La prima volta del Papa Benedetto XV a duello con un giornalista

il caso. Ottant'anni fa, retroscena d'uno scoop il caso. Ottant'anni fa, retroscena d'uno scoop La prima volta del Papa Benedetto XVa duello con un giornalista TTANT'ANNI fa, il 12 giugno 1915, Louis Latapie entrava nello studio di Benedetto XV, si chinava a ba- I ciare la mano del Pontefice e si intratteneva a colloquio con il Papa sulle vicende della prima guerra mondiale, iniziata già da quasi un anno. Che qualcuno si fermasse a conversare con il Papa non era una novità. Il nuovo era che Louis Latapie era un giornalista del quotidiano parigino Liberté e quel colloquio era un'intervista vera e propria, nei termini che intendiamo noi oggi, la prima intervista a un papa. E non era un'intervista «rubata». Benedetto XV sapeva che sarebbe uscita sul giornale di Parigi, come infatti avvenne il 21 giugno, anzi si era accordato con Latapie per una «revisione» del testo, prima della pubblicazione. Oggi siamo ormai assuefatti all'abbondanza di conversazioni occasionali o programmate con i papi, soprattutto con questo Papa, andate a finire su fogli di giornali o su pagine di libri. Indro Montanelli raccontò un suo incontro con Giovanni XXIII, scrisse di essere stato a colloquio con papa Roncalli, prendendo appunti, per cinque ore; in realtà, la durata dell'incontro, secondo Capovilla, segretario del Pontefice, fu di un'ora. Paolo VI vide un po' tutti i direttori dei giornali italiani. Alberto Cavallari, allora direttore del Corriere della Sera, ne trasse un libro-intervista, cui si deve aggiungere quello dei colloqui con Jean Guitton. Delle interviste di Giovanni Paolo II apparse sui giornali, ormai non si riesce a tenere il conto: dalla prima, concessa a Jerzy Turowicz, direttore di Tygodnik Powszechny (Settimanale Universale) di Cracovia, all'ultima di Jas Gawronski per La Stampa il 24 ottobre 1993. Senza contare i libri-intervista di André Frossard e di Vittorio Messori. C'è, tuttavia, da annotare qualcosa nel confronto di quella prima intervista con quelle dei nostri giorni. Siamo testimoni, certamente, oggi, di un'abbondanza di esternazioni papali, ma, nonostante la spregiudicatezza giornalistica e la libertà laica che ci ritroviamo in giro, possiamo ravvisare anche un atteggiamento riverente, quasi trepidante, da parte degli intervistatori, mentre, per quanto riguarda il Papa, troviamo un linguaggio controllato, sempre un po' solenne. L'intervista di Latapie è, invece, quasi un litigio. Il Papa risponde talvolta con sdegno, talvolta concitatamente, alle domande aggressive del suo interlocutore. Il giornalista gli dice subito che vuole parlare «con franchezza». Per comprendere questa stranezza di colloquio, bisogna tener presente che la Francia, in guerra con gli austro-ungarici, avrebbe voluto l'appoggio del Papa, che, invece, era deciso a rimanere neutrale nel conflitto. E' sicuramente per questa «franchezza» di linguaggio, in cui, benché fine diplomatico, è stato trascinato anche il Papa, che poi Benedetto XV invia una «risposta autografa» e infastidita al cardinale di Parigi, che gli aveva chiesto che cosa dovesse pensare dell'intervista. «Rifiutiamo ogni autorità a Latapie», scrive il Papa, «che non riprodusse nell'articolo né il nostro pensiero né la nostra parola e che pubblicò l'articolo senza revisione o nostra autorizzazione, malgrado la promessa fatta. Il nostro vero pensiero deve essere tratto dagli atti ufficiali della Santa Sede pubblicati e non da racconti o relazioni privati». «Ho detto la verità», è la risposta di Latapie (che è anche, come si sa, sempre quella di ogni giornalista in questi casi), «Se vi è qualche errore di dettaglio, era inevitabile in una lunga conversazione riferita a memoria. Tre giorni dopo la pubblicazione, l'Osservatore Romano ha pubblicato una nota che agli occhi del mondo intero formulava semplicemente riserve di forma o di dettaglio». In realtà, il contenuto delle parole del Pontefice, nell'intervista, non si discosta dalle posizioni ufficiali (e dalle lamentele) della Santa Sede. Il governo italiano protesta perché il Papa ha affermato che viene censurata la corrispondenza in arrivo in Vaticano dall'estero. Il Segretario di Stato, cardinale Gasparri, per rimediare all'inconveniente, sei giorni dopo, rilascia anch'egli un'intervista al Corriere d'Italia, ma, pur sostenendo che «il signor Latapie in nessun punto ha riprodotto esattamente il pensiero del Santo Padre», in realtà, conferma fatti e particolari non conosciuti al pubblico