Fini con il partigiano Sogno «Celebriamo la pacificazione» di Pierluigi Battista
All, DELLA PATRIA Fini con il partigiano Sogno «Celebriamo la pacificazione» All, DELLA PATRIA UROMA NA corona di fiori deposta sulla tomba del Milite Ignoto, all'Altare della Patria. Un centinaio di persone che assistono alla rapidissima cerimonia. Una medaglia d'oro del Corpo Volontari della Libertà e un milite della Repubblica Sociale Italiana che si stringono la mano. Non un discorso e nemmeno gesti solenni che sottolineino la r i t u a 1 ita ■ ■ dell ai iri a n ifést àzion e atipica che si sta svolgendo per commemorare il cinquantenario del 25 aprile. Che qui non viene evocata come la data della «Liberazione» ma quella che sancisce la fine della «guerra civile». Davanti a Gianfranco Fini, il partigiano Edgardo Sogno e il repubblichino Carlo Mazzantini si fanno immortalare dai fotografi per «testimoniare il ricomporsi di quella frattura in una ritrovata concordia nazionale che ha a suo irrinunciabile fondamento i valori della democrazia e della libertà». Scendono lentamente le gradinate del Vittoriano per siglare quella che viene definita la «riconciliazione nazionale». Si ritrovano a Roma Cesare Previti, di Forza Italia, Francesco D'Onofrio del Ccd, lo stato maggiore di An capeggiato da Gianfranco Fini per celebrare in contrapposizione polemica alle manifestazioni di Milano e di Napoli la ricorrenza della «pacificazione», antico cavallo di battaglia della destra esistenzialmente radicata nell'esperienza fascista rappresentata qui da Mazzantini, autore del romanzo A cercar la bella morte in cui viene narrata la vicenda dei giovani che scelsero la «parte sbagliata», e da Bartolo Gallitto, ex ufficiale della Decima Mas di Junio Valerio Borghese. Sullo sfondo, l'antica rivendicazione del mondo che ha fatto capo al msi: onorare anche i morti della parte dei «vinti», riconoscere le motivazioni che portarono un numero consistente di giovani, all'indomani del trauma dell'8 settembre e di quella che Salvatore Satta definì «la morte della patria», a seguire Mussolini nella sua ultima, tragica avventura. Di nuovo c'è il ricordo ancora fresco della «svolta di Fiuggi», dell'ammissione formalmente sancita nelle tesi di Alleanza Nazionale del valore storicamente necessario dell'«antifascismo» per il ritorno della libertà in Italia. Una frattura con il passato che D'Onofrio riconosce come base della legittimazione della «destra democratica». E che ha indotto Edgardo Sogno, sollecitato per l'occasione dall'amico Gian Nicola Amoretti, sindaco di Rapallo nonché consigliere politico del duca d'Aosta, a compiere un gesto che sta a significare, spiega, «l'indicazione di un rafforzamento del patto di convivenza civile». Sogno, antifascista con una vocazione spiccata alla battaglia frontale anticomunista e perciò in passato ferocemente avversato dalla sinistra e dall'antifascismo riluttante a coltivare sentimenti di inimicizia nei confronti dei comunisti italiani, dice di ritrovarsi in pieno nella distinzione operata da Fini tra un «antifascismo democratico» e antitotalitario e uno «cattivo», «comunista» e dunque non compiutamente antitotalitario. «Questo incontro può rappresentare l'occasione per dare una nuova base di unità allo Stato e al patto costituzionale», spiega Sogno. Qualcosa di diverso da un semplice segnale di «riconciliazione». E anche di più impegnativo, sebbene in singolare contrasto con l'atmosfera che aleggiava durante la cerimonia all'Altare della Patria. Un'atmosfera decisamente polemica con le celebrazioni ufficiali del 25 aprile. Con Maurizio Gasparri che parla di fine della «guerra civile, e sottolineo guerra civile». Con Cesare Previti che contesta «a una parte del¬ l'Italia ufficiale il non riconoscimento della parte perdente». Con i militanti del Fronte della gioventù che rimproverano a Scalfaro la mancanza di volontà per «uscire dalla diatriba fascismo-antifascismo che andrebbe consegnata alla storia». Con l'europarlamentare Roberta Angelini che esorta addirittura a definire «intollerabile il festeggiamento il 25 aprile come data di inizio di una nuova fase della politica per il Paese, senza ricordare che questa si è compromessa per cinquant'anni con un sistema politico malato e corrotto». Sintomi di un rancore non smaltito malgrado l'appello alla «riconciliazione». E malgrado la simbolica stretta di mano tra i nemici di cinquant'anni fa. Pierluigi Battista Gasparri: «Macché Liberazione, il nostro 25 aprile ricorda la fine della guerra civile» Alla manifestazione della destra c'erano anche D'Onofrio (ccd) e Previti di Forza Italia Due momenti della manifestazione di destra
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