari, Nuoro e Oristano. Cagliari ò in ballottaggio. Ai ballottaggi di domenica 7 maggio, se Lega e Rifondazione faranno convergere, anche in parte, i loro voti sugli sfidanti del centro-sinistra, D'Alema e Bianco faranno il pieno. L'Italia «rosa» era sfuggita ai sondaggi daltonici del Polo che oggi se la trova davanti senza riuscire a capire da dove è venula e come arginarla. Non era stata studiata nessuna strategia di ripiego rispetto a quella dello sfondamento frontale: trionfo alle regionali, cacciata di Dini, elezioni. Invece, tra 12 giorni ci sono le elezioni di ballottaggio e 1* 11 giugno si terranno i referendum. Trattare per evitarli o affrontarli mettendo in conto di intervenire poi con accordi per le successive leggi di esecuzione? Dopo il voto ci saranno 4 mesi di tempo. Se si voterà ad ottobre per le politiche saranno anche meno. Tocca al Polo fare ora proposte, diranno gli alleati oggi a Berlusconi. Di certo, non è più tempo di muro contro muro. E' il momento della sperimentata abilità mediatoria degli ex de. Di tutti i fronti. I quali cominciano a guardarsi al di là del filo spinato che di¬ vide le opposte trincee e chissà che non sognino di rifare, un giorno, una nuova de. Gerardo Bianco è già al lavoro. Ha avviato «l'offensiva del dialogo» verso Bossi, invitandolo a «costruire al centro, su basi programmatiche, un'area che possa bilanciare al centro lo schieramento di centrosinistra». Le somme son presto fatte. Il 6 per cento dei popolari, più 6,4 della Lega fa un partito rispettabile. Un 12 per cento destinato a diventare «ago della bilancia», come lo fu il psi di Craxi. E, di fatti, già Bianco dice a D'Alema che i popolari «sono stati determinanti» «per fare indietreggiare in disordine il Polo che ostentava orgogliosa sicurezza». Avrà bisogno di tempo Gerardo Bianco per far nascere il nuovo centro. Hanno bisogno di tempo gli ex democristiani dell'altra sponda, il Ccd di Casini, che sperano di convincere Berlusconi ad agganciare finalmente il governo Dini e a proseguire con lui, evitando le elezioni: «Governo che, dopo le regionali, è al riparo da qualsiasi sorpresa ed ha anche la possibilità di continuare, se decide di andare avanti». . E, intanto, cominciano a lanciarsi sguardi furtivi gli ex de dell'uno e dell'altro fronte, al di sopra del filo spinato delle rispettive trincee. Perché il 6 per cento di Bianco, più il 6,2 di Bossi, più il 4,2 di Casini sta sopra il 16 per cento. Più di Fini, che si è tanto agitalo. E così, le elezioni ad ottobre non sono poi sicure come si dice. Alberto Rapisarda Lamberto Dini

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