Bossi: non siamo morti la partita è da giocare

Bossi: non siamo morti la partita è da giocare Bossi: non siamo morti la partita è da giocare IL LEADER DELLA LEGA E meno male che dovevamo morire, vero Marco?». Umberto Bossi, davanti alla tv, strappa una lattina di Coca-Cola e comincia a frizzare. «Visto, sindaco Formentini. Avevo ragione, vedevo le piazze, sentivo la gente. Non tutto il Nord si è arreso, e adesso la partita politica è tutta da giocare». Enrico Mentana legge exit poli a raffica. In Lombardia ha vinto Roberto Formigoni, e passi, era messo in conto. Ma in Lombardia la Lega resta al 14%. In Veneto e al 16,5. In Piemonte al 9. In tutta Italia al 6 per cento. La Lega cala, ma non crolla. Bossi medita. Le tv possono attendere. «Visto? Ora la campagna elettorale della Lega non la ferma più nessuno, in tre mesi possiamo recuperare un altro 5%». Bossi è tutt'altro che deluso. «La gente ha cominciato a capire, da qui a quando si andrà a votare ne cambieranno di cose in questo Paese». Rivendica la scelta di correre da solo al Nord: «Non potevo distruggere il movimento o dire di votare il candidato di centrosinistra. Piuttosto loro potevano votare noi. Ora si entra in un'altra fase, e i leghisti dovranno dimostrare di non essere soldatini di latta. La Lega non è morta, non poteva morire per un decreto berlusconiano». Rauco, stanco, infreddolito, Bossi era arrivato nella megasede di via Bellerio alle nove e mezzo di sera. Per queste elezioni, una sede troppo grande e troppo vuota. Sondaggi e previsioni, da Abacus e Cirm, non erano proprio da buonumore. Ma Bossi, fino all'ultimo minuto, ha continuato la sua campagna elettorale, senza dar retta ai pessimisti. «Io, lo sapete, sono un inguaribile realista. E allora aspettiamo i dati veri. Non fidatevi dei sondaggi, quella è roba televisiva, da Berlusconi. Possono essere falsi come lui...». A casa, a Gemonio, si era sveglialo quando erano quasi le due di pomeriggio. Davanti al camino acceso, primo caffè di una giornata già messa in conto come difficile, aveva giocato la sua scommessa. «Per me, in Lombardia, restare tra il 15 e il 20% sarebbe un buon risultato. Più siamo forti e più si aprono spazi politici per il futuro». E se invece la Lega andasse sotto, come hanno previsto i sondaggi? «Più siamo deboli e più saremmo costretti a rafforzare la nostra identità. Ho visto in giro tanta voglia di indipendentismo. Nei comizi ho sentito tirare aria di tramontana, da bufera in arrivo...». Aspettando i risultati, quelli veri, Bossi una medaglia se l'appunta. «La campagna di annientamento della Lega è fallita. La Canaglia di Arcore, con le sue tv e i suoi giornali, non ce l'ha fatta a massacrarci. Ci siamo ancora». Però non basta, sembra una medaglia di Consolazione, al merito. Bossi oscilla, sbanda. Va bene quella medaglia, ma adesso «Berlusconi ci ha portato i fascisti al Nord. E se prendono il 10% qualsiasi tipo di reazione è legittima...». Potrebbe essere anche questa la bufera in arrivo: «Il fascismo da sempre fa solo promesse, ma poi porta solo dirigismo e guerra». Cento comizi in un mese per gridare al Nord che il pericolo «è risvegliarci il 24 aprile nell'Italia dei Pulcinella e dei Tatarella». Ci siamo. «Ma con queste elezioni Berlusconi ha toccato il massimo e noi il mimmo. D'ora in poi a lui può andare solo peggio e a noi meglio. Il 90% di chi gli ha dato il voto aveva il dubbio, si son turati il naso come ai tempi della vecchia de. E' la stessa roba. La gente è confusa. Quello bombarda con le tv, ma da oggi comincerà a capire, vedrà che è 11 con l'aggiunta dei fascisti per conto di quelli di prima: l'Italia di Pulcinella & Tatarella». A sera, quando si mette in macchina diretto a Milano, Bossi ha già preparato le risposte per la passerella in tv. «Comunque vada il Nord esiste ancora, la nostra bandiera c'è e non ripartiamo da zero. Abbiamo una macchina politica che si è collaudata, ha resistito ai colpi ed è pronta a rispondere». Non prevede nuove fughe* dalla Lega, «perché chi doveva tradire ha già tradito». Non prevede elezioni politiche a giugno, «perché prima bisogna fare la finanziaria». Teme sbandamenti a sinistra, «il consociativismo, il trattare sui tavoli o sottobanco». Ma in vista di elezioni politiche si sente forte: «Saremo l'ago della bilanciai». E adesso, mezz'ora dopo gli exit poli, Bossi può andare in tv e cominciare la parte dell'ago di questa bilancia elettorale. «Le politiche? Il Polo le vorrà subito, per evitare i referendum. Noi, prima, vorremmo regole e antitrust. Il rischio è che si vada a votare senza regole, perché qui le regole le fa chi vince...». In mezz'ora lo schiaffo del Nord, le presidenze di Veneto, Lombardia e Piemonte finite al Polo, sembra dimenticato. «Mi limito ad Osservare che il Nord aveva la possibilità di cambiare il Paese e non l'ha fatto. E con il voto hanno portato i fascisti al Nord. Ma la partita è tutta da giocare...». Giovanni Cerniti Umberto Bossi