TRA IL MURO E LA SPADA di Filippo Ceccarelli

TRA IL MURO E LA SPADA TRA IL MURO E LA SPADA DICE bene Cossiga: «Io sono un politico e so come difendermi». E dice benissimo, quando aggiunge: «Finora Di Pietro, povero amico mio, sta prendendo solo calci...». In effetti. Questa dei calci, da Togliatti (che nel 1948 fece sapere di essersi fatto addirittura risuolare le scarpe) in poi, è una delle metafore preferite dei vecchi professionisti della politica italiana. Se Andreotti, per dire, voleva minacciare Fanfani o difendersi da una minaccia fanfaniana diceva tranquillo tranquillo che se «qualcuno» - mai dire il nome - voleva tirargli dei «calci negli stinchi», appunto, ecco lui proprio in quei giorni scava ristudiando l'affare Montesi, come fu montato e strumentalizzato. Il che era un altro «calcio», magari più su degli stinchi. E in genere la minaccia rientrava. Di Pietro - è sempre Cossiga a parlare dall'alto della sua indubbia esperienza pedatoria - questi calci «non ha ancora imparato a restituirli». Chissà se mai imparerà. Perché non è detto che sia soltanto l'ex magistrato, il più straordinario segugio della storia giudiziaria, a rifiutare la politica. Forse è anche la politica che rifiuta l'«eroe» di Mani Pulite. La politica, almeno, intesa come fredda, aggiornata, impietosa e spesso diabolica tecnica di sopraffazione regolamentata da codici, leggi e nozioni molto speciali. Filippo Ceccarelli CONTINUA A PAG. 2 PRIMA COLONNA

Persone citate: Andreotti, Cossiga, Di Pietro, Fanfani, La Spada, Montesi, Togliatti