«Così salverò la Francia dalle sirene di destra»

Intervista a Lionel Jospin, candidato socialista all'Eliseo Intervista a Lionel Jospin, candidato socialista all'Eliseo «Così salverò la Francia dalle sirene di destra» PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Cinquantotto anni, una carriera diplomatica alle spalle, poi il cursus honorum nel ps sino a diventarne segretario (1981-87) e - in parallelo - l'esperienza ministeriale (Education nationale), Lionel Jospin è l'uomo deH'«ultima chance» per la Gauche. La missione ò dura: superare Balladur nel primo turno escludendo il premier dal ballottaggio, poi lanciarsi contro l'umorale Chirac nella speranza che i francesi gli vengano dietro. Le sue armi non sono quelle che la tradizione attribuisce alla Sinistra non solo francese. Nessun proclama utopico, pochissima demagogia, massimalismo introvabile. Le dichiarazioni rilasciate a «La Stampa» ne testimoniano in modo non equivoco. Altre le risorse che il candidato Jospin allinea: una formidabile tenacia, l'approccio da sempre etico (non moralizzatorio) alla politica, lo convinzioni profonde, l'amore cartesiano per idee nitide e - se possibile - trascinatrici. Saranno forse le radici familiari ugonotte o la semplice indole del personaggio, ma una cosa è sicura: il Lione! Jospin che abborda l'Eliseo ò personaggio - insieme credibile e atipico. Atout o handicap, lo diranno gli elettori. Perora si limita a essere un socialista «diverso». Che non è poco. Le Politiche '93 e le Europee '94 hanno evidenziato una rottura tra i francesi e l'«era Mitterrand». Intende prendere le distanze dal mitterrandismo o, al contrario, integrarlo nel suo programma? «Le critiche formulate contro Francois Mitterrand sono spesso assai severe. Malgrado non tutto sia stato perfetto nei suoi quattordici anni all'Eliseo, sono convinto che il Presidente abbia fatto parecchio. E lo dico senza il minimo imbarazzo perche fui il primo a tracciare un bilancio critico della Gauche al potere. Ma quello che mi preme davvero, oggi, è preparare la Francia e i francesi al XXI secolo. Invece di volgerci continuamente indietro, penso sia utile lavorare per gli anni a venire. Un'epoca nuova si apre dinnanzi a noi: non entriamoci camminando a ritroso». Da Giscard in poi la Francia ha visto trasformarsi l'Eliseo in una «torre d'avorio» e il Capo dello Stato in monarca talora inaccessibile. Quali correttivi adotterebbe il presidente Jospin? «Sì, bisogna riconoscere che la "sbandata monarchica" e realtà. La deploro. Occorre reinventare il Presidente-cittadino. E considero questo obiettivo uno dei punti forti del mio programma. Il Capo dello Stato e un cittadino come gli altri, e deve restarlo. Occorre che rimanga accessibile, accetti il dibattito e sia pienamente responsabile. Penso inoltre sia bene fargli rendere conto più spesso del suo mandato. Suggerisco quindi l'istituzione di un quinquennato per sostituire l'attuale settennato. Sottoporrò la proposta a un referendum popolare. E in caso d'adozione, l'applicherei a Lionel Jospin, non solo ai futuri inquilini dell'Eliseo». Le nuove tendenze «gauchistes» di Chirac parrebbero sedurre, in qualche misura, l'elettorato ps ed anche la cerchia dei fedelissimi mitterrandiani. Come le giudica? «Chirac tenta di convincerci che la questione sociale e in particolare la protezione dei più deboli si trova al centro delle sue preoccupazioni. Ma i francesi non sono naif. In un trentennio di carriera, Jacques Chirac è sempre stato di destra. Le prove non mancano. E' sindaco di Parigi dal '77: ebbene, in 18 anni non ha fatto altro che condurre una politica conservatrice, obbligando i ceti poveri ad abbandonare la capitale. Eppure da qualche mese, monsicur Chirac s'ingegna a farci credere che vuole combattere la linea di monsicur Balladur. Ma - domando non ha forse votato tutti i progetti di legge presentati dall'attuale governo? Chirac, versatile e cangiante a parole, agisce sempre e risolutamente come uomo di destra». Nell'autunno '94 Jacques Delors rinunciò alla candidatura ps, spiegando che in caso di elezione la maggioranza di Centro-Destra gli avrebbe impedito di mettere in opera le sue riforme. E' un problema reale. Come sormontarlo? «Non sono d'accordo con Delors. Se i francesi decideranno di accordarmi la loro fiducia sarà affinché io possa realizzare idee, piani, obiettivi che ho formulato durante la campagna. In altre parole, con il loro appoggio mi daranno i mezzi per attuare la politica che propongo loro. E sullo slancio dello Presidenziali, che creerà una vera dinamica, i cittadini sceglieranno una nuova maggioranza». Il partito socialista francese non è mai stato tenero con i successi di Forza Italia e Alleanza nazionale. Ne condivide le critiche? E