«Basta pagliacciate, lo denuncio» di Raffaella Silipo

«Basta pagliacciate/ lo denuncio» «Basta pagliacciate/ lo denuncio» L'ex pm furioso con Taormina. Poi la cena con il pool LA RABBIA DI TONINO LO aspettano per cena, gli ex colleghi. Il procuratore capo Borrelli, il procuratore aggiunto D'Ambrosio, i sostituti Davigo, Colombo e Greco. La cena della pace, la chiameranno i giornali, la cena delle spiegazioni. Ma pei- Di Pietro ieri è stata qualcosa di più: la prova che quello che ha fatto come magistrato, quello no, non si può cancellare con un colpo di spugna. La certezza di non essere solo, come ha temuto in questi giorni, ad affrontare i veleni che stillano dal tribunale di Brescia. Sì, perchè è stata ancora una giornata terribile, ieri, per Antonio Di Pietro. Alla mattina, la testimonianza di Domenico Cristiano; compagno di cella del maresciallo Nanocchio. E l'ex pm ha reagito alla brava, facendosi una lisata. Ma quando gli piovono addosso le pesantissime accuse dell'avvocato Taormina, la risata dell'ex pm di Mani Pulite si trasforma in rabbia. «Adesso basta, è proprio ora di finirla - sbotta furioso -. Denuncerò all'autorità giudiziaria questi odiosi comportamenti. In nessun Paese al mondo è tollerabile accettare oltre queste intimidazioni. Ma che dico, queste pagliacciate!». L'ex poliziotto Domenico Cristiano, in aula, aveva ribadito: «Nanocchio mi raccontava che Di Pietro lo avrebbe fatto scarcerare subito, se gli avesse fatto il nome di Silvio Berlusconi». Di Pietro cerca di ridere: «E' assurdo - spiega -. Quel detenuto era in galera perché aveva confessato di aver preso soldi dalla società Edilnord. Lo sa a chi fa capo Edilnord? E allora, che domanda gli avrebbe fatto lei al mio posto, se non su Berlusconi?» Non solo, aggiunge Di Pietro: «Io ho accertato che Nanocchio mentiva, quando diceva di aver preso soldi da Edilnord: si trattava invece di un'altra ditta. Quindi semmai avrei fatto un favore a Berlusconi, non accontentandomi di una confessione incompleta e cercando di andare a fondo, di scoprire la verità». L'agente Cristiano aggiunge, nella sua testimonianza, che il maresciallo Landi gli avrebbe confidato, in lacrime: «Quel Di Pietro è una iena, una iena». «Ma si rende conto?», sbotta Di Pietro. «Sarei accusato per il fatto che un detenuto da me interrogato mi definisce "una iena". Che altro vuole che dicesse? Che mi voleva tutto il bene del mondo?» Le parole di Cristiano non impensieriscono più di tanto Di Pietro. Ma poco dopo, sull'aula di Brescia, scendono i veleni dell'avvocato Taormina, legale del Generale Cerciello, che vorrebbe vedere l'ex magistrato in aula, sul banco degli imputati, come persona indagata in procedimento connesso. E questo è davvero troppo, per il simbolo di Mani Pulite: tutta la rabbia e l'amarezza per essere dall'altra parte, indagato dagli ex colleghi dopo tanta dedizione e infaticabile lavoro, vengono fuori. «E' scandaloso quanto sta succedendo a Brescia - insiste -. In quel processo si deve decidere anche se il generale Cerciello abbia ricevuto o meno denaro frutto di corruzione dai subalterni Stolfo, Giovannelli e Tanca, che concordemente e reite¬ ratamente l'hanno accusato in tal senso. Invece l'avvocato Taormina ha fatto sentire testi per sapere se io avessi chiesto o meno, e in che modo, il nome di Berlusconi a Nanocchio». E stancamente ribadisce: «Bastava appurare che Nanocchio era stato arrestato proprio per una vicenda riguardante l'Edilnord del gruppo Berlusconi». Ma quello che gli fa più male, è l'operazione di discredito che cer¬ ca di portare a termine Taormina, tirando in ballo un non meglio precisato «carico d'armi su nave al largo di Messina» e un debito di gioco «di 600 milioni contratto dal comandante dei vigili urbani di Milano dottor Rea». Di Pietro quasi non crede ai suoi occhi: «Senza alcuna carta processuale di riscontro, l'avvocato Taormina, ripescando vecchi e nuovi anonimi e illazioni, mi attacca sul piano per- sonale, su fatti totalmente inventati, a me del tutto sconosciuti e che nulla comunque avrebbero a che vedere con il processo». Taormina non si ferma a Di Pietro. Tira in ballo anche la moglie, Susanna Mazzoleni, per una non ben definita vicenda «di assegnazione allo studio Mazzoleni del portafoglio sinistri della Maa assicurazioni, relativo alla provincia di Milano» e per i rapporti «professionali e di docenza tra il professor Falsitta, un tributarista, e l'avvocato Mazzoleni, in riferimento a pratiche dinanzi ad alcune commissioni tributarie». Ed è forse proprio dopo aver visto che le accuse e le polemiche non risparmiano neanche la sua famiglia e l'amatissima Susanna, che Di Pietro rompe il silenzio: «Adesso basta. Attacca me e la mia famiglia sul piano personale, senza alcun riscontro. E' intollerabile, è una pagliacciata. Non resterò a guardare: io li denuncio». Di Pietro se ne va. Lo aspettano per cena gli ex colleghi Borrelli e D'Ambrosio, Davigo, Colombo e Greco. Il «pool». Raffaella Silipo