ed emersi nella conversazione con il Papa, pur dandone un'interpretazione più ammorbidita e diplomatica. E' da presumere, allora, che le cose siano andate così: nella foga della discussione, il colloquio con il Papa è avvenuto nei termini riportati dal giornalista; il testo, su promessa dell'intervistatore, doveva essere rivisto e quindi adattato; Latapie, però, non è stato di parola, e la conversazione è finita sulle pagine della Liberté così come, dura e spontanea, è stata nello studio papàie. Eccone alcune parti. Ricevendo il giornalista, il Pontefice cominciò col dire: «Il vostro giornale porta un bel nome. Se la libertà regnasse nel mondo, anche la pace vi regnerebbe». LATAPIE: «Ciò mi incoraggia a parlarvi con franchezza. In Francia sono impressionati per il silenzio della Santa Sede in presenza di tanti delitti». BENEDETTO XV: «In Francia sono ingiusti a mio riguardo, o piuttosto male informati. E soprattutto i giornalisti che vogliono trovare che non ho detto abbastanza. Dal principio del mio pontificato rivolsi al mondo cattolico una lettera in favore della pace, dove pregavamo, scongiuravamo ardentemente coloro che dirigono i destini dei popoli di dimenticare le loro vertenze allo scopo della salvezza della società umana. Proposi una tregua di Natale; mi sono sforzato di ottenere lo scambio dei prigionieri ed ebbi la gioia' di ottenere un risultato pregevole... Pronunciai in Concistoro, il 22 gennaio, un discorso in cui riprovavo ogni ingiustizia, aggiungendo che non sarebbe utile né conveniente implicare l'autorità pontifìcia nei litigi dei belligeranti». LATAPIE: «Non si tratta di litigi, ma di delitti». BENEDETTO XV: «Vorreste che biasimassi ogni delitto in particolare? Ognuna delle vostre accuse provoca una replica da parte dei tedeschi; non posso istituire qui un dibattito permanente né fare attualmente un'inchiesta». LATAPIE: «Occorre forse fare un'inchiesta per sapere che là neutralità del Belgio venne violata?». BENEDETTO XV: «Era sotto il pontificato di Pio X». LATAPIE: «Non sanno forse tutti che numerosi preti belgi e francesi vennero presi in ostaggio e fucilati?». BENEDETTO XV: «Ricevetti dai vescovi austriaci rassicuratone che l'esercito russo aveva preso ostaggi tra i preti cattolici, che aveva una volta spinto dinanzi a sé 1500 ebrei costituendosene una barriera vivente contro i proiettili nemici. Il vescovo di Cremona mi informa che l'esercito italiano ha già preso in ostaggio diciotto preti austriaci. Sono altrettanti eccessi che riprovai nella mia enciclica proclamando "che non è permesso a nessuno, per qualsiasi motivo, violare la giustizia"... Forse, dopo la guerra, pubblicherò un Syllabus per ricordare le dottrine della Chiesa su questo argomento. Allora si troverà senza dubbio in quel documento la condanna formale dei delitti che saranno stati commessi durante la guerra...». (La conversazione si sposta sui rapporti del Vaticano con l'Italia). LATAPIE: «Il Papa non è forse libero? Non può forse esercitare liberamente la sua missione?». BENEDETTO XV: «Debbo riconoscere che il governo italiano ci dà prove di buona volontà. I nostri rapporti sono migliorati, ma le cose non procedono ancora con nostra piena soddisfazione... Mi è stata promessa libertà di corrispondere fuori il controllo della censura, ma al mio Segretario di Stato hanno portato questa mattina una lettera del patriarca di Venezia i cui suggelli erano stati spezzati... Udiamo una sòia campana. I rapporti con le nazioni nemiche dell Italia sono praticamente soppressi. Le nostre garanzie, i nostri mezzi sono indeboliti...». IATAPIE: «Si può attendere qualche iniziativa da Vostra Santità per affrettare la pace?». BENEDETTO XV: «L'ora non mi sembra giunta. Non devo muovermi se non con la certezza di riuscire, per non indebolire l'autorità morale conferitami da Dio, ma attendo l'occasione con un'ansia febbrile, Mi getterò sulla prima mano che mi sarà tesa». Domenico Dei Rio Un inviato da Parigi a tu per tu col Pontefice: non era mai accaduto La Grande Guerra, il neutralismo vaticano, i difficili rapporti con l'Italia: più che un'intervista, un litigio. Poi la smentita Società' e 'uno scoop A fianco Benedetto XV, papa dal al 1922, sopra Giovanni Paolo II Nel disegno Paolo VI visto da Levine A fianco Benedetto XV, papa dal al 1922, sopra Giovanni Paolo II Nel disegno Paolo VI visto da Levine Jas Gawronski, autore dell'ultima intervista con papa Wojtyla, nell'ottobre '93 per «La Stampa». A sinistra Indro Montanelli, per 5 ore a colloquio con papa Roncalli