qual è la sua valutazione della crisi politi- ca italiana? «In effetti, l'Italia sta affrontando difficoltà politiche ed economiche. Ma la situazione mi sembra in fase di risanamento. La fiducia concessa da Camera e Senato al governo Dini dovrebbe consentire di resistere alle spinte populiste e preparare le Legislative in un clima molto più sereno. L'Italia e gli italiani hanno i mezzi per superare gli scogli, e l'Europa li aiuterà». Scandali politici e autoamnistie hanno caratterizzato la Finis Regni socialista. In che modo porvi rimedio? L'esem¬ pio italiano, con i giudici di «Mani pulite» in prima linea, rappresenta una possibile soluzione per gli affaires francesi? «I socialisti non sono piii compromessi delle altre formazioni politiche. Anzi, ò proprio il contrario! Non vi può essere misura comune tra i pochi scandali che toccano la Gauche e quelli attualmente in corso a destra. Che pensare di un governo Balladur costretto a separarsi da tre ministri incriminati? E di palliti i cui notabili sono implicati in vicende di arricchimento personale? E comunque sono stati i socialisti a porre per primi la questione della connivenza politica-affari regolamentando, con Michel Rocard, i finanziamenti dei parliti. Trovo peraltro inquietante il progetto, che circola a destra, di riformulare minimizzandolo il reato di concussione. Servirebbe a prosciogliere in modo indolore parecchie figure vicine all'attuale maggioranza. Quanto ai giudici, devono poter lavorare serenamente. Ma alcuni membri del governo non sembrano pensarla cosi e il recente tentativo di destabilizzare un magistrato» (Eric Alphen, che indaga su finanziamenti occulti in casa gollista) «mi preoccupa pa- rocchio». Tra le sue promesse elettorali figura il blocco immediato delle privatizzazioni. Una simile iniziativa, che l'avvicina alle posizioni comuniste, non segna il ritorno della Gauche al buon vecchio dogmatismo ideologico? «Un dogma? Niente affatto. E', semmai, il giudicare sistematicamente opportune le privatizzazioni a costituire una posizione dogmatica e pericolósa. Le privatizzazioni effettuate da Chirac e Balladur non avevano sempre dalla loro solide giustificazioni economiche. Hanno profittato, in ogni caso, a una piccola minoranza di azionisti più che ai salariati delle: aziende in causa. E' venuto il momento di dire basta a simili pratiche generalizzate. Ogni impresa è un caso a sé, che deve essere trattato separatamente». Sull'Europa, i programmi Jospin e Balladur presentano un'indubbia convergenza. Come la giustifica? «Sottolineerei, piuttosto, le divergenze. Al contrario di Balladur, l'Europa che auspico è al servizio dei popoli. Non accetto l'idea di un'Europa "à la carte", né quella che la riduce al Mercato unico. Può offrire molto di più». Lei propone di ridurre a 37 ore, dal '97, la settimana lavorativa. Ma in tale prospettiva i salari rimarranno o no inalterati? E in ogni caso, quale impatto avrebbe tale misura su disoccupazione e produttività? «Le 37 ore rappresentano appena un primo passo. Sono persuaso che dopo il Duemila scenderemo a 30. Ma la riduzione dell'orario non può essere imposta: occorre una trattativa che esamini i casi singoli. Sui risultati sono ottimista: è legittimo attendersi una crescita degli impieghi stabili. E la ripresa economica in corso permetterà di non ridurre i salari, anzi di aumentare quelli più bassi». Nel duello fratricida ChiracBalladur, saltano agli occhi carattere e temperamento degli ex amici oggi rivali. L'uomo Jospin, invece, rimane un poco nell'ombra. Vuole provare a descriversi? «Esercizio difficile. Lodarsi è ridicolo, denigrarsi assurdo, apprezzarsi in modo equo impossibile! Diciamo allora che ho il carattere di un uomo spontaneo il quale ha appreso con gli anni l'abitudine al self-control. Nella privacy amo le cose semplici: amicizia, sport, natura, letture, l'andare al cinema o a teatro con mia moglie e gli amici. Detesto le smargiassate, la menzogna, il cinismo. E nella vita pubblica mi sono forgiato un'idea esigente dell'uomo, della giustizia sociale, dell'interesse collettivo e della Francia. So che la realtà ò difficile da trasformare, ma bisogna provarci senza sosta. E volerlo intensamente». Enrico Benedetto ££ Mitterrand ha fatto molte cose e anche qualche errore ma ora è il tempo di cambiare era ■■ Se vinco ridurrò la settimana di lavoro a trenta ore entro il Duemila j ij A sinistra Lionel Jospin circondato dai suoi sostenitori A destra durante l'incontro con un gruppo di pescatori Il presidente francese Francois Mitterrand insieme con il primo ministro Edouard Balladur candidato all'Eliseo fi 6 Chirac? un trasformista. Finge di preoccuparsi dei poveri, ma i francesi non sono ingenui j p li mé LA BATTAGLIA DI PARIGI