E a Pilo arrivò uno schiaffone insulti e monetine alla pattuglia «azzurra» di Curzio Maltese

E q Pilo arrivò uno schiaffone E q Pilo arrivò uno schiaffone Insulti e monetine alla pattuglia «azzurra» BERLUSCONIANI SOTTO ASSEDIO OMILANO RE 14. Studio aperto di corso Venezia, Milano uno. Un gruppo di militanti di Forza Italia, guidati da Gianni Pilo, si appresta a confluire nel corteo del 25 aprile. Per la verità sono pochini, una trentina, circondati di telecamere Fininvest. Chissà, forse volevano testimoniare via etere la propria presenza in piazza nonostante l'esiguità del numero. Oppure erano lì perché già se l'apettavano, la provocazione che sarebbe immancabilmente scattata. Ciak, si gira. Ore 14,05. Il set azzurro incrocia il corteo rosso. «Fa-sci-sti, fasci-sti!». Le Betacam degli operatori cominciano a ronzare. C'è anche Raitre, nella persona di Maria Cuffaro, di Temporeale. La chiambretta di Santoro la butta sul folclore e punta su un ultras forzitaliota. E' un ventenne pallidissimo, con indosso una maglia del Milan, una giubba blu e scarpette chiodate. Trema e urla: «Assassini, comunisti, m'avete rovinato la vita!». Ha in tasca 11 manifesto («Sono pluralista»). La sua storia. «Mi chiamo Federico Viani, come Gipo Viani (mitico allenatore del Milan, ndr). Ho ventun anni e sono imprenditore nel ramo tappeti. Prima ero in una clinica psichiatrica. Per colpa dei comunisti. Ne sono uscito anche grazie alla politica. Ora sto con Berlusconi. Un attimo». Si volta: «Bastardo, cazzo tiri le monetine che sto parlando...». «Dov'eravamo? Ah sì, sono qui per festeggia re la liberazione. Ne ho diritto come tutti, no? Mio nonno era partigiano. Io liberale e milanista. Loro sono i veri fascisti». Piovono centolire ovunque. Una signora con una bandiera in mano esibisce un graffio sul naso. «Visto, visto? No, il mio nome non glielo dico. (E' Giovanna Marini, responsabile delle donne forziste, ndr). Che volete voi giornalisti, che fate sempre sciopero? Non vi dico nulla, tanto siete tutti di sinistra». Un signore brizzolato, ben vestito, la protegge con una copia de // Giornale e intanto sventola una dozzina di tessere sindacali. «Edoardo Bacis, pensionato. Una vita nella trincea del lavoro. Ecco qua, guardi. Uil, Cisl, Cgil. Io sono stato iscritto ai sindacati, tutti». «E ha fatto male!» gli fa un altro tipo curioso, sulla settantina, impermeabile sheridan e occhiali fumé, che mi allunga con aria misteriosa un foglio. «Il mio nome è Francesco Saverio. Legga qua. può pubblicare tutto». L'incipit è interessante: «Sono condannato a morte dalla mafia comunista con continui avvicinamenti e intimidazioni. L'altra notte, per esempio..,». Ore 14,30. Incombe l'episodio cruciale. L'assalto comunista al Pilo della libertà. Trattasi del già celebre schiaffo a Gianni Pilo, tragicamente bucato dagli appositi inviati dei tg. Il sondaggista di Berlusconi, posto a guida della piccola brigata resistenzial-poli- sta, oppone da tempo la fiera pelata al nemico. Oltre la barriera di poliziotti gli piove di tutto: cartacce, monetine, accendini, preservativi («Copriti la testa»). Un barbuto gli si para di fronte, lo mira egli sputa in un occhio. Gelido, il Pilo gli sventola davanti un drappo. Il babbeo di sinistra gli ammolla un illiberalissimo ceffone, strappa il vessillo e lo lancia ai compagnucci suoi, prima di venir trascinato oltre il raggio degli operatori dalle forze dell'ordine. L'energumeno verrà identificato come collaboratore di Radio Popolare: conduce un mortifero programma di musica celtica. Pilo lo guarda soddisfatto e sventola un altro drappo, abbracciando l'eroica Marini ferita al naso. «Questa è la democrazia dei comunisti...», commenta amaro Michele Clerici, albergatore a cinque stelle (Ascot Hotel) e candidato del Polo alla Provincia. Si liscia il foulard al collo: «Che vuole, noi siamo i veri depositari dei valori della Resistenza». Quante volte ha manifestato per il 25 aprile? «E' la prima volta. Sa, il lavoro. E anche l'ultima». Barbara Russo, 47 anni, fondatrice di un club, scuote la testa e i monili sul braccio. «E' uno schifo, una nausea. Siamo qui per celebrare i morti. Partigiani e fascisti. Questa è la nuova politica». E nella vecchia? «Ero craxiana». Non è l'unica. Accanto a lei Mario Polli, 61 anni, a sentir nominare Craxi sospira: «Quello era un leader, eh». Berlu- sconi no? «E' molto valido. Però sa com'è, il primo amore non si scorda mai. La fino del psi è stala una tragedia politica e personale. Ho perfino smesso la mia attività di imprenditore, settore arredamenti. Sì, lavoravo anche con appalti pubblici, ma che c'entra?». Altra pioggia di monetine. Una colpisce al sopracciglio destro Raffaella Pace, del coordinamento azzurro. Stavolta Pilo ordina la ritirata: «Torniamo in sede». L'adunata si scioglie, i cameramen riavvolgono le pellicole per i tg della sera. Cerco Pilo e vengo bloccato da un responsabile della gioventù berlusconiana, Si chiama Babak Falamachi, 33 anni, responsabile di Forza Italia all'Università cattolica. «Mi intervista?». Prego. «Berlusconi è l'unico in grado di mettere a posto l'Italia dopo anni di socialismo reale», ripete il giovanotto. Padre iraniano, madre elvetica, afferma di studiare Scienze Politiche: «Mi laureo a luglio con una tesi sul generale De Lorenzo». Quello del Sitar, del golpe? «Ma quale golpe! Il piano Solo doveva servirò in chiave anti comunista, per evitare il centrosinistra di Moro». Arriva Pilo e mi salva. Allora, deluso? «E perché?». Uno schiaffo appena... «E tante monetine». Be', a quelle voi sondaggisti ormai dovreste essere abituati. «Guardi che io le previsioni le ho azzeccate. Avevo dato Forza Italia al venti per cento. Per questo non li ho pubblicizzati». Ridacchia. E i referendum? «Se si fanno, li vinciamo di sicuro». Davvero? «Be', sicuro no. Dipende dall'informazione. Se permane l'illiberale par condicio avremo una dittatura culturale delle sinistre». E quindi lei passerà al pds? «Io sarei il candidato ideale di una sinistra giusta. Ma non lo è ancora. Oggi per esempio è stato un brutto giorno per la democrazia». Però, domani... «Chissà». Curzio Maltese

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