Un manager dei killer per salvare il giallo

Un manager dei killer per salvare il giallo Stefano Magagnoli taglia gli editor e con l'operazione «Blues» rilancia i grandi nomi del mystery e dell'avventura Un manager dei killer per salvare il giallo Mondadori ingaggia un comico tv per tornare ai tempi d'oro I MILANO L giallo più amato dagli italiani è uscito dal coma. Il giallo vero, quello col cerchio Mondadori in copertina che ha cresciuto generazioni sulle gesta di Perry Mason e Bertha Cool in tempi in cui l'edicola era il cenacolo di tutti i delitti del mondo. Più di 60 mila copie la settimana. Poi l'emorragia, lenta, implacabile. Fino all'encefalogramma semi piatto delle 11 mila. Bisturi storici come quelli di Gian Franco Orsi e di Lia volpatti incisero qua e là, ma il monitor a cui era agganciato il malato quasi non se ne accorse. Finché, all'improvviso, non comparve Stefano Magagnoli (in arte: Stefano Paulo), che di secondo lavoro faceva il ricercatore della ricetta segreta dei Mon Cherì Ferrerò a Quelli che il calcio, a prendere decisioni immediate e sofferte. Addio Orsi, addio Volpatti, chiuso il baraccone di 15 persone a costituire una redazione ormai pletorica e via con il managerismo più sfrenato. Racconta: «Qui c'erano persone così innamorate degli autori da non preoccuparsi degli affari. Il giallo in edicola entrava in crisi? E loro a chiudersi in una torre senza rendersi conto che il business era cambiato». In che modo? «Basta considerare l'edicola. Chi la riconosceva più? Era diventata un bazar dove si trovava di tutto: un supermercato di carta e sesso. Una volta, dai romanzi, si tagliavano addirittura pagine e pagine di violenza e amor carnale per paura di offendere il lettore. Ora invece il porno impera. Ti ci appoggi sopra mentre scegli un giornale. E a Segrate che cosa si faceva? Nulla». Per cui... «E' dall'interno che si doveva cambiare. Inoltre, in quell'edicola ci si scontrava sempre di più con una concorrenza volgare. Editori che, per arraffare qualche lettore, abborracciavano traduzioni dilettantesche su testi rapinati dei diritti d'autore. Titoli senza qualità, pubblicati solo per essere presenti nella divisione della torta. Una goccia d'arsenico in casa del moribondo. Risultato? La disaffezione. E il calo ancor più netto delle vendite». Ma nella torre eburnea nessuno se ne accorgeva? «Certo. Però, che fare? "Che cosa possiamo fare noi se la società si imbarbarisce? Noi diamo un gran prodotto: se non ci seguono, mica possiamo metterglielo in mano per forza". Ecco che cosa si diceva in redazione. Ecco come si reagiva». Quindi lei, per prima cosa, ha cancellato gli editor. «Già. In un mercato che non funziona più, l'editor diventa un lusso. L'innamorato che non si interessa di affari diventa un uomo superfluo. E va sostituito dal manager. Da chi cioè "si sporca le mani" con la diffusione, col marketing, con la caccia all'abbonato, con la scelta delle copertine. Da chi usa freddi specialisti e non amanti. Io ho eliminato la struttura e uso i consu¬ lenti. Un comitato che si riunisce, fa le scelte e poi le segue fin sul comodino del lettore». Ed è sufficiente? «Basta all'interno. Ma fuori abbiamo smontato e rimontato - come si fa con un motore che batte in testa - il rapporto con l'edicola. L'organizzazione della consegna. L'estetica dell'apparire. Un esempio? Da questa settimana arriviamo con il volumone di fantascienza da 400 pagine, una scommessa, una quantità di lettura mai offerta in un chiosco. Ma non basta: in casa abbiamo un portafoglio con tutti i grandissimi del mystery e dell'avventura. E allora via, pubblichiamoli, inventiamoci i Blues. Aggrediamo. Titoli mai tradotti, roba nuova: anche questi in partenza da questa settimana. Grandi nomi: da Ellroy a Katzenbach a 22 mila lire». Questi però vanno in Libreria. «Sì, ma continuano ad avere un rapporto stretto con l'edicola, perché dentro a ciascuno c'è una scheda che, portata al giornalaio, dà diritto a un "giallo" in omaggio. Non fondi di magazzino e titoli d'antiquariato: cose esposte, presenti sui ripiani, vitali. Ma non ba¬ sta: ci sono anche i Cinque. Si è incominciato con Ed McBain e Agatha Christie. Cinque storie: un viaggio antologico tra le stelle». Pensare, signor Stefano Paulo, che lei sembrava uno zuzzerellone televisivo così mite... «Già: una vita spesa in un lavoro se mi si passa il termine - sofisticato, e finisci di diventare noto per caso, per le glorie di un programma fortunato». Allora vediamo il pedigree di un manager «giallo». «Nato a Cairo Montenotte 37 anni fa, da 22 tra i libri, laureato in filosofia a Bologna, da Guanda per due anni, poi traduttore dall'inglese e giornalista [Paese Sera, L'Europeo), da sette anni alla Mondadori tra Club degli Editori e Oscar, finché non si è aperto questo posto qui: ho partecipato alla caccia spietata e ho vinto. Fine». E Fabio Fazio? «Un amico di Savona che un giorno mi dice: "Vuoi giocare alla tv"?». Tutto qui? «Sì». Proprio un bel mystery. Piero Scria James Ellroy, uno dei grandi nomi a cui si affida Mondadori

Luoghi citati: Bologna, Cairo Montenotte, Milano, Savona, Segrate