«L'8 maggio non è uguale per tutti»

Kohl: nel Cinquantenario della pace non si può imporre ai tedeschi che cosa ricordare GERMANIA Kohl: nel Cinquantenario della pace non si può imporre ai tedeschi che cosa ricordare «L'8 maggio non è uguale per tutti» // Cancelliere: a noi ha portato la libertà da Hitler ad altri le deportazioni all'Est e l'occupazione russa BONN NOSTRO SERVIZIO «Nessuno ha il diritto di decidere quali debbano essere i ricordi della gente e l'8 maggio è una data che lascia spazio a molti sentimenti diversi». Helmut Kohl, che fino a ieri si era mostrato «profondamente depresso» per le discussioni scoppiate in Germania riguardo a) Cinquantenario della capitolazione tedesca, sembra avere abbracciato improvvisamente la tesi di coloro che nella sconfitta della Germania nazista non vedono solo la liberazione dalla dittatura, ma anche l'inizio di molti dolori: la deportazione dei tedeschi dalla Prussia orientale, la dittatura comunista all'Est. Il Cancelliere che non si stancava di ripetere che l'8 maggio per lui è stata «la fine della barbarie nazista e naturalmente una giornata di liberazione», si è avvicinato non poco alla posizione di quella destra tedesca che nell'8 maggio vuole vedere soprattutto un'ora triste per la Germania. «La Storia può essere capita soltanto se vista sotto tutti i suoi aspetti», ha detto il Cancelliere Kohl in un discorso a Dusseldorf. «L'8 maggio è il giorno della liberazione da una dittatura, ma è anche il ricordo di milioni di tedeschi innocenti (nella Slesia e nella Prussia orientale, ndr) che hanno perso la loro casa e sono stati puniti più duramente di tutti gli altri tedeschi». Lé due cose non si possono separare, ha detto Kohl, che aggiunge: «Per la completezza della memoria non bisogna dimenticare che alla dittatura nazista è succeduta la dittatura rossa nell'altra parte della Germania». La nuova posizione del Cancelliere ricorda pericolosamente quella di 300 politici e intellettuali della nuova destra tedesca in un appello dal titolo «Contro l'oblio», che ha suscitato non poche polemiche in Germania. «Non dimentichiamo che l'8 maggio è anche l'inizio della deportazione dei tedeschi dalle regioni orientali - dicevano i firmatari -, non dimentichiamo che ha segnato l'inizio della dittatura comunista». Ignatz Bubis, capo della comunità ebraica tedesca, era insorto contro gli intellettuali della nuova destra, accusandoli di voler salvare «un elemento buono del nazismo». La deportazione dalla Slesia, ha ricordato Bubis, non è stato altro che la conseguenza della guerra mondiale iniziata e voluta dai tedeschi. «Dovevamo forse vincere?», si chiedeva l'autorevole settimanale «Die Zeit» di fronte alle polemiche sulla capitolazione tedesca. La risposta è che cinquant'anni dopo la fine della guerra gli animi non si sono ancora placati. Dire che la sconfitta della Germania è stata una liberazione punto e basta non è ancora ovvio per molti tedeschi, come ha dimostrato anche il discorso del Cancelliere. «Non facciamoci illusioni - afferma lo storico Arnulf Baring -, per la grande massa dei tedeschi l'8 maggio non è stata una giornata di liberazione: una grande parte della popolazione ha sostenuto fino alla fine il regime nazista». Veramente liberati sono stati «sola¬ mente i perseguitati politici e le persone imprigionate nei campi di concentramento», ha detto Baring. Il 9 maggio il Cancelliere tedesco sarà presente al Cremlino insieme ai capi di Stato delle potenze che vinsero la guerra. Bill Clinton, Frangois Mitterrand e John Major avevano già confermato da tempo la loro presenza a Mosca. Per Helmut Kohl dare il suo consenso alle celebrazioni per la vittoria contro la Germania non è stata un scelta facile. Ma è stato raggiunto un compromesso: Kohl andrà a Mosca e parlerà al Cremlino, ma non sarà costretto ad assistere alla parata militare per festeggiare la sconfitta tedesca. Francesca Predazzi li cancelliere Helmut Kohl