Ritorna il vero Dylan poca musica tanta voce
E' bellissimo il nuovo album, «Unplugged» E' bellissimo il nuovo album, «Unplugged» Ritorna il vero Dylan poca musica tanta voce MILANO. Ci potete credere o no, n;a Bob Dylan è nuovamente in viaggio musicale. Il suo, si sa, è un «Never Ending Tour», un tour che non finisce mai. Dal 1988 ad oggi, si conta che abbia tenuto 650 concerti, compreso quello di pochi giorni fa a Praga con cui ha inaugurato per il '95 l'ennesimo pellegrinaggio rock della sua vita: e si può essere certi che in fondo non gli interessa granché vendere 1'«Unplugged» di Mtv, un album destinato solo al mercato europeo, uscito il 18 aprile. Dylan ò un eroe che viaggia per sfuggire al proprio mito, un profeta inquieto che fa i dischi ma poi in concerto canta e strascica ciò che vuole, alla faccia di chi lo ascolta. Pochi si possono permettere un simile comportamento, anche se di mezzo c'è un album come questo, imperdibile: intanto dire Bob Dylan «senza spina» e cioè acustico è come dire il cacio con le pere; due cose che stanno insieme fatalmente benissimo, da sempre. Registrato nello studio canonico della serie «senza spina» di Mtv lo scorso novembre a New York, il ed contiene 12 perle infilzate con distratta magia che comprendono tra le altre una stravolta «The times they are a-changin'» con sottofondo d'organo, fatta proprio come succede in concerto quando solo dopo una decina di secondi si capisce di che cosa Dylan si stia occupando; e ancora «Knockin' on heaven's door» interpretata con piglio teatrale e voce rotta, come a strapparla di forza alla cover dei Gunners. «Like a rolling stone» è un'ode soffocata con la chitarra che indulge in errori: insomma, questo è il vero Dylan sottratto ai salamelecchi della santificazione. Un collega inglese del «New Musical Express» è andato a Praga per scoprire che questa volta Dylan canta più che suonare, lasciando la chitarra appoggiata vicino al microfono. Addirittura alla prima ha preso una ragazza dal pubblico per cantare, nei bis, «It ain't me babe». Cose mai viste, da lui. Nuovo corso? Mah. A Praga si è scoperta pure una razza variopinta di pazzi che hanno fatto del culto a Dylan la loro ragione di vita. Sono i «Bobcats», viaggiano da un Paese all'altro dietro la carovana di Bob senza mai riuscire ad incontrarlo perché lui è abilissimo a scomparire nel nulla. Loro, i Bobcats, scompaiono ogni tanto solo per guadagnare qualche soldo che gli consenta di sopravvivere un mese dietro ai concerti. Stazionano nei dintorni della band, ciondolano negli alberghi facendo mattina. Ci sono biografi improvvisati e gente che campa facendo seminari e conventions sul Vate; chi registra bootlegs e fotografi non ufficiali. Ci sono fans puri. Peggy Dilley, quasi 50 anni, americana, divorziata, ha seguito Dylan per tutte le date Usa poi si è industriata ad arrivare in Europa: «Vale la pena perché Dylan è l'arte personificata, un genio che ti fa pensare in modo nuovo a cose che sembravano banali». Lamb Chop, cioè costoletta d'agnello, è il fan più pittoresco, un giocatore d'azzardo in cappellaccio da cowboy: a Praga ha festeggiato il centesimo concerto visto di Dylan e lo paragona a Shakespeare: «E' il più grande scrittore del ventesimo secolo - dice - e non è rispettato in vita proprio come Shakespeare». Che differenza c'è fra l'essere un fan di Madonna o dei Take That ed essere invece fan di Dylan? ((Amare Dylan è come essere un conoscitore di vini. Perché bere robaccia quando puoi assaggiare il meglio?». [v. k.] Bob Dylan: dal 1988 a oggi ha tenuto più di 650 concerti
Persone citate: Bob Dylan, Lamb, Never, Peggy Dilley, Shakespeare